Euripide, tragediografo ateniese del V secolo a.C., è stato recentemente al centro di una nuova scoperta, che getta nuova luce sulla sua produzione. Delle 92 opere a lui attribuite, ci sono giunte 18 tragedie e un dramma satiresco, ma un nuovo ritrovamento ha riportato alla luce un papiro contenente i frammenti di due tragedie perdute, Polyidos e Ino.
«Si tratta della più grande scoperta di nuovi testi di tragedia da un secolo e più» ha scritto Luigi Battezzato, docente di letteratura greca, in un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore.
Il testo del papiro, datato al III secolo d.C., è stato rinvenuto nella necropoli egiziana di Filadelfia, nell’oasi del Fayum.
Il regno d’Egitto è stato governato dai Tolomei, una dinastia di faraoni macedoni, dal 305 a.C, quando assunse il potere Tolomeo I Sotere, fino al 30 a.C, quando, dopo la battaglia di Azio (31 a.C), il protettorato passò sotto il governo del princeps romano.
I sovrani egiziani governarono fondendo la propria cultura ai costumi greci: il greco dunque persistette come lingua principale quando l’Egitto divenne una provincia romana e molti libri di papiro e documenti di uso quotidiano furono scritti in greco tra il III secolo a.C. e il V secolo d.C.
Il deserto è eccellente per preservare il materiale di scrittura e quindi gli scavi in siti egiziani hanno prodotto migliaia di antichi libri e documenti greci.
È stato l’archeologo egiziano Basem Gehad a guidare, nel novembre 2022, la spedizione di scavo nella necropoli egiziana, dove ha scoperto una tomba da cui ha dissotterrato un papiro. Il frammento è stato identificato grazie al lavoro degli studiosi di letteratura greca dell’Università del Colorado, Yvona Trnka-Amrhein e John Gibert, col supporto dello stesso Gehad. Il testo del papiro è stato pubblicato sulla rivista Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik nel mese di agosto di quest’anno.
Le due tragedie di Euripide erano già conosciute in maniera frammentaria, tramandate dai riassunti della trama composti da Apollodoro, che scrisse La Biblioteca, e da Igino, che scrisse Genealogie o Storie.
Il frammento contiene un estratto da Ino nella prima colonna e un estratto da Polyidos nella prima e nella seconda colonna.
Ino è una zia del dio Dioniso e fa parte della famiglia reale di Tebe; in frammenti precedentemente noti è presentata come una matrigna spietata, pronta per vendetta e gelosia a uccidere i figli del marito, re della Tessaglia, nati da un precedente matrimonio.
Il nuovo frammento modifica la versione canonica, introducendo una nuova trama e ribaltando i ruoli:
un’altra donna è la matrigna cattiva, che sposa il sovrano e ne uccide i figli e poi si suicida; Ino è la vittima.
Polyidos tratta invece un episodio di un antico mito cretese: il re Minosse, figlio di Zeus ed Europa, si rivolge all’indovino Poliido per resuscitare il figlio Glauco, morto dopo essere caduto in una giara di miele. Tra il re e l’indovino si apre un intenso dibattito, che verte sui limiti del potere umano e la sacralità delle leggi naturali:
Minosse incalza il profeta: «Vedi? Il delfino comanda sulle onde del mare, comanda tra gli uccelli la forza dell’aquila, Zeus ha il potere supremo in cielo, e sulla terra ce l’hanno i re: tu sei inferiore; sei sotto il mio potere; devi sopportare quello che ti impongo». L’indovino rifiuta: «Sarei un folle se violassi le leggi degli dèi»; «Tu vai oltre il tuo limite, senza controlli; la colpa è della ricchezza». L’indovino ricorda le leggi dell’universo: «Sappilo bene: tutte le cose che la natura fa sorgere devono nascere e morire; tutto, col tempo, nasce e di nuovo muore».
Giunge persino ad accusare Minosse: «Io nego che tu sia figlio di Zeus; questa è una falsità che ha sparso tua madre; non puoi essere figlio di Zeus tu che sovverti le leggi stabilite e sconvolgi le norme divine per la tua arroganza. Infatti, se la tirannide o le case ricche d’oro potranno [far ritornare a vivere] chi ha lasciato la luce del sole [l’ordine del mondo sarà sconvolto]».
Luigi Battezzato, Il Sole-24 Ore, 29 settembre 2024
Qui finisce il nuovo frammento. Noi sappiamo che Poliido, riluttante a violare le leggi divine, viene imprigionato da Minosse con il cadavere del bambino, dove scoprirà un’erba magica che riporterà in vita Glauco.
Ma il papiro di Euripide, prima di venire gettato nella tomba egiziana, è stato tagliato in modo che restassero solo queste due colonne di scrittura della tragedia. Non sapremo mai se è stato messo come ricordo, come meditazione sull’inevitabilità della morte. Ma è stato trovato insieme a un altro foglio: una ricevuta di semi per le piante del tempio. Forse chi ha scelto questi versi di Euripide non voleva pensare all’immortalità. Ma pensava al ciclo della vita: tutto ciò che la natura produce, deve nascere e morire. Come suo figlio, come le piante del tempio che torneranno a vivere, anche mentre il figlio giace nella tomba.
Luigi Battezzato, Il Sole-24 Ore, 29 settembre 2024
Articolo di Chiara Cardella.