Elegia Americana è l’adattamento cinematografico del 2020, diretto da Ron Howard e prodotto da Netflix, dell’omonimo libro edito nel 2016 – e pubblicato in Italia da Garzanti – scritto da James David Vance, all’anagrafe James Donald Bowman, classe 1984.
In lingua originale il titolo è Hillbilly Elegy, cioè un componimento letterario autobiografico (elegia) su quella parte di statunitensi bianchi proletari della zona dei Monti Appalachi definiti “buzzurri” (hillbilly).
Il libro e il film, come scrive il New York Times, si differenziano per i personaggi che autore e regista consegnano al lettore e allo spettatore. Nel primo questi sono delineati più intimamente e approfonditamente. Tale aspetto si perde, invece, nel film di Howard, che si concentra sui fatti e le situazioni, tra cui la dipendenza di Bev e la storia di riscatto di Vance.
J.D. Vance è il protagonista di questo biopic, studente di legge a Yale nel 2010, dopo essersi arruolato nel Corpo dei Marines prendendo parte alla spedizione in Iraq, e laureato in Scienze Politiche all’Università statale dell’Ohio.
Il presente è alternato con alcuni flashback in cui ripercorre la sua adolescenza nella Rust Belt, tra la cittadina di Jackson nel Kentucky e quella di Middletown nell’Ohio.
Il ragazzo è cresciuto in una famiglia disfunzionale, composta dalla sorella Lindsay, la madre Beverly e i nonni materni, chiamati Mamaw e Papaw, e che deve far fronte a difficili rapporti e stati di dipendenza.
Uno dei temi più importanti, infatti, è la dipendenza, soprattutto quella dall’alcool di Papaw, che viene delineata in un flashback: Bev – cioè Beverly, la madre di Vance – e la sorella, costrette a nascondersi nell’armadio per non vedere i genitori litigare.
Infine, la dipendenza della stessa Bev dalle droghe: prima quella dagli antidolorifici, iniziata quando lavorava nell’ospedale della città di Middletow, e poi quella dall’eroina, per cui Bev è stata ricoverata per overdose.
La città nello Stato dell’Ohio è del resto sfortunamente famosa per essere colpita dal problema dell’eroina e per questo viene chiamata città bianca:
nel 2016 la «brown sugar», per citare i Rolling Stones, ha causato più vittime di quelle dovute alle malattie.
L’adattamento cinematografico è stato diretto da Ron Howard e sceneggiato da Vanessa Taylor, candidata all’Oscar come migliore sceneggiatura originale per La forma dell’acqua di Guillermo del Toro. Howard non è nuovo a portare sul grande schermo storie vere come Apollo 13, nel 1995 o Rush, del 2013, ma, in questo caso, racconta una storia comune con una trama lineare e dei personaggi “normali”.
Il film, così come il libro, raccontando la storia di J.D. Vance, descrive intere generazioni e comunità impoverite e abbandonate, impossibilitate a raggiungere il sogno americano.
Il rancore e i sensi di colpa sono i due sentimenti che portano avanti la storia e traspaiono dalle relazioni tra genitori e figli: sia quelle di J.D. e della sorella con la madre Bev che quelle di Bev con Mamaw.
Quest’ultima ha molti sensi di colpa soprattutto per non essere stata una buona madre per Bev e non essere riuscita a salvarla dalle dipendenze. Così per redimere le sue colpe chiede a J.D. di andare a vivere da lei, perché vorrebbe che avesse «anche solo un’occasione», allo scopo di evitare che il ragazzo ripercorra i passi della madre e butti via la sua vita.
Il cast che Ron Howard ha voluto è formato da nomi importanti tra cui Glenn Close,che interpreta Mamaw, con un trucco molto pesante per assomigliare alla vera Mamaw Vance, che però non fa sparire la sua espressività. Amy Adams è, invece, Beverly Vance, in una prova attoriale difficile che la porta qualche volta ad esagerare cadendo nello stereotipo di una persona che fa uso di droghe.
Middletown è una della città statunitensi culla di valori culturali violenti, misogini e xenofobi, ma allo stesso tempo gli abitanti sono molto coesi al suo interno.
Ciò è visibile durante il funerale di Papaw, quando passando con la bara tra le strade della città gli abitanti esprimono il proprio rispetto per lui e Mamaw, rispondendo a J.D., afferma «Siamo gente di montagna, noi rispettiamo i nostri morti».
I valori e i problemi dello Stato hanno contribuito, proprio nel 2016, alla vittoria di Donald Trump come 45esimo Presidente degli Stati Uniti.
Trump, attuale candidato repubblicano alla presidenza, il giorno dopo l’attentato a Milwaukee, ha designato J.D. Vance come suo vicepresidente in caso di vittoria a novembre. Il senatore dell’Ohio, da sempre repubblicano, è stato in passato uno dei più importanti oppositori di Trump: nel 2016, durante un’intervista con Charlie Rose, aveva dichiarato di essere un «Never Trump guy», definendo lo stesso Trump «an idiot» e «a cynical asshole like Nixon» sui suoi canali social.
Dopo il 2021, però, Vance ha fatto un passo indietro ritirando le critiche nei confronti del tycoon, e lo ha addirittura definito «un grande presidente». Nel 2022, Vance è stato inoltre eletto senatore in Ohio.
La decisione di selezionarlo come proprio candidato vicepresidente potrebbe giovare allo stesso Trump:
Vance è giovane, energico e viene dal popolo, come emerge dal suo libro: potrebbe quindi essere un candidato adatto a succedere a Trump tra 4 anni. Per quanto riguarda l’Ohio, sebbene in passato esso è stato uno Stato determinante per l’elezione del Presidente USA, oggi appare già stabilmente Repubblicano: la candidatura di Vance non dovrebbe quindi incidere significativamente su questo aspetto.
J.D. Vance riflette le idee di Trump sia in politica estera che interna: per quanto riguarda la prima, è contrario all’invio di armi e soldi all’Ucraina, necessari per contrastare l’invasione condotta dalla Russia nel suo territorio, e ritiene che gli Stati Uniti dovrebbero concentrarsi più sull’Asia e meno sull’Europa; quest’ultima dovrebbe invece occuparsi autonomamente della propria difesa e non affidarsi a quella statunitense.
Per quanto riguarda la politica interna, invece, sia Trump che Vance, ostili al diritto di aborto, sono tuttavia favorevoli a lasciare la decisione di consentirlo o vietarlo ai singoli Stati, per non inimicarsi una parte consistente dell’elettorato repubblicano.