Del: 7 Ottobre 2024 Di: Emma Pierri Commenti: 0

L’anno compreso tra il 7 ottobre 2023 e il 7 ottobre 2024 è stato l’anno più buio per la storia palestinese, preceduto, forse, solamente dall’anno di insediamento di Israele in Medio Oriente. Un mare più in là, dall’Università Statale di Milano, e dalla redazione di Vulcano Statale, si può fare ben poco per chi la guerra la vive in prima persona da un anno, o meglio, da 76 anni. Quello che si può fare, però, è documentare, informare, ricordare. E così sarà fatto.

Dopo la caduta dell’impero Ottomano, la regione palestinese passò sotto l’amministrazione del Regno Unito dal 1917 al 1947. Il 29 novembre 1947, infatti, l’assemblea generale delle Nazioni Unite approvò la Risoluzione 181 che prevedeva la divisione del territorio palestinese in due parti: una ebrea e una araba.  Questa scelta fu presa in ottica di un ritorno del popolo ebreo alla sua terra promessa; rivendicata senza alcun pretesto storico nonostante altri ci abbiano costruito sopra una cultura, case, generazioni, vite. Ma soprattutto, Israele fu istituito in Medio Oriente come vessillo occidentale che potesse dare facile accesso a tutta la prosperosa area mediorientale, dall’Egitto all’Iraq. Quando, il 14 maggio 1948, Israele si dichiarò ufficialmente indipendente dal Regno Unito, iniziò la prima Guerra arabo-israeliana, che vide sui due fronti Israele contro Siria, Egitto, Libano, Iraq e Giordania. Nel frattempo, oltre 700.000 palestinesi furono costretti a subire un esodo dalle loro case e dalla loro terra, chiamato in arabo «nakba» , ovvero catastrofe. Dopo l’armistizio nel 1949, Israele ritornò alle terre promesse dalle Nazioni Unite, con l’annessione, però, anche di territori destinati ai palestinesi. La stessa cosa si ripetè tra il 5 e il 10 giugno 1967, nella guerra dei sei giorni tra Israele e Palestina, vinta nuovamente da Israele e con un’ulteriore annessione di territori palestinesi. La prima rivolta palestinese, detta intifada, iniziò il 1 dicembre 1987 e durò sei anni. Morirono 200 israeliani e 1300 palestinesi. La seconda, molto più sanguinosa, iniziò il 28 settembre 2000 e finì nel 2005. Perirono 1000 israeliani e 4000 palestinesi. Il massacro di Passover, attacco terroristico palestinese che il 27 marzo 2002 uccise 30 israeliani a Netanya, provocò la rioccupazione da parte di Israele di West Bank. Il 27 dicembre 2008 ci fu un’altra guerra tra Israele e Palestina, con l’attacco della striscia di Gaza che provocò un sacco di morti civili. Anche nell’estate 2014 Israele invase la Palestina, dopo diversi attacchi estremisti su entrambi i fronti; l’invasione finì dopo un cessate il fuoco ordinato dalla Casa Bianca.

È chiaro come in 77 anni Israele abbia avuto l’opportunità di forzare la mano sulla Palestina e i palestinesi, nel tentativo di rivendicare una terra che non gli appartiene, e sulla quale non mette piede da secoli. Ciò è stato predetto da Theodor Herzl, scrittore e politico ungherese che sosteneva la necessaria liquidazione del popolo palestinese. Infatti, non può esistere Israele, stato ebraico, se ci sono palestinesi nel territorio. Non ci può essere una soluzione a due stati. La pulizia etnica del popolo palestinese è un requisito implicito dell’esistenza di Israele. Israele si è sempre preso un braccio intero, ciò che rimaneva alla Palestina era solo un dito; Israele intende prendersi anche quello.  Israele, inoltre, gode dal 1948 del sostegno statunitense, quando Truman rese gli Stati Uniti il primo stato al mondo a riconoscere Israele e il suo governo sionista. Quando, nel 2018, venne approvata la legge sullo Stato-nazione in Israele, l’esistenza del popolo palestinese venne cancellata legalmente da parte del governo israeliano, affermando come Israele sia al servizio esclusivamente del e per il popolo ebraico.

Non c’è spazio per i palestinesi in Israele, e non c’è mai stato, dal 1947.


Negli anni Sessanta nasce l’OLP, che soprattutto verso la fine degli anni Ottanta con Arafat ammorbidisce le proprie posizioni sui 2 Stati e sulla Risoluzione ONU 242 con dichiarazione indipendenza 1988 e poi Oslo 1993, ricevendo riconoscimento internazionale (risoluzione 3237 del 1974, risoluzione 43 del 1988); inoltre è dominata dal partito Fatah laicista.

