In una recente svolta politica, la Germania ha annunciato un’intensificazione dei controlli alle frontiere, incluse quelle condivise con membri Schengen quali Polonia e Repubblica Ceca. Questi controlli, apparentemente temporanei e previsti per almeno sei mesi, mirerebbero a ridurre l’immigrazione irregolare e a gestire possibili minacce alla sicurezza nazionale. Sebbene la motivazione ufficiale si basa su un’idea di lotta alla criminalità transfrontaliera, questa decisione di stampo conservatore può essere motivata dalla crescente influenza in Germania del partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD), uscito vincitore nelle ultime elezioni statali di Turingia e Sassonia.
Da questo lunedì si sono pertanto intensificati i controlli, già esistenti, tra Germania, Polonia, Repubblica Ceca, Svizzera e Austria; sono invece stati introdotti per la prima volta anche con altri territori confinanti come Francia, Benelux e Danimarca.
A criticare questa scelta sono stati in particolare i governi di Polonia e Paesi Bassi, che hanno espresso preoccupazione per le possibili conseguenze economiche, tra cui interruzioni del commercio e notevoli ritardi logistici. Il primo ministro polacco, Donald Tusk, si è espresso duramente, definendo la manovra una sospensione su larga scala dell’accordo di Schengen.
Il Ministro dell’Interno, Nancy Faeser, ha tuttavia giustificato questa decisione come una misura preventiva contro potenziali rischi per la nazione. Viene ritenuta necessaria soprattutto a seguito di un episodio di accoltellamento, per mano di un richiedente asilo siriano nella cittadina di Solingen. L’attacco, rivendicato dall’ISIS il 25 agosto, si è concluso con tre morti e otto feriti.
La decisione, tuttavia, non è motivata solo da questioni di sicurezza: le pressioni politiche interne hanno giocato un ruolo cruciale dietro l’ultima presa di posizione del governo Scholz. Lo stesso Tusk ha infatti ribadito di essere certo che sia stata « la situazione politica interna in Germania a provocare l’aumento dei controlli, più che la politica europea sull’immigrazione illegale».
I nuovi controlli alle frontiere arrivano, infatti, in concomitanza con l’aumento del sostegno all’AfD, che nei sondaggi più recenti ha raggiunto il 21%, diventando così il secondo partito più popolare in Germania. AfD, popolare anche tra i giovani grazie all’efficace uso delle piattaforme social, ha sfruttato le paure legate all’immigrazione, descrivendo il governo come incapace di gestire la situazione. La loro retorica elettorale si concentra sulla percezione del migrante come minaccia alla sicurezza personale e lavorativa. Questa strategia ha avuto un forte impatto soprattutto nell’est della Germania. Infatti in tale contesto prevale l’insoddisfazione economica dovuta all’inflazione e ai salari più bassi, e una forte disillusione verso i partiti tradizionali. Il successo dell’AfD, alimentato dalla sua retorica di nazionalismo nostalgico, riflette una frattura crescente nella società tedesca, in cui molti elettori si sentono alienati dalla globalizzazione e disillusi dal debole establishment politico.
Adottando una politica più ferma sull’immigrazione, il governo del primo ministro Scholz cerca dunque di attrarre quegli elettori insicuri che altrimenti potrebbero essere conquistati dall’AfD, nel tentativo di neutralizzare le crescenti pressioni populiste in vista delle nuove elezioni statali. Questo fine settimana, sarà infatti il turno del Brandeburgo, dove l’AfD ha guadagnato consensi significativi, con una previsione di voti del 29%.
Scholz deve però tenere conto anche della costante diminuzione della forza lavoro, che porta ogni anno in Germania circa 400mila immigrati. Nel corso di tre giorni, la Germania ha firmato accordi separati con Kenya e Uzbekistan per portare nel Paese lavoratori capaci di colmare alcune lacune di mercato, mentre continua ad accogliere rifugiati ucraini.
«Non stiamo parlando di Ucraini» ha affermato in merito alla questione frontiere il capogruppo parlamentare dei Democratici Cristiani, Jan Redman, ma di persone che «arrivano da ogni parte del mondo – dall’Africa, dalla Siria, dall’Afghanistan, dal Medio Oriente».
Non da tutto il mondo, quindi, ma da una specifica selezione di Paesi, vista negativamente da molti elettori. Questi sono stati ulteriormente influenzati dalle narrazioni mediatiche sulla guerra a Gaza e dalle recenti politiche di espulsione tedesche, che nell’ultimo mese hanno riguardato 28 cittadini afghani rimpatriati con la mediazione del Qatar
Con il continuo successo dell’AfD, il governo tedesco si trova di fronte a un compito complesso. Infatti deve affrontare le preoccupazioni sulla sicurezza senza cedere completamente alle richieste dell’estrema destra, che, sui social, si presenta comunque come un partito moderato. Finora, si tratta di un gesto simbolico, volto a rassicurare l’opinione pubblica sul fatto che il governo stia prendendo provvedimenti concreti in materia di immigrazione. Resta da vedere se queste misure, malviste dall’estero e dall’opposizione di sinistra, si riveleranno sufficienti a contrastare l’influenza dell’AfD o se, al contrario, accelereranno la discesa della Germania verso un governo estremista.