È possibile essere nostalgici di un regime totalitario? Per quanto possa sembrare strano, numerosi cittadini tedeschi orientali, nati e cresciuti nella Repubblica Democratica Tedesca (Deutsche Demokratische Republik, DDR) provano un sentimento noto come Ostalgie, un termine entrato nel vocabolario tedesco nel 1993 in seguito alla riunificazione delle due Germanie. Il dizionario Duden lo definisce come “Sehnsucht nach [bestimmten Lebensformen] der DDR”, la nostalgia (di certi modi di vita) della DDR.
Si tratta di un desiderio singolare, considerato che i cittadini avevano sperato a lungo e si erano riversati in strada per protestare contro i continui abusi perpetrati dallo Stato e per chiedere la riunificazione della Germania. Infatti, dietro al nome Repubblica Democratica, si nascondeva una dittatura guidata dalla SED, il Partito Socialista Unificato di Germania, che esercitava un controllo capillare sullo Stato e i suoi cittadini, privandoli dei loro diritti fondamentali. Tutte le forme di comunicazione dovevano essere in linea con gli scopi del partito e diventavano spesso propaganda. La libertà di espressione era inesistente, e ogni manifestazione di dissenso verso il regime veniva prontamente soffocata. La Stasi, il Ministero per la Sicurezza dello Stato, costituiva a tutti gli effetti un sistema di spionaggio dei cittadini, che venivano monitorati in tutti gli aspetti della loro vita, soprattutto se sospettati di nutrire idee contrarie all’ideologia del partito. Il Muro di Berlino, che divideva la città dal 1961, teneva gli abitanti in ostaggio impedendogli di fuggire a Ovest e provocando la morte di chiunque tentava di oltrepassarlo. Quanto all’economia, il paese versava in condizioni disastrose: c’erano difficoltà di approvvigionamento per l’acquisto di beni come lavatrici e automobili, ma anche beni di prima necessità.
In seguito alla caduta del Muro nel 1989, che sancì la fine della dittatura della SED, e alla riunificazione nel 1990, i tedeschi orientali riacquistarono i diritti che gli erano stati tolti, ma dovettero affrontare una realtà complessa, ben diversa dalle aspettative ottimistiche.
Innanzitutto, la riunificazione non costituì l’unione equa di due Stati: la DDR venne inglobata all’interno della Repubblica Federale Tedesca (Bundesrepublik Deutschland, BRD) grazie all’articolo 23 della Costituzione, secondo il quale la legge fondamentale sarebbe entrata in vigore in altri territori della Germania in seguito alla loro adesione. Così, la Repubblica Democratica Tedesca cessò improvvisamente di esistere. Adulti e bambini persero i propri riferimenti culturali e parte della loro identità. Infatti, nella DDR l’indottrinamento ideologico iniziava fin dall’infanzia per educare al consenso. Con il crollo del sistema, si verificò una perdita di orientamento che lasciò la popolazione con una profonda sensazione di estraneità. Uno dei problemi sociali scaturiti dalla riunificazione è quello del Mauer im Kopf (il muro in testa), per cui i cittadini provenienti dalle ex zone dell’Ovest e dell’Est nutrono degli stereotipi gli uni verso gli altri.
I luoghi e i simboli della quotidianità, come edifici, negozi e prodotti, scomparvero per fare spazio alle nuove costruzioni e beni provenienti dal nuovo modello economico. L’introduzione all’economia di mercato provocò declassamenti sociali e un aumento della disoccupazione nelle zone della ex DDR.
Gli orientali venivano visti come cittadini di serie B a causa del peso economico che le regioni riunite esercitavano sull’economia.
Quarant’anni di separazione sono un lungo lasso temporale, e lo sviluppo di differenze culturali ha influenzato di conseguenza l’evoluzione della lingua. Una volta riunite sotto la stessa cittadinanza, le due popolazioni si accorsero di parlare ormai due lingue diverse, anche se parlavano entrambe tedesco. Infatti, la lingua riflette e influenza il quadro socioculturale dei parlanti, e nella Repubblica Democratica ha avuto un’importanza significativa nella creazione del consenso. A Ovest, il lessico tedesco si era arricchito di vocaboli di influenza americana, che non era presente a Est, dove venivano utilizzati numerosi termini russi. Se ad Est il supermercato si chiamava Kaufhalle, a Ovest si diceva Supermarkt. Kollektiv diventava Team, Nikis diventavano T-shirts. Tutto ciò contribuì ad accrescere il senso di disorientamento e alienazione dei cittadini orientali.
Sono passati ormai trentaquattro anni dalla riunificazione nel 1990, e nonostante le difficoltà, con il tempo i cittadini sono riusciti ad adattarsi. Un ritorno al regime è impensabile. La studiosa russo-americana Svetlana Boym ha definito l’Ostalgie come una forma di nostalgia riflessiva, che non ha l’obiettivo di tornare al passato, ma rappresenta il desiderio di recuperare ricordi, esperienze e valori vissuti nella sfera familiare e quotidiana della Repubblica Democratica. Queste memorie sono state soppresse a lungo per adattarsi alla colonizzazione culturale dell’Ovest. Per chi ci ha vissuto, la DDR non è stata soltanto una dittatura, come l’Ovest continua a rappresentarla.
La letteratura e il cinema tedesco hanno fatto ampiamente uso di oggetti per rievocare la quotidianità nella DDR, e l’Ostalgie viene sfruttata nel campo del marketing attraverso la commercializzazione di prodotti popolari ad Est.
È naturale voler ricordare il passato, soprattutto quando in esso si trova la gioia nelle piccole cose, nonostante le difficoltà. Oggi la maggior parte delle persone non vorrebbe tornare indietro nel tempo e riportare in vita la Repubblica Democratica Tedesca, ma il sentimento di nostalgia porta spesso con sé il rischio di idealizzare il passato, concentrandosi sui suoi aspetti positivi e dimenticando le sofferenze.
Articolo di Federica Corsaro