Durante la scorsa settimana si è tenuto Bookcity Milano, un evento con la durata di circa quattro giorni, che ha l’intento di mettere i libri, la lettura e i lettori al centro di una serie di eventi diffusi sul territorio urbano. In questa occasione la redazione di Vulcano ha partecipato ad alcuni incontri e ha cercato di offrire qualche spunto di riflessione o di lettura.
Yemen il paese della guerra dimenticata: la pace è possibile? (Recensione di Jessica Rodenghi)
Intervento di: Francesco De Angelis (Università degli Studi di Milano)
Libro presentato: Tutto quello che abbiamo lasciato. Voci da una guerra dimenticata di Bushra al-Maqtari, traduzione di Francesco De Angelis, Luiss University Press, Roma, 2024
Yemen, un Paese che dista più di 4mila chilometri dall’Italia, composto di voci che non vengono fatte risuonare dai media; eppure qui vivono 34 milioni di persone e lo Stato è considerato il più povero al mondo. Dal 2014 è teatro di una sanguinosa guerra civile, che solo tra 2014 e 2020 ha mietuto circa 20.000 vittime, come evidenziato da Save the Children.
Secondo Mwatana, un’organizzazione umanitaria yemenita, ci sarebbero anche 1600 casi di detenzioni arbitrarie, più di 700 sparizioni forzate e oltre 300 casi di tortura. Il sistema sanitario è collassato da tempo e in questo momento è in corso un’epidemia di colera. Anche l’economia è in grave crisi dall’inizio del conflitto e c’è un rischio altissimo di calpestare mine antiuomo. Bushra al-Maqtari, scrittrice ed attivista per i diritti umani, offre una testimonianza fondamentale. Raccoglie le testimonianze delle vittime dei miliziani houthi e dei sostenitori della coalizione a guida saudita, offrendo uno spaccato su un conflitto che non fa più notizia.
Come afferma l’autrice in un’intervista rilasciata all’Ansa: «La guerra infuria ancora, proprio come negli ultimi quattro anni».
Guerra (e pace) tra i generi. Pratiche e teorie femministe (Recensione di Jessica Rodenghi)
Interventi di: Annalisa Murgia (Università degli Studi di Milano), Giulia Siviero (giornalista), Non Una Di Meno
Libro presentato: Fare femminismo, Giulia Siviero, Nottetempo, Milano, 2024
Non esiste una sola pratica femminista, come non esiste un solo tipo di femminismo: le correnti sono diverse, così come lo sono le modalità in cui vengono incanalate. Siviero propone un testo in cui mette in relazione questi mondi, che hanno tutti come obiettivo la parità di genere e la fine delle discriminazioni verso le soggettività femminili. L’autrice fa parte del femminismo radicale, ossia il movimento che non vuole scendere a patti con la legge per sistemare le violenze che il patriarcato continua a perpetrare verso le soggettività femminili; di conseguenza sceglie di rivendicare la violenza come gesto di lotta e contestazione. Se le donne sono sempre state viste come remissive e sottomesse, nel caso peggiore come vittime, e se lo Stato non ha ancora trovato soluzioni adatte a problemi che sono insiti nella nostra società, perché non unire anche le pratiche più radicali alla lotta femminista?
Di patriarcato si continua a morire, mentre qualcuno ai piani alti pensa a dove piazzare la prossima panchina rossa.
La fine della Guerra fredda prima della fine della Guerra fredda (Recensione di Michela de marchi)
Interventi di: Mireno Berrettini, Piero Graglia, Lucio Valent e Antonio Varsori
Libro presentato: Anni cruciali. La fine della Guerra fredda e l’inizio del nuovo ordine mondiale (1975-1983), a cura di Lorenzo Meli, Lucio Valent, Franco Angeli, Milano, 2024
Comunemente si fa finire la guerra fredda nel 1989 con la caduta del muro di Berlino o nel 1991 con il disfacimento dell’Urss. L’incontro, invece, ha proposto una ricostruzione storica legata a uno snodo temporale fondamentale, ovvero il periodo tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, per capire la storia internazionale futura.
L’epoca in questione viene indagata sotto tre prospettive geografiche e tematiche diverse che vanno in ordine di grandezza: italiana, europea, mondiale.
In ogni ambito il filo conduttore è il tentativo di individuare i momenti di svolta in un contesto in cui non bisogna tenere in considerazione solo le vicissitudini avvenute in Europa e negli Stati Uniti.
