Del: 27 Novembre 2024 Di: Nina Fresia Commenti: 0

Ogni due mesi, il giorno 27, 5 serie TV per tutti i gusti: The Sofa Chronicles è la rubrica dove recensiamo le novità più popolari del momento, consigliandovi quali valga la pena guardare comodamente sul divano e quali no.


Nobody wants this, Stagione 1, Netflix (Erin Foster) – recensione di Nina Fresia

Perché, anziché ripiegare sul più classico dei remake o sequel, non ingaggiare due icone delle serie tv anni Duemila per un’originale commedia romantica? Sono Adam Brody, che ha interpretato l’amato Seth Cohen nella serie The O.C., e Kristen Bell, volto dell’iconica Veronica Mars, i protagonisti della nuova produzione Netflix. Brody veste i panni di Noah, un giovane rabbino che aspira a diventare guida spirituale del suo tempio. Poco dopo aver chiuso una relazione importante, Noah incontra Joanne, l’esuberante host di un podcast di successo impersonata da Bell.

I due si conoscono e si innamorano, formano una coppia quantomeno inverosimile: un’agnostica collezionista di relazioni con uomini sbagliati e un uomo di fede profondamente legato alla sua comunità. Ma a far funzionare la serie tv è proprio la semplicità dell’amore vissuto dai due protagonisti, oltre all’ottima selezione del cast e i dialoghi dal piglio sempre ironico.

Ben costruiti anche i personaggi secondari: come Morgan (Justine Lupe) e Sasha (Timothy Simons), rispettivamente sorella di Joanne e fratello di Noah, la cui inaspettata intesa crea un certo scompiglio nella serie e nella vita dei due innamorati.


Only Murders in the Building, Stagione 4, Hulu, Disney + (Steve Martin, John Hoffman) – recensione di Matilde Elisa Sala

Creare un mistero che sia all’altezza dei precedenti, se possibile anche migliore, è una sfida di non poco conto. I crimini rischiano di assomigliarsi, i personaggi di diventare noiosi. Ma quando si hanno tra le mani tre protagonisti come Charles (Steve Martin), Oliver (Martin Short) e Mabel (Selena Gomez) vale sempre la pena correre il rischio.

Arrivata alla sua quarta stagione, Only Murders in the Building si riconferma una serie tv fresca, divertente e mai banale. Dispiacerà al pubblico rendersi conto però che le papabili vittime saranno, inevitabilmente, persone a loro care, proprio come accade in questo caso. È la folle Sazz (Jane Lynch) a essere finita nel mirino: stuntman professionista, stretta amica di Charles, che aveva interpretato la sua controfigura nel telefilm Brazzos. Questa volta, l’evento sconvolge il trio, alle prese con il forte dolore e i sensi di colpa di Charles, che non è stato in grado di salvare l’amica.

L’obiettivo è risolvere il caso e rendere giustizia a Sazz. Ma i colpi di scena non finiscono qui, perché gli omicidi non bastano per rendere meno monotona la vita del trio. Il loro podcast è infatti oggetto di interesse della Paramount, decisa a trasformarlo in un film, dove i tre verranno interpretati da Eugene Levy, Zach Galifianakis e Eva Longoria.

Ogni singola puntata è un cliffhanger, talmente intricata da riuscire – forse – a fare annusare chi possa essere più sospetto di altri, ma di certo non a capire il movente. Ogni tanto gli occhi diventano lucidi, altre volte invece si riderà di gusto. La cosa più divertente però è farsi avvolgere dalla storia. E allora, come suggerisce Sazz a Charles, tap in, è il nostro turno di immedesimarci nei protagonisti e cercare di risolvere il caso.


Outer Banks, Stagione 4, Netflix (Josh Pate, Jonas Pate, Shannon Burke) – recensione di Matilde Elisa Sala

Dopo una terza stagione non molto coinvolgente, Outer Banks torna con dei nuovi episodi, decisamente molto più forti. A 18 mesi dal ritrovamento di El Dorado, i Pogues vogliono tornare alla normalità e costruirsi uno spazio tutto per loro, Poguelandia. Peccato che i problemi siano sempre dietro l’angolo, primo fra tutti il denaro. Così decidono di accettare la richiesta dei potenti Wes Genrette e Chandler Groff e mettersi sulle tracce del tesoro di Barbanera. Ma come sempre non sono gli unici. Se la scorsa stagione sembrava ormai “tirare avanti”, la quarta stagione, uscita in due parti distinte come è ormai solito per i prodotti più forti di Netflix, regala molte sorprese, alcune delle quali molto amare (no spoiler, anche se ci hanno già pensato sui social). I Pogues sono sempre molto affiatati, un bel gruppo di amici composto da persone molto diverse le une dalle altre, ma sempre presenti nel momento del bisogno. 

Uscito di scena Ward Cameron, era necessario trovare nuovi tesori e un nuovo cattivo, in questo caso Groff, personaggio decisamente molto scomodo. 

Il finale non ha bisogno di commenti, ci hanno già pensato i fan indignati. Outer Banks è stata però rinnovata per una quinta e ultima stagione. Si spera sia un finale degno della storia dei Pogues.


Tutto chiede salvezza, Stagione 2, Netflix (Francesco Bruni) – recensione di Cristina Bianchi

In questa seconda stagione Daniele torna a Villa San Francesco, che lo aveva ospitato l’anno precedente durante il suo TSO, come infermiere tirocinante. Molte cose sono cambiate in un anno, è diventato padre di Maria, avuta da Nina, l’attrice che era stata ricoverata per tentato suicido di cui nella prima stagione si era innamorato. 

Nella struttura ritrova la dottoressa Cimaroli e il dottor Mancino, ma anche Giorgio che è diventato il giardiniere della struttura, l’infermiere Pino e l’infermiera Rossana. Diversi sono i protagonisti nuovi che arricchiscono il cast di questa seconda stagione, il primo è Rachid, algerino e coetaneo di Daniele, ricoverato per problemi di rabbia. Matilde, invece, è stata ricoverata, in condizioni critiche a causa di violente crisi, nell’ala maschile perché all’anagrafe è ancora un uomo. Infine, fuori dall’ospedale Daniele conosce Angelica, la figlia di Mario.

La seconda stagione è stata scritta, sempre, da Francesco Bruni con l’aiuto di Daniele Mencarelli, autore del libro da cui la serie tv nasce, e Daniela Gambaro. Anche se in certi punti diventa un po’ monotono è emozionante, come la prima, è sempre molto difficile parlare di malattie psichiatriche e dell’importanza di chiedere aiuto. Una menzione speciale alla bravura di Drusilla che consegna una profondità speciale a Matilde.


Vita da Carlo, stagione 3, Paramount+ (Carlo Verdone e Valerio Vestoso) – recensione di Cristina Bianchi

Carlo Verdone torna con la terza stagione di Vita da Carlo, questa volta deve affrontare una nuova sfida: la direzione artistica del Festival di Sanremo. Questa proposta gli arriva proprio quando vorrebbe fare un passo indietro dal mondo della recitazione, dopo una tournée importante e stancante. 

Nei 10 episodi che compongono questa terza stagione si ritrovano alcuni personaggi a cui gli spettatori si sono affezionati, come Chicco e Maddalena alle prese con una nuova vita da genitori di Lallo. Ma anche nuovi protagonisti tra cui Ema Stokholma, Maccio Capatonda e Giovanni Esposito. Come nelle stagioni precedenti molti sono i vip che interpretano loro stessi da Gianna Nannini a Zucchero

Le prime 5 puntate sono uscite il 17 novembre scorso, esattamente nel giorno dei 74 anni di Carlo Verdone. Vita da Carlo è stata scritta da quest’ultimo e da Pasquale Plastino e Luca Mastrogiovanni. Anche alla regia il regista romano è stato affiancato da Valerio Vestoso con cui è riuscito a bilanciare il vecchio e il nuovo, facendo appassionare tutte le generazioni.

Il filo conduttore con le stagioni precedenti è quello di riuscire a parlare di tematiche importanti come la depressione post partum, la ludopatia, gli stati di ansia o l’identità di genere senza dare un giudizio, grazie all’assenza di etichette artificiali essendo naturali.

Nina Fresia
Studentessa di scienze politiche, curiosa per natura, aspirante giramondo e avida lettrice con un debole per la storia e la filosofia. Scrivo per realizzare il sogno della me bambina e raccontare attraverso i miei occhi quello che scopro.
Matilde Elisa Sala
Studio Lettere, mentre aspetto ancora la mia lettera per Hogwarts. Osservo il mondo con occhi curiosi e un pizzico di ironia, perdendomi spesso tra le pagine di un buon libro o le scene di un film. Scrivo, perché credo che le parole siano lo strumento più potente che abbiamo.

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