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In questi giorni la Francia è sotto shock per il processo verso l’ex marito di Gisèle Pelicot, accusato di averla resa incosciente e poi di averla fatta stuprare da 51 uomini diversi, filmando e conservando i video delle azioni a sua insaputa.
La donna era sposata da 50 anni con il marito Dominique e a volte non riusciva a capire il motivo di alcuni problemi di salute, tra cui vuoti di memoria ed aveva iniziato ad ipotizzare l’Alzheimer. Diceva di essere una coppia felice, quando la polizia aveva chiamato per parlare del loro rapporto.
La chiamata, però, riguardava un fatto ben preciso. L’uomo era stato sorpreso a fotografare sotto le gonne delle passanti in un supermercato e per questo motivo le forze dell’ordine avevano sequestrato telefono, computer e vari hard disk. Qui avevano trovato migliaia di video ritraenti Gisèle, che veniva stuprata 83 volte da 51 uomini diversi; per questo viene arrestato poi nel novembre del 2020.
Uno degli elementi incriminanti erano gli scambi di messaggi sul sito per chat gratuite Coco.fr. Dominique frequentava la chat room chiamata “A sua insaputa”, in cui uomini raccontavano rapporti sessuali avvenuti con la partner senza il suo consenso: erano tutti stupri in piena regola. Nel 2024 il sito è stato chiuso e il fondatore è stato arrestato, dopo un’indagine durata 18 mesi.Il caso Gisè
La stessa chat era frequentata anche da Jeanne-Pierre Maréchal, 63 anni, che grazie a Dominque rimediava i farmaci per stordire la moglie e ripeteva la stessa tipologia di stupro su di lei. Scioglieva il tutto nel cibo e poi chiamava altri uomini, tra cui anche Dominique Pelicot, per completare l’opera. La moglie di Maréchal, però, non avrebbe al momento sporto denuncia. I due, a quanto pare, si erano conosciuti sulla chat scambiandosi le fotografie degli stupri di Gisèle, descrivendo le modalità con cui l’aveva portata alla condizione di stordimento.
A questo punto Gisèle chiede il divorzio ad agosto 2024. Per questo motivo nell’articolo non viene chiamata “moglie” e Dominique non viene descritto come “marito”, in quanto sarebbe lesivo verso la volontà espressa dalla vittima. Molto spesso si tende a descrivere le donne vittime di abusi con una terminologia non corretta, che rimanda alla relazione affettiva: è un elemento che non descrive più la persona in questione; quindi, non è più corretto definirla “moglie”.
Il processo è iniziato il 2 settembre e terminerà il 20 dicembre con la sentenza e, nonostante si potesse svolgere a porte chiuse, Gisèle Pelicot ha fortemente voluto che fosse di dominio pubblico, dichiarando «Il mio mondo è andato a pezzi. Ho voluto queste udienze a porte aperte per aiutare tutte le altre donne, che forse non saranno mai riconosciute come vittime».
Sono 51 gli uomini imputati con l’accusa di averla stuprata, con la complicità dell’ex marito Dominique, che l’avrebbe resa incosciente dandole di nascosto dei farmaci e avrebbe acconsentito ad altri uomini trovati su internet di entrare in casa per abusare di lei. Questi avevano tra i 26 e i 74 anni ed al processo alcuni si sono difesi dicendo che Gisèle sembrava stesse «fingendo di dormire», altri si sono scagliati contro Dominique, dicendo di essere stati presi in giro. A questo proposito la vittima ha detto «non mi hanno violentata puntandomi una pistola alla testa», aggiungendo «una telefonata avrebbe potuto salvarmi la vita. Nessuno di loro l’ha fatto».
Le sostanze messe nel cibo da Dominique erano principalmente farmaci di uso comune come sedativi, ansiolitici, antistaminici e sonniferi, metodi che secondo l’ultima indagine dell’ANSM (l’Agenzia nazionale francese per la sicurezza dei medicinali e dei prodotti sanitari), vengono utilizzati da persone conosciute dalla vittima, come amici, colleghi, ma soprattutto nei casi di violenza domestica.
Secondo l’ISTAT nei due trimestri del 2024 la percentuale di vittime che indica la casa come il luogo della violenza è del 74,3%, mostrando come le violenze avvengano principalmente da parte di persone conosciute e con cui la vittima ha un rapporto di coppia o di parentela.
In questo senso casi come quello di Gisèle Pelicot non ci devono sembrare isolati, per quanto le caratteristiche dello stesso possano portare a tale pensiero; la cultura dello stupro è fortemente radicata nella nostra cultura. Le condizioni di subalternità delle donne, la posizione di dipendenza economica, emotiva, relazionale dal partner sono tutti elementi che favoriscono diseguaglianze, che, in molti casi, portano ad episodi di violenza.
Davanti ai giudici 34 degli uomini che hanno stuprato Gisèle Pelicot hanno dichiarato di non considerare le proprie azioni come stupro, mentre 17 si sono ritenuti colpevoli e pentiti.
Cosa porta un uomo a credere che sia legittimo pretendere un rapporto sessuale da una persona non cosciente? Le radici sono molto profonde e si pongono nella cultura patriarcale, che è diventata parte dell’impianto culturale, che mette l’uomo in una posizione di potere, fino a poco tempo fa non molto messa in discussione. Ad oggi le donne hanno raggiunto livelli mai visti di emancipazione e libertà personale, che fanno vacillare la posizione di controllo e dominio che l’uomo aveva fino a poco tempo prima. In questo senso molti uomini trovano l’unico sfogo della frustrazione all’interno della coppia, dove possono esercitare il proprio controllo sulla persona che in qualche modo dipende da loro. Anche lo stupro fa parte degli esercizi di potere con cui la persona vuole mostrare la propria posizione di dominio.
Nel caso di Gisèle Pelicot, la donna avrebbe rifiutato di partecipare a scambi di coppia e per questa frustrazione Dominique si sarebbe sentito legittimato a procedere a sua insaputa, proprio come il titolo della chatroom. In sua difesa Dominique ha parlato anche di aver subito abusi durante l’infanzia, elemento che in molti casi porta ad una trasmissione intergenerazionale della violenza. Il rifiuto dell’ex moglie e i traumi passati avrebbero innescato, a sua detta, il comportamento abusivo.
Ci sono stati diversi movimenti di protesta in tutta la Francia a supporto di Gisèle, che continua a testimoniare al Tribunale di Avignone pubblicamente, per mostrare a tutte le donne che sentiranno la sua storia che non sono sole e che si può fare qualcosa verso gli stupratori.
È vista come un’icona di coraggio, si è trasferita dalla casa dell’ex marito e ora chiede di essere chiamata con il cognome da nubile, nonostante abbia voluto mantenere “Pelicot” durante il processo. Gisèle rimane un simbolo della lotta senza fine verso la violenza e gli abusi che non vengono raccontati, a causa di stigma, vergogna e interdipendenza, che impediscono alle persone di chiedere aiuto.
Bibliografia
Violenza sulle donne. Aspetti psicologici, psicopatologici e sociali, a cura di Valeria Schimmenti e Giuseppe Craparo, FrancoAngeli, Milano, 2023
Violenza di genere. Saperi Contro, a cura di Salvo Vaccaro, Mimesis, Fano, 2016