Partendo dal caso italiano, da un lato si è immersi in un clima di incertezza caratterizzato da una serie di crisi politiche, economiche e sociali; dall’altro ci si avvia verso un’epoca di apparente stabilità e crescita in cui si risolve in parte il problema del terrorismo e si porta il popolo verso la modernizzazione.
Analizzando il contesto europeo, invece, è inevitabile intrecciare vicende interne ai vari Paesi e globali. Tra gli anni ’70-’80, il continente assiste a cambiamenti di politica interna nei quattro più importanti Stati della Comunità Europea: in Gran Bretagna arriva al potere Margaret Thatcher; l’Italia è guidata dal pentapartito; in Francia, per la prima volta nella Quinta Repubblica, si ha la vittoria di un socialista con Mitterand; la Germania vede il declino del SPD. Sono elementi che porteranno inevitabilmente a una nuova Europa.
Infine, vi è l’aspetto globale. Partendo dal Medio Oriente si possono citare la rivoluzione islamica in Iran; l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica; il terrorismo politico di matrice islamica che emerge a livello internazionale; ma bisogna tenere in considerazione anche la fase di trasformazione vissuta dall’URSS e il tentativo della Cina di imporsi come attore competitivo a livello mondiale.
Sono anni di svolta in cui si pongono le basi della fine della Guerra Fredda e si innesta la prospettiva di un nuovo ordine internazionale liberale, che in realtà non è altro che un disordine mondiale.
Donne, conflitti armati e processi di pace. Una nuova frontiera per l’eguaglianza di genere (Recensione di Alice Pozzoli)
Interventi di: Maria Luisa Agnese (27esima ora Corriere della sera); Marilisa D’amico, Prorettrice dell’Università degli studi di Milano e docente di diritto costituzionale; Dott.ssa Carlotta Cossutta ricercatrice e docente del dipartimento di filosofia “Piero Martinetti”; Roberto Cornelli, criminologo e docente di Diritto penale; Nannerel Fiano, ricercatrice di diritto pubblico e costituzionale.
Libro presentato: Women and peace. The Role of Women and Women’s Civil Society Organizations in Peace Processes, a cura di Marilisa D’amico e Costanza Nardocci, Franco Angeli, Milano, 2024
Nell’incontro è stato presentato al pubblico il nuovo volume a cura della Dott.ssa Marilisa D’amico e di Costanza Nardocci, una figura dal sapore apertamente multidisciplinare. Quest’ultima ha esplorato a fondo il ruolo della donna all’interno di dinamiche che storicamente non le sono appartenute, come le guerre e i processi di pace, e a partire da ciò si è riflettuto in particolar modo sull’importanza di un vero e proprio sguardo femminile nei conflitti.
La Dott.ssa Nannerel Fiano ha portato in esempio il partnership pact firmato dai due movimenti per la pace al femminile rispettivamente palestinesi e israeliani women of the sun e women wage peace, in cui le donne si impegnano nella ricerca condivisa di una soluzione di pace duratura e sicura per le donne.
Una rivisitazione del diritto internazionale che, dunque, costituisca un’arma di difesa, tuteli le donne contro le discriminazioni e consenta di recuperare una memoria storica.
Proprio di memoria ha parlato il Professor Cornelli, ponendola al centro del concetto multipolare di pace; essa deve porsi come un ponte collettivo tra passato e futuro ed è fondamentale per il diritto internazionale creare uno spazio dove tutte le memorie storiche complesse possano essere recuperate e unirsi, attraverso l’impiego della giustizia riparativa.
La presa di parola successiva della Dott.ssa Cossutta ha puntato invece ad analizzare come si possa scardinare la memoria dalla sua staticità in maniera positiva, riflettendo sul punto di vista non normativo delle donne; proprio questo aspetto può creare un vantaggio. Attraverso il pensiero di Jane Adams, dall’esclusione femminile nella sfera politica e sociale si può passare alla “virtù”: la maternità, da unico destino possibile, diventa funzione, capacità di governare il privato e dunque anche il sociale.
In chiusura, la Prorettrice D’amico ha chiarificato e ribadito il ruolo centrale dell’università nell’educazione, in particolar modo la capacità dell’educazione eccellente di far emergere ed ascoltare, nonché il contributo attivo del diritto nel contrasto all’hate speech.