È con questi precedenti che nel 1987 si forma Hamas, il movimento di resistenza islamico radicale della Palestina, salito al potere a Gaza nel 2007 dopo la sconfitta dei rivali politici. Hamas disponeva, prima dell’inizio del conflitto, di un dipartimento armato di circa 30.000 soldati. Hamas non ha mai riconosciuto Israele come stato legittimo, ed è considerato un gruppo terrorista dalla maggior parte dei paesi occidentali, in quanto autrice di diversi attentati. Il suo obiettivo è sempre stato la creazione di uno Stato palestinese nei territori nei quali si è insediato Israele. Oltre a questo, Hamas punta alla liberazione delle migliaia di prigionieri palestinesi in Israele e la fine definitiva del blocco di Gaza da parte di Israele ed Egitto. Tuttavia Hamas ha assunto alcune posizioni controverse; sembrerebbe infatti che Il leader di Hamas e il primo ministro Netanyahu abbiano degli interessi comuni nel proseguire il conflitto. Sinwar era perfettamente a conoscenza della portata che l’offensiva israeliana avrebbe avuto a danno dei palestinesi dopo il 7 ottobre, senza accesso ai tunnel. Inoltre Sinwar si rifiuta categoricamente di fornire dati precisi riguardanti lo stato e il numero dei prigionieri israeliani durante i negoziati del cessate il fuoco. Allo stesso modo Netanyahu che durante i suoi 15 anni da primo ministro ha ignorato al questione palestinese e intrattenuto una relazione con Hamas ha subito una grande offensiva il 7 ottobre. Dal 2007, Hamas e Israele hanno combattuto diverse guerre; gli attacchi di Hamas sono stati giustificati come risposte ai crimini portati avanti negli anni da Israele nei confronti dei palestinesi.

La mattina del 7 ottobre 2023, gli uomini armati di Hamas hanno superato i confini di Gaza e sono entrati in territorio israeliano, attaccando deliberatamente civili, sparando sulla folla senza scrupoli, e uccidendo persone nelle loro abitazioni.  Inoltre, hanno attaccato il festival di musica Supernova Sukkot Gathering, dove oltre 260 persone hanno perso la vita. Infine, hanno lanciato centinaia di razzi indiscriminatamente sui civili in Israele. 

L’attacco di Hamas ha causato la morte di circa 1200 persone, tra cui bambini e anziani. Al momento del ritorno in Palestina, Hamas portava con sé circa 250 ostaggi. 

Il giorno dopo l’attacco del 7 ottobre, Israele ha formalmente dichiarato guerra contro Hamas. Le direzioni fornite alle Forze di Difesa Israeliane (IDF) dal governo sono state di effettuare un assedio completo nei confronti della Palestina. Questa è stata l’escalation più grave tra i due stati dai tempi della nakba e della guerra dei sei giorni.

Il 13 ottobre 2023, Israele ha ordinato a tutti i residenti della città di Gaza, che contava circa un milione di abitanti, di lasciare le proprie case, evacuare il nord di Gaza e spostarsi a sud. Tutto questo senza tenere in considerazione chi non poteva lasciare la propria abitazione, come anziani e persone diversamente abili, persone abbandonate al loro destino. Il 19 ottobre 2023 la marina statunitense ha intercettato dei missili lanciati dal movimento Houthi dello Yemen, che occasionalmente, in solidarietà con Hamas e la Palestina, ha organizzato attacchi a lungo raggio contro Israele. Il 21 ottobre 2023 viene finalmente autorizzato il passaggio di camion con rifornimenti a Gaza, che contengono cibo, acqua, benzina, cose che continuano a scarseggiare e non sono sufficienti; con l’andare dei mesi, infatti, la situazione a Gaza continua a peggiorare. Il 27 ottobre 2023 ha inizio l’offensiva israeliana sulla striscia  L’offensiva prevedeva diversi attacchi aerei e bombardamenti, concentrati al principio nel nord di Gaza, in particolare nelle città e nei tunnel, dove si pensava si trovassero i centri operativi di Hamas. Infatti, il primo ministro israeliano Netanyahu ha dichiarato che l’obiettivo di Israele è di recuperare gli ostaggi e annientare il gruppo terroristico Hamas.

Progressivamente, le autorità israeliane hanno tagliato tutti i servizi essenziali a Gaza, tra cui elettricità e acqua corrente, e hanno attuato un blocco dei confini, in modo che i rifornimenti di cibo e carburante non possano entrare nella striscia. Gli attacchi aerei di Israele hanno distrutto interi quartieri palestinesi, riducendo in macerie anche scuole e ospedali. Inoltre, l’esercito israeliano ha fatto utilizzo del fosforo bianco, sostanza altamente tossica e vietata dall’ONU, in zone densamente popolate di Gaza. 

