
Donald Trump è appena diventato Presidente degli Stati Uniti d’America per la seconda volta, e a mandato appena incominciato la sua amministrazione mostra già un carattere duro, rigido e pragmatico verso molti delicati temi di politica interna e internazionale.
Ciò emerge dalle prime mosse del governo Trump. Nello specifico, l’amministrazione ha immediatamente avviato con l’ICE (United States Immigration and Customs Enforcement, l’agenzia federale statunitense che monitora la sicurezza delle frontiere e l’immigrazione) una politica di arresti agli immigrati irregolari. Inoltre, in politica estera sembra essere stato significativo il ruolo della nuova amministrazione Trump nel riuscire a raggiungere un accordo sul cessate il fuoco nella Guerra a Gaza, attraverso una collaborazione con i funzionari del governo uscente.
La situazione che si profila da qui ai prossimi quattro anni si può però delineare più chiaramente analizzando i primi discorsi ufficiali dello stesso Trump: veri e propri manifesti delle sue intenzioni politiche e della sua visione dell’America nel mondo.
I punti chiave del discorso di insediamento
Il discorso d’insediamento del 20 gennaio è stato intenso, aprendosi con l’annuncio dell’inizio di una nuova “età dell’oro”. Tra i vari punti toccati, Trump ha enfatizzato la necessità dell’America di avviare un’espansione territoriale, con particolare riferimento al Canale di Panama (di cui si è auspicato il ritorno sotto il controllo statunitense) e alla ridenominazione del Golfo del Messico in “Gulf of America”, il Golfo d’America. Sono invece mancati riferimenti alla Groenlandia e al Canada, frutto di controverse dichiarazioni nei giorni precedenti all’inizio della Presidenza.
D’altro canto, è stato manifestato l’obiettivo di piantare la bandiera statunitense su Marte, strizzando l’occhio agli interessi di Elon Musk e preannunciando ingenti aumenti della spesa nel settore spaziale.
Sull’immigrazione, Trump ha criticato l’amministrazione Biden, rea di aver fallito nell’allocare in modo efficiente gli ingenti fondi destinati al controllo delle frontiere. In risposta a ciò, dopo aver annunciato emergenza nazionale nel confine sud del Paese, ha dichiarato che agirà col pugno duro nel confine, avviando una politica di espulsione degli immigrati irregolari che hanno commesso reati – politica già avviata, come precedentemente osservato – e considerando ufficialmente i cartelli della droga stranieri come organizzazioni terroristiche.
In modo simile, Trump ha annunciato cambi nell’allocazione dei fondi destinati alla salute e all’educazione. Sul tema dell’immigrazione, è di alta importanza la dichiarazione delle intenzioni di eliminare lo ius soli, stabilito dalla Costituzione.
Sempre in materia sociale, Trump ha ribadito che “ci sono solo due gender: maschio e femmina”. Allo stesso tempo, si è sottolineata la necessità di tutelare la libertà di parola e pensiero, intesa in senso ampio, anche controverso, e coinvolgendo indirettamente anche quella legata al mondo mediatico e dei social – fatto enfatizzato dalla presenza delle principali figure del mondo mediatico statunitense.
La posizione dei Repubblicani sul cambiamento climatico è da tempo ambigua e osservante dei soli effetti nel breve termine dell’impatto ecologico nel mondo. Così, non sorprende la posizione assunta da Trump nel suo discorso, secondo cui gli Stati Uniti dovrebbero usare le proprie risorse di petrolio e gas, aumentando le trivellazioni sul suolo statunitense, abbassando i prezzi delle risorse in questione ed eliminando gli incentivi a usare risorse rinnovabili e mezzi più ecosostenibili.
In tema di politica estera, il neopresidente ha dichiarato aumenti di tariffe e dazi per i Paesi stranieri che intrattengono relazioni con gli Stati Uniti. Inoltre, ha affermato che il successo della sua amministrazione si valuterà non solo attraverso le guerre che la nazione vincerà, ma soprattutto dalle guerre che terminerà e da quelle in cui non entrerà mai. A tal proposito, Trump ha implicitamente annunciato che gli Stati Uniti aumenteranno ulteriormente la propria spesa militare per garantirsi difesa e difendere il proprio ruolo di “peacemaker del mondo”, portando unità e pace nel globo.

Trump sembra quindi spingere per un nuovo aumento della partecipazione statunitense negli affari internazionali, frenando la significativa exit strategy promossa da Washington negli ultimi anni in varie aree internazionali, o forse patrocinando un impegno specifico indirizzato nelle aree ritenute più interessanti dagli Stati Uniti.
Sono state assenti menzioni all’assalto al Campidoglio americano del 6 gennaio 2021, nonostante il Presidente abbia dichiarato a più riprese di voler concedere il perdono presidenziale a molti dei manifestanti.
Le parole di Trump al World Economic Forum
Il 23 gennaio 2025, Trump si è espresso in maniera netta anche al World Economic Forum di Davos. Dopo aver comunicato un parere positivo sul futuro della stabilità economica del proprio Paese, il Presidente ha iniziato a parlare di dinamiche internazionali. Ha dichiarato che è necessario diminuire il debito pubblico statunitense, e che a questo scopo saranno significativi i dazi commerciali che pagherà l’Europa. Trump si è detto infastidito dai comportamenti dell’UE, che impone tasse commerciali agli USA e alle aziende americane.
Forte è anche quanto ribadito in tema di Difesa: dopo anni di esortazioni agli Stati Membri della NATO al rispetto della spesa armonizzata del 2% del PIL per ogni Stato Membro, Trump ha alzato la posta, chiedendo agli alleati di spendere il 5% dei propri PIL in Difesa. Su questo, colpisce il commento del Segretario Generale della NATO Mark Rutte, che ha confermato come il 2% non sia effettivamente sufficiente per garantire la sicurezza dei Paesi.
Il discorso di Trump ha anche toccato tematiche internazionali molto delicate. Nello specifico, Trump ha affermato che “metterà fine alla guerra in Ucraina” incontrandosi con Putin – che sembrerebbe acconsentire a suddetto