Del: 14 Luglio 2024 Di: Gaia Bassanini Commenti: 0
Cosa cambia in Iran, con un Presidente riformista?

Dopo la morte dell’ex Presidente dell’Iran Ebrahim Raisi in seguito ad un incidente in elicottero avvenuto il 19 maggio nella provincia iraniana dell’Azerbaigian Orientale, sono state indette le elezioni presidenziali per il 28 giugno. 

Il Consiglio dei Guardiani, ossia l’organo (non elettivo) che supervisiona i processi elettorali nel paese, ha approvato sei candidati per la carica, due dei quali sono finiti al ballottaggio il 5 luglio: Masoud Pezeshkian, l’unico riformista ammesso – seppure aderente alla linea politica dell’attuale Guida Suprema della Repubblica Iraniana, Ali Khamenei – e Saeed Jalili, ultraconservatore.  

Pezeshkian ha vinto le elezioni ottenendo il 53,3% dei voti, mentre l’avversario si è fermato al 44%. L’esito è stato inaspettato poiché si prevedeva che il fronte conservatore, diviso al primo turno, si unisse al secondo, votando a favore di Jalili; ma così non è stato.

Un elemento importante da sottolineare è l’affluenza alle urne: 

al primo turno è stata la più bassa dalla nascita della Repubblica Islamica dell’Iran (40%), complice sicuramente la crescente sfiducia della popolazione nel poter cambiare il paese attraverso il voto. Al secondo turno invece si è assistito ad un incremento di dieci punti percentuali, verosimilmente dovuto ad una speranza per la vittoria del candidato riformista. 

Questi dati sono stati così commentati dalla stessa Guida Suprema, l’Ayatollah Khamenei: «Se qualcuno immagina che coloro che hanno evitato di votare lo abbiano fatto perché erano contrari al sistema al potere, si sbaglia di grosso. Una simile interpretazione è sbagliata al 100%. Chi non vota potrebbe avere dei problemi, delle seccature, del lavoro da fare o non ha voglia di votare, forse non ha tempo. Ci sono ostacoli di ogni tipo».

Da un lato, l’elezione di Pezeshkian è una notizia che può portare speranza: 

in primo luogo, la popolazione iraniana si augura un approccio meno autoritario e radicale rispetto a quello prevalso negli ultimi anni, diventato ancora più repressivo in seguito alla nascita del movimento Donna, vita e libertà, sorto conseguentemente alla morte di Mahsa Amini nel settembre 2022.

La donna di 22 anni, morì in custodia dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa in quanto non indossava correttamente l’hijab: il fatto suscitò grandi manifestazioni che, protrattesi per mesi, hanno affiancati la richiesta di maggiori diritti per le donne alle proteste contro lo stesso regime teocratico

Le manifestazioni sono state violentemente represse, ma ciò non ha minato la nuova presa di posizione, da parte di un’ampia fetta dell’opinione pubblica, in merito alle severe leggi sull’obbligo per le donne di indossare l’hijab. 

Pezeshkian durante la campagna elettorale non si è detto contrario a queste norme: ha però criticato la loro dura applicazione, sistematicamente attuata con l’uso della violenza, promettendo più libertà e giustizia sociale.

In secondo luogo, il nuovo presidente vorrebbe risolvere la profonda crisi economica in cui è caduto l’Iran negli ultimi anni, ripristinando i rapporti con l’Occidente, in particolare con gli Stati Uniti. 

La difficile situazione economica in cui già verteva la nazione è peggiorata quando nel 2018 l’allora presidente statunitense Donald Trump si è ritirato dall’accordo sul nucleare iraniano. Questa decisione comportò la reintroduzione di pesanti sanzioni statunitensi che incisero notevolmente sull’economia di Teheran. 

D’altra parte, però, queste visioni progressiste (per gli standard del regime), vanno guardate alla luce della struttura istituzionale del paese: 

la prima carica dello Stato non è il Presidente, ma la Guida Suprema, la quale prende tutte le decisioni riguardati le forze armate, la magistratura e vari altri settori. Il Presidente governa il paese ma ha un potere limitato, e deve comunque sempre fare riferimento alla Guida Suprema per tutte le questioni più importanti. 

Proprio per questa ragione, per quanto possa avere delle idee riformiste, Pezeshkian non potrà discostarsi troppo dalla linea dura dettata finora dall’Ayatollah Ali Khamenei, al quale ha ribadito la sua totale fedeltà durante la campagna elettorale. 

Tutto ciò, però, non significa che il margine di intervento della nuova Presidenza sia pari a zero: secondo il New York Times si potrebbe andare incontro almeno ad un’apertura diplomatica nei confronti dell’Occidente; inoltre, una possibile manovra potrebbe consistere nella riduzione delle politiche di controllo e repressione per il rispetto delle prescrizioni dell’Islam nella sua interpretazione più rigorista, compreso l’obbligo dell’hijab, pur senza andare a modificare le leggi che le prevedono. 

Anche solo questo allentamento potrebbe incidere positivamente sulla vita degli iraniani. 

Gaia Bassanini
Mi chiamo Gaia e nella vita cerco di capire cosa voglio fare da grande, nel frattempo cucino, mi faccio incuriosire da ciò che non conosco e provo a capire cosa ci sta dietro. Mi affascinano i testi scritti bene e le persone che conoscono tanti aneddoti. Nel resto del mio tempo studio giurisprudenza.

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