François Bayrou è stato nominato da Emmanuel Macron come nuovo primo ministro. Dieci giorni dopo la sfiducia al governo di Michel Barnier, il Presidente della Repubblica ha deciso di affidare la missione di formare un nuovo esecutivo al leader del partito centrista MoDem, suo alleato fin dal 2017.
Ma ricapitoliamo gli eventi degli ultimi giorni. Mercoledì 4 dicembre, l’Assemblea Nazionale francese aveva votato a favore di una mozione di sfiducia contro il governo del primo ministro Michel Barnier, portando alle sue dimissioni.
Il dimissionario primo ministro (73 anni, il più anziano di sempre a ricoprire questa carica) è un membro del partito repubblicano. Era stato scelto da Emmanuel Macron come capo del governo il 5 settembre 2024, quasi due mesi e mezzo dopo le elezioni legislative. La sua nomina era arrivata al termine di una lunga lista di candidati scartati, con l’obiettivo di risolvere lo stallo politico che si era creato a seguito del voto.
Questo stallo era stato determinato dal fatto che nessun partito aveva ottenuto la maggioranza assoluta. In particolare, la possibilità di una vittoria del partito di Marine Le Pen, il Rassemblement National (RN), a seguito dell’exploit ottenuto alle elezioni europee (dove aveva superato il 31% dei voti), aveva spinto le altre forze politiche a formare alleanze strategiche.
La coalizione di sinistra, il Nuovo Fronte Popolare (NFP) – composto dal partito di Jean-Luc Mélenchon (La France Insoumise), dai socialisti, dagli ecologisti e dal Gruppo della Sinistra Democratica e Repubblicana – si era alleata con la coalizione del Presidente, Ensemble (ENS). Le due forze avevano quindi deciso di adottare una strategia nota come desistenza. In vista del secondo turno elettorale, nei collegi in cui si presentavano triangolari o quadrangolari, oltre 200 candidati classificatisi terzi o quarti si ritirarono, convogliando il voto su un unico candidato. L’obiettivo era aumentare le possibilità di vittoria nei seggi a scapito dei candidati del RN.
I risultati avevano premiato questa strategia, con una maggioranza di seggi a favore del Nuovo Fronte Popolare, che ottenne 178 seggi, suddivisi tra i quattro partiti della coalizione. Seguì Ensemble (con 150 seggi, mentre il Rassemblement National venne relegato al terzo posto con 142 seggi. Tuttavia, questi risultati non avevano portato alla formazione di un governo di sinistra, come sperato da Mélenchon. Nel suo discorso a seguito dei risultati del secondo turno, Mélenchon aveva espresso chiaramente la volontà di guidare il Paese.
Macron, però, detiene il potere assoluto ed esclusivo di nomina del Primo Ministro, come previsto dalla Costituzione francese (a tal proposito, per ulteriori informazioni, Vulcano Statale ha già trattato la storia costituzionale della Francia e dei poteri del Presidente della Repubblica in questo articolo).
A seguito delle elezioni, il Presidente aveva iniziato una lunga fase di trattative.
Nel frattempo aveva lasciato in carica l’allora Primo Ministro Gabriel Attal, nonostante le dimissioni del 16 luglio di quest’ultimo. Attal avrebbe continuato a occuparsi degli affari correnti e urgenti fino alla formazione del nuovo esecutivo. Le consultazioni per la nomina del nuovo Primo Ministro erano state infatti posticipate alla conclusione delle Olimpiadi di Parigi.
Conclusi i Giochi, e dopo lunghe consultazioni con tutti i partiti politici, Macron aveva deciso di nominare Michel Barnier come nuovo primo ministro. Barnier, ex Commissario europeo e figura di spicco del centro-destra moderato, era stato scelto per formare una maggioranza relativa composta dai Repubblicani e dalla coalizione presidenziale Ensemble. Questa decisione aveva suscitato dure critiche e proteste da parte della sinistra, che aveva accusato Macron di aver ignorato i risultati delle elezioni e di aver stretto un accordo con il Rassemblement National.
La polemica si era sviluppata dal momento che Marine Le Pen aveva accettato tacitamente la nomina, astenendosi durante il voto di fiducia al governo. Le Pen aveva dichiarato di voler giudicare il nuovo esecutivo «sugli atti, e non sulle promesse», riservandosi di decidere caso per caso in base alle misure proposte dal governo Barnier.
Si arriva quindi ai fatti degli ultimi giorni.
A poco più di due mesi dalla sua nomina, il governo guidato da Barnier ha presentato la legge di bilancio, caratterizzata da misure particolarmente austere a causa della difficile situazione finanziaria della Francia. Queste misure hanno provocato forti tensioni con il Rassemblement National, che il 28 novembre ha posto un ultimatum al primo ministro.
Barnier ha concesso alcune modifiche al progetto di legge sulla sicurezza sociale, tra cui la cancellazione degli aumenti dei prezzi dell’elettricità e la riduzione della copertura sanitaria per i migranti privi di documenti. Tuttavia, non ha accolto la richiesta del RN di aumentare ulteriormente le pensioni, portando a un’accentuazione delle divergenze tra le due parti.
Il 2 dicembre, Michel Barnier ha invocato un meccanismo costituzionale, l’articolo 49.3, per approvare il controverso bilancio della sicurezza sociale senza passare da un voto parlamentare. L’articolo 49.3 della Costituzione francese consente infatti al Capo di Governo, previa delibera del Consiglio dei Ministri, di impegnare la responsabilità dell’esecutivo per l’approvazione di:
- un progetto di legge finanziaria;
- un progetto di legge sul finanziamento della sicurezza sociale;
- qualsiasi altro progetto o proposta di legge in discussione all’Assemblea Nazionale.
Con l’applicazione di questa procedura, la discussione del testo in Assemblea Nazionale viene immediatamente sospesa e il progetto di legge è considerato approvato, salvo che una mozione di censura (sfiducia) venga presentata entro le 24 ore successive.
Dal 1958, anno di adozione della Costituzione della Quinta Repubblica, l’articolo 49.3 è stato utilizzato ben 113 volte. Tra i governi che ne hanno fatto maggior uso, quello del socialista Michel Rocard (in carica tra il 1988 e il 1991, che vi ricorse 28 volte) e il governo di Élisabeth Borne, esponente del partito Renaissance di Macron, in carica tra il 2022 e l’inizio di quest’anno (23 volte).
Una delle situazioni più discusse e contestate in cui Borne fece ricorso al 49.3 risale al marzo 2023. Borne approvò la riforma delle pensioni senza un voto dell’Assemblea Nazionale. La riforma innalzò l’età pensionabile da 62 a 64 anni, provocando scontri e tensioni in tutto il Paese. Tuttavia, la mozione di sfiducia presentata in Assemblea Nazionale non passò, mancando l’approvazione per soli 9 voti (278 a favore sui 287 necessari).
La decisione di Michel Barnier di ricorrere all’articolo 49.3 ha scatenato la presentazione di due mozioni di sfiducia: una da parte del Rassemblement National, e l’altra dal partito di Jean-Luc Mélenchon. La seconda mozione, presentata dalla sinistra, è stata approvata con 331 voti, grazie a un’inedita alleanza tra sinistra e destra. Questo risultato ha costretto il primo ministro a «presentare al Presidente della Repubblica le dimissioni del governo», come previsto dall’articolo 50 della Costituzione francese.
Non è la prima volta che una mozione di censura viene approvata in Francia.
Era già successo nel 1962, durante il mandato del primo ministro Georges Pompidou. In quell’occasione, il Presidente della Repubblica Charles De Gaulle aveva rifiutato le dimissioni di Pompidou e sciolto l’Assemblea Nazionale, convocando nuove elezioni che portarono alla formazione di un secondo governo Pompidou.
Macron è quindi intervenuto con un discorso alla Nazione la sera del 5 dicembre. Ha annunciato l’intenzione di formare «un governo d’interesse generale», invocando una coalizione allargata a tutti i partiti «che si impegnano a non sfiduciare il governo». Il Presidente ha escluso l’ipotesi di dimettersi, come richiesto da diversi deputati, dichiarando: «Il mandato che mi avete democraticamente affidato è di cinque anni, e lo eserciterò fino in fondo».
Nel suo discorso, Macron ha attaccato duramente «estrema destra ed estrema sinistra», accusandole di essere «unite in un patto anti-repubblicano». Ha inoltre annunciato la presentazione di una legge speciale in Parlamento entro metà dicembre: «Questa legge, temporanea, consentirà, come previsto dalla Costituzione, la continuità dei servizi pubblici e la vita del Paese».
Il presidente francese ha cercato di avviare rapidamente trattative con i leader socialisti per formare una nuova maggioranza insieme ai centristi, una mossa che avrebbe spaccato definitivamente il fronte di sinistra, presentatosi unito alle ultime elezioni. Tuttavia, non è riuscito a creare un nuovo governo prima di un evento di enorme importanza: la riapertura della cattedrale di Notre-Dame, prevista per sabato 7 dicembre.
L’evento, al quale hanno partecipato i principali leader mondiali, ha celebrato i grandi lavori di restauro durati cinque anni, a seguito del devastante incendio dell’aprile 2019 (qui un nostro approfondimento). La cerimonia, però, si è svolta senza un capo di governo della nazione ospitante, lasciando la Francia in una situazione di incertezza politica.
Meno di una settimana dopo, venerdì 13 dicembre, Emmanuel Macron ha nominato François Bayrou come nuovo primo ministro.
Bayrou è una figura di lungo corso nella politica francese. Iniziò la sua carriera nell’Unione per la Democrazia Francese (UDF), partito di centrodestra, per poi fondare e guidare il MoDem. Nel corso della sua carriera è stato parlamentare in diversi periodi tra il 1986 e il 2012, eurodeputato e ministro dell’Istruzione dal 1993 al 1997. Dal 2014 è sindaco di Pau, una cittadina di 77.000 abitanti nei pressi del confine con la Spagna.
Il nuovo primo ministro si troverà ad affrontare una sfida complessa: formare un governo in grado di sopravvivere in un’Assemblea Nazionale senza maggioranza e garantire l’approvazione del bilancio per il 2025.
Jordan Bardella, presidente del Rassemblement National, ha dichiarato che «non ci sarà alcuna censura a priori», mantenendo la stessa linea adottata con il precedente governo Barnier, e valutando caso per caso gli atti del nuovo esecutivo. Di tutt’altra opinione è Mathilde Panot, dirigente di La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che ha già annunciato l’intenzione del suo partito di presentare immediatamente una mozione di sfiducia contro il governo Bayrou.