Del: 12 Gennaio 2025 Di: Redazione Commenti: 0
Da rileggere per la prima volta. Sotto il vulcano

Sotto il vulcano di Malcolm Lowry è ambientato alle pendici di Popocatepetl e Iztaccihuatl, due dei più grandi vulcani del Messico. Il Console, soprannome di Geoffrey Firmin, è un ex diplomatico inglese con problemi di alcool, assiduo frequentatore delle cantinas di Quauhnahuac. È in questa cittadina che, il 2 novembre del 1938, incontra tre persone che hanno segnato la sua vita.

La prima è l’ex moglie Yvonne, tornata dall’America per vederlo. Si presentano poi il fratellastro Hugh, che sostiene di essere in partenza per raggiungere le brigate internazionali in Spagna (un corpo speciale che lottava dalla parte dei repubblicani nella Guerra Civile del 36-39), e l’amico d’infanzia Jacques, un vanitoso aspirante regista. Uno sgradevole dettaglio unisce le vite di queste persone: sia Hugh sia Jacques hanno avuto una relazione con Yvonne.

Mentre marito e moglie cercano di fare i conti con un rapporto intenso ma deteriorato, qualcosa si muove intorno a loro. In Spagna si combatte la battaglia dell’Ebro ed è chiaro che l’esito influenzerà le sorti dell’Europa intera. Il Messico è a sua volta un luogo incerto, ricco di bizzarri presagi e permeato da una tangibile diffidenza.

Da questi scenari Lowry non trae un significato politico, ma attinge una potente eco simbolica, amplificata dalle suggestioni di una data, il 2 novembre, in cui i morti tornano in vita.

In questo contesto il Console si scopre ostaggio di un dolore infame, dilaniato dall’incapacità di fare l’unica cosa in grado di riscattarlo: perdonare. Il Console non perde però la capacità di bere e così il racconto è filtrato dal suo punto di vista allucinato e barcollante. Questo generale senso di ebbrezza è reso dall’autore anche sul piano stilistico, tramite un notevole impiego di anacronismi e mise en abyme (espedienti che permettono di narrare una storia nella storia).

La compenetrazione tra stile e contenuto è forse l’aspetto più brillante di questo romanzo, in cui la ricerca linguistica non sacrifica l’intento narrativo, bensì lo esalta. I numerosi cambi di prospettiva, la cornice di lettere o cartoline e il flusso di pensieri del Console restituiscono un tempo del racconto in continua alterazione, talora allungato, talora ristretto, ma interamente racchiuso nell’arco di una giornata. Emerge inoltre un curioso concetto di luogo del racconto: tutto ciò che è scritto ha diritto di parola, così, oltre ai personaggi, ci parlano le locandine dei cinema, i cartelli stradali e i menù delle osterie.

¿Le gusta este jardìn?

¿Que es suyo?

¿Evite que sus hijos lo destruyan?

Infine, l’utilizzo di una narrazione non lineare tradisce l’elemento autobiografico di uno scrittore spesso ubriaco: l’abuso di sostanze è descritto con secco realismo e il riflesso sul racconto rispecchia la condizione reale di chi lo ha scritto. Malcolm Lowry ha raccontato la storia del Console e la propria con un unico tratto di penna, trasformando l’alcolismo in una prospera fonte di espedienti letterari da una parte, e nel carattere del protagonista dall’altra.

Il genio letterario si mette poi al servizio di un dramma eterno, quello dell’incomunicabilità tra due persone che si amano, ma che per qualche motivo non riescono più a parlarsi.

E perché io non ho mandato subito un telegramma o qualche parola? Ah, perché, perché, perché? Perché immagino che saresti tornata a tempo debito, se te lo avessi chiesto. Ecco cosa vuol dire vivere all’inferno. Non potevo, non posso chiedertelo.

Pubblicato nel 1947, Sotto il Vulcano riscosse un enorme successo, presentandosi come un instant classic della letteratura del Novecento. Negli anni la fama di questo romanzo è scemata, ma affermare che ciò sia dovuto a un cattivo invecchiamento sarebbe quanto di più sbagliato. Quella di Geoffrey e Yvonne è una storia universale e le sue radici mitiche ne sono la prova. I due vulcani di Quauhnahuac sono infatti oggetto di un mito azteca cui Lowry non accenna esplicitamente, ma che si staglia sullo sfondo del romanzo come una sorta di archetipo.

Lowry è un maestro del simbolismo perché riesce a sfruttare le coordinate temporali e locali del proprio racconto al fine di esaltarne il contenuto. Forse per l’idea di andare al cuore delle cose, sarebbe bene che i lettori di Vulcano leggessero anche Sotto il Vulcano: potrebbero scoprire che questo libro è tutt’altro che dormiente e che il magma si agita ancora minaccioso di una nuova eruzione.

Articolo di Ettore Campana

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