L’1 novembre 2023 viene permesso a circa 7000 persone con passaporti stranieri o con necessità di cure di uscire da Gaza per il valico di Rafah. Agli altri palestinesi questi lusso non è concesso. Il 15 novembre 2023 le forze israeliane entrano, dopo un lungo assedio, ad Al-Shifa, l’ospedale più grande di Gaza. Secondo Israele, nonostante le negazioni dei medici e del personale dell’ospedale, nell’ospedale si nascondeva il quartier generale di Hamas.

Non ci vuole molto prima che cessino di funzionare tutti gli ospedali nel nord di Gaza a causa di bombardamenti e della mancanza di elettricità . Il 21 novembre viene annunciata una tregua di sette giorni tra Israele e Hamas.  Il 24 novembre 2023, con lo scambio tra Israele e Hamas di circa metà dei prigionieri palestinesi e l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza, si conclude l’invasione via terra da parte dell’IDF. Una settimana dopo, l’1 dicembre 2023, c’è la ripresa dell’assedio, concentrato, questa volta, a Khan Younis, la città più grande a sud della striscia di Gaza dove il governo israeliano riteneva si trovasse la roccaforte di Hamas.  Dal 7 ottobre al 24 novembre 2023 vengono distrutte 46.000 unità abitative e danneggiate 234.000. 342 scuole sono danneggiate, e si sono verificati 187 attacchi ai servizi sanitari, tra cui 24 ospedali.  Le morti, a questo punto, a Gaza, contavano 14.800 persone, tra cui 6000 bambini.

Gli aiuti umanitari entrati a Gaza durante il cessate il fuoco non sono stati abbastanza per soddisfare il bisogno che avevano i palestinesi a Gaza. 

Nei mesi successivi, Hamas e Israele hanno dialoghi per un ulteriore cessate il fuoco, che però non si verifica. Israele vuole concedere solo una tregua temporanea per la liberazione degli ostaggi; Hamas, invece, richiede la fine definitiva della guerra, ed è disposto a liberare gli ostaggi esclusivamente in questo caso. Il 4 dicembre 2023 l’IDF farà il primo attacco via terra a Khan Younis, nel sud della striscia di Gaza.

L’estensione della guerra al sud della striscia non fa altro che peggiorare la situazione umanitaria nell’area. 

In tutta la striscia di Gaza, ma soprattutto a nord, il popolo palestinese subisce una grave carestia e soffre della mancanza di beni primari, tra cui elettricità, carburante e medicine. Sono sempre di più, a Gaza, le persone, specialmente bambini, morte di fame. Inoltre, gli ospedali non riescono a gestire il continuo e enorme afflusso di feriti, oltre a essere ripetutamente l’obiettivo di attacchi da parte di Israele. Il 15 dicembre 2023 le forze israeliane giustizieranno per errore tre ostaggi israeliani, causando così diverse critiche da parte del popolo israeliano nei confronti della condotta della guerra dell’IDF. Il 26 dicembre 2023 i soldati israeliani assedieranno le zone centrali di Gaza, costringendo così alla fuga altre centinaia di migliaia di persone. 

Su pressione degli Stati Uniti, l’1 gennaio 2024  Israele annuncia l’inizio del ritiro delle truppe sul territorio palestinese. Tuttavia, Netanyahu sostiene che sia necessario un attacco a Rafah, città in cui si sono rifugiati oltre un milione di palestinesi dopo l’evacuazione delle zone a nord, per la eradicazione definitiva di Hamas.  Il 26 gennaio 2024 la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, conosciuta anche come Corte Mondiale, afferma come alcune azioni effettuate da Israele possano essere violazioni della Convenzione sul genocidio, promulgata dopo l’Olocausto; tuttavia, non viene imposta la fine della guerra

Il 29 febbraio 2024 vengono fucilati più di 100 palestinesi in fila per ricevere aiuti umanitari. Le autorità israeliane affermano che le morti sono state causate dal caos dopo spari indirizzati verso dei saccheggiatori. 

Il 10 marzo 2024 inizia il mese sacro musulmano, il Ramadan; tuttavia, la guerra continua, e non viene concesso il cessate il fuoco temporaneo. Il 18 marzo 2024 l’Osservatorio mondiale della fame prevede entro maggio una condizione di carestia a Gaza, dove la carenza alimentare è più grave che mai, nonostante Israele neghi l’esistenza di questa emergenza alimentare. Il 18 marzo 2024 Israele conduce un raid di due settimane all’ospedale di Al-Shifa, dove si pensava che Hamas custodisse degli ostaggi e gestisse le sue operazioni. Dopo il raid, Israele afferma di aver catturato 500 uomini di Hamas e di averne uccisi 200. Tuttavia, il gruppo islamista aveva evacuato il complesso ospedaliero giorni prima del raid israeliano. Il 25 marzo 2024 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite chiede un cessate il fuoco immediato tra Israele e Palestina, ma la risoluzione non è approvata a causa dell’astensione dal voto degli USA. 

L’1 aprile 2024 Israele organizza un attacco aereo contro un edificio iraniano locato a Damasco, in Siria, che ha provocato la morte di diversi soldati iraniani. Inoltre, gli attacchi aerei israeliani uccidono erroneamente sette operatori umanitari di World Central Kitchen.  In risposta, il 13 aprile 2024 l’Iran lancia oltre 300 missili e droni contro Israele, che ha respinto l’attacco e non ha subito vittime. Il 19 aprile, Israele lancia un attacco aereo sulle basi militari di Tabriz e Isfahan. 

In estate sono iniziati gli scontri tra Israele e Hezbollah. Dopo attacchi reciproci, entrambe le parti hanno dichiarato di voler ridurre le tensioni. Al momento, Gaza è a corto di acqua, cibo, benzina e rifornimenti a causa del fatto che non si riesca ad organizzare un cessate il fuoco tra Palestina e Israele. Inoltre, è stata limitata significativamente la quantità di aiuti che possono entrare nella striscia di Gaza, e dopo la morte dei sette operatori umanitari, diverse agenzie hanno sospeso le loro operazioni nell’area. La carestia a Gaza è imminente, e il sistema sanitario è in collasso, con soli 11 ospedali parzialmente funzionanti nell’area. Inoltre, ai rifugiati palestinesi non è stato permesso di emigrare nei paesi confinanti Egitto e Giordania, poiché non si ha la certezza che gli sarà permesso di ritornare nella loro terra a guerra conclusa. L’Egitto teme che i combattenti di Hamas entrino nel loro territorio e scatenino una guerra nel Sinai.

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Sono circa un milione e mezzo i palestinesi abbandonati a Gaza

Nell’ottobre del 2023, dopo lo scoppio della guerra tra Israele e Palestina, sono aumentate anche le tensioni tra Israele e Hezbollah, in Libano.  Hezbollah e stato fondato dopo l’invasione del Libano da parte di Israele nel 1982, ed è gradualmente diventato una delle fazioni più potenti del paese, diventando come uno Stato nello Stato. Nonostante siano gruppi separati, sia Hamas che Hezbollah hanno sempre avuto l’obiettivo comune di resistenza e disfacimento dello stato di Israele. Hezbollah ha lanciato diversi missili e razzi contro Israele in sostegno di Hamas dall’inizio della guerra. Il 13 ottobre, un giornalista di Reuters è stato ucciso, mentre altri sei giornalisti sono stati feriti, durante un reportage al confine. Il 2 gennaio 2024 Israele ha mandato un drone contro un ufficio di Hamas a Beirut, uccidendo 7 persone, tra cui Saleh al-Arouri, vice dell’ufficio politico di Hamas, e due comandanti delle brigate di Quassam. In risposta, il Libano ha denunciato l’assassinio al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, mentre Nasrallah di Hezbollah ha giurato vendetta. Nel febbraio 2024 gli attacchi tra Hezbollah e Israele al confine hanno provocato lo sfollamento di oltre 90.000 civili. In questa violenza, sono morti 158 libanesi, tra cui 25 civili, e ne sono stati feriti 686. 

Negli ultimi giorni di settembre, Israele ha organizzato dei bombardamenti a Beirut mirati contro Hezbollah, che hanno ucciso Hassan Nasrallah, leader del gruppo libanese.

In risposta all’assassinio di Hassan Nasrallah, di Abbas Nilforoushan, comandante dell’IRGC, e del leader di Hamas Ismail Haniyeh, l’Iran ha lanciato dei missili contro Israele. L’attacco missilistico ha colpito tre basi militari a Tel Aviv. La stampa iraniana ha dichiarato che l’80% dei missili ha colpito il bersaglio; Israele, invece, sostiene che la maggior parte dei missili sia stata intercettata. 

In un anno di scuse, di pretesti, e di giustificazioni, a parlare sono i numeri. In un anno, nella striscia di Gaza, sono morte più di 41.000 persone, tra cui 16,500 bambini. Le persone disperse sono più di 10.000, e i feriti sono quasi 100.000. I morti israeliani sono 1139, e i feriti sono più di 8.000.

Ogni ora, a Gaza, muoiono 15 persone, e sei di queste sono bambini; 35 persone vengono ferite, e 12 edifici vengono rasi al suolo.

 Nonostante tutto questo, l’Occidente è stato capace di dare le spalle alle grida di aiuto provenienti da Gaza, nella comodità dei suoi focolari intatti e confortevoli. Ognuno è complice.

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