Del: 5 Dicembre 2024 Di: Matilde Elisa Sala Commenti: 0
BookAdvisor, consigli di lettura di dicembre

Il 5 di ogni mese, 5 libri per tutti i gusti: BookAdvisor è la rubrica dove vi consigliamo ciò che ci è piaciuto di recente, tra novità e qualche riscoperta.


Che bella giornata, speriamo che non piova, Gabriele Corsi (Cairo) – recensione di Matilde Elisa Sala

Che crescere sia inevitabile è un dato di fatto. Ma crescere pensando che un giorno ci si ritroverà a fare da genitori ai propri genitori, proprio no, questo non si mette mai in conto. Eppure, è proprio ciò che è accaduto a Gabriele. Suo padre ormai non lo riconosce più, affetto da una malattia che cancella la sua memoria. È lui l’unico custode dei loro ricordi ormai. È bene però metterli per iscritto, per far sì che nemmeno lui possa dimenticarli mai. Gabriele Corsi, noto speaker radiofonico e conduttore televisivo, racconta la storia del nuovo rapporto creatosi con suo papà a seguito della malattia. Un dialogo unilaterale, una lettera d’amore verso un genitore con la speranza che possa essere il genitore, almeno per una sola, ultima, volta, a tenere per mano suo figlio e non viceversa. Nonostante lo sconforto, Gabriele cerca di focalizzarsi però sui ricordi belli. Tra lettere dedicate al padre, Corsi inserisce dei capitoli narrativi in cui racconta la sua esperienza di servizio civile in mezzo a dei “mattacchioni”: i pazienti del Progetto Antonietta. Dedicare ore della propria vita agli altri, cambia le carte in tavola e rivaluta il modo di osservare le cose. Storie commoventi si intrecciano nei vari capitoli, da cui traspare tutta la dolcezza e la gratitudine dell’autore verso quell’esperienza di vita. Persone che gli hanno insegnato che a volte basta sperare solo che sia una bella giornata, e che non piova.


Il talento degli scomparsi, Claudio Bisio (Feltrinelli) – recensione di Cristina Bianchi

Il primo libro di Claudio Bisio racconta una doppia storia: quella di Marco Moschini, un attore milanese che ha superato i 60 anni e che si ritrova a fare parti sempre più residuali e quella di Mirko Mazzotta, un giovane di 25 anni nato e cresciuto in Puglia e con un unico sogno diventare famoso. Le due storie si toccano ma non si incontrano mai, come anche la scelta stilistica di dare ad entrambi un proprio capitolo. Quelli scritti in numero appartengono a Marco; invece, sono di Mirko quelli scritti in lettere. Marco e Mirko sono agli opposti su tutto e per tutto, se il primo vuole scomparire, l’altro vuole apparire. Il tutto circondato da personaggi che, come i protagonisti, sono scritti in maniera precisa in ogni loro aspetto, tra cui Nando, il manager e Lara, Angela e Luciana tre donne che rubano la scena a Marco e Mirko. Claudio Bisio ha presentato un libro irriverente, curioso, folle e divertente. In certi punti riprende la scrittura di Niccolò Ammaniti, nell’assurdità di certi passaggi. Un libro che scorre e si legge tutto d’un fiato, con un finale che lascia senza parole. Unico consiglio: occhio alla prima, alla seconda e alla terza persona “a loro piace cambiare”.


Sono esaurita, Sophie Kinsella (Mondadori) – recensione di Matilde Elisa Sala

A trentatré anni e una buona posizione lavorativa, Sasha non ce la fa più. È stanca, demotivata, fa fatica a uscire con gli amici, figuriamoci a trovare l’amore. Ufficialmente sull’orlo di un esaurimento nervoso, Sasha decide di lasciarsi tutto alle spalle rifugiandosi in un piccolo villaggio nel Devon, in un posto di mare a lei molto caro, nel quale ci sono alcuni dei suoi ricordi più belli di momenti trascorsi in famiglia. Ma le cose anche in quel posto sono cambiate. Come se non bastasse, Sasha è costretta a condividere gli spazi con Finn, uomo per niente alla mano e poco simpatico. Cambiano i luoghi, e anche le persone. Chissà che sia la volta buona anche per Sasha. Sono esaurita è un romanzo accattivante fin dal titolo. Quante volte ci è capitato di dirlo per parlare dei periodi di forte stress? Eppure, dietro un’affermazione che spesso suona sarcastica, si nasconde la verità. Kinsella è stata in grado di normalizzare un concetto forse ancora un po’ tabù: il burnout. Come sempre accade nei suoi romanzi, non mancano una bella dose di ironia e divertimento. Ma tra una risata e l’altra, c’è sempre spazio per fermarsi un attimo a riflettere.


Cleopatra e Frankenstein, Coco Mellors (Einaudi) – recensione di Michela De Marchi

Una lettura dolceamara che provoca allo stesso tempo risate e riflessioni. Parliamo di Cleopatra e Frankenstein di Coco Mellors, romanzo che prende il nome dai due protagonisti. La storia si apre a una festa di Capodanno a New York, dove Cleo e Frank si incontrano per la prima volta. Lei una giovane ragazza inglese, ancora insicura sul percorso che vuole intraprendere, ma con una passione per l’arte; lui un uomo di circa quarant’anni ormai affermato nel campo della pubblicità con una sua agenzia. Tra i due è subito colpo di fulmine ed entrambi fanno affidamento sull’altro per cercare di risolvere i traumi infantili che li perseguitano. Ma proprio questo porta un’evoluzione inaspettata nel proprio rapporto e li costringe ad affrontare un mondo interno che per anni hanno tentato di nascondere. Il lettore si inserisce nella vita di Cleo e Frank, seguendo le loro vicissitudini per poco più di un anno in una narrazione dal ritmo dinamico, caratterizzata da salti temporali tra i vari capitoli. Ma il tratto saliente del romanzo è la sua coralità: Coco Mellors non si limita ad assumere un punto di vista fisso o una terza persona singolare. Prendono così voce i vari personaggi della storia, dalla sorella di Frank al migliore amico di Cleo, raccontando una realtà non perfetta, fatta di vizi e difetti. Tra le pagine del romanzo vengono affrontati temi seri, come le malattie mentali e le dipendenze, che arrivano dritto al cuore del lettore grazie alla scrittura incalzante e non superficiale. Così Coco Mellors crea una storia peculiare che permette a ognuno di riflettere su alcune difficoltà comuni e capire come affrontarle, senza avere paura di chiedere aiuto.


Non sono la signora di nessuno, Anna Kuliscioff (Fuoriscena) – recensione di Jessica Rodenghi

1893, Zurigo. Terzo Congresso dell’Internazionale Socialista. Tra i partecipanti spiccano Filippo Turati e la sua compagna, Anna Kuliscioff. Qualcuno, notandola, domanda: “Chi è quella bella signora?”. Un uomo risponde: “È la signora di Turati”. Lei, senza esitazione, ribatte: “Non sono la signora di nessuno. Sono Anna Kuliscioff.” Un’affermazione semplice, ma potente, che racchiude l’essenza di una donna indipendente, rivoluzionaria e profondamente impegnata nella lotta per i diritti sociali e civili. Definita dai suoi detrattori “una che non è mai stata zitta”, Kuliscioff è stata molto più che una voce fuori dal coro: una socialista, un’attivista e, soprattutto, una delle menti più lucide del suo tempo. In questa raccolta di lettere, discorsi e scritti personali, emerge con forza una delle sue battaglie più significative: quella per il suffragio universale. Kuliscioff smonta, una per una, le argomentazioni paternalistiche che volevano le donne estranee alla politica, relegate al ruolo di madri e custodi della casa. A chi sosteneva che la politica fosse una questione troppo “complicata” per le donne, rispondeva con dati, logica e passione. Kuliscioff non si limitava a teorizzare. Denunciava con rigore le condizioni delle donne operaie, sfruttate nei settori come quello tessile, dove rappresentavano la maggior parte della forza lavoro, ma ricevevano le paghe più basse e subivano turni massacranti che superavano spesso le 50 ore settimanali. Contrariamente ad altre esponenti del femminismo che concentravano i loro sforzi sui diritti delle élite, Kuliscioff parlava alle e delle donne lavoratrici, le più vulnerabili e troppo spesso ignorate anche dagli uomini del Partito Socialista. Questa raccolta rappresenta un tassello fondamentale per chiunque voglia comprendere la storia del femminismo e la lunga strada percorsa dalle donne per ottenere i diritti che molti danno oggi per scontati. Kuliscioff ci ricorda che, nella lotta per l’emancipazione, le “streghe” non sono mai mancate: donne coraggiose, impossibili da zittire con frasi riduttive come “È la signora di…”. Perché Anna Kuliscioff non è mai stata la “signora” di nessuno. È stata – e rimane – una figura di riferimento per la storia del femminismo.

Matilde Elisa Sala
Studio Lettere, mentre aspetto ancora la mia lettera per Hogwarts. Osservo il mondo con occhi curiosi e un pizzico di ironia, perdendomi spesso tra le pagine di un buon libro o le scene di un film. Scrivo, perché credo che le parole siano lo strumento più potente che abbiamo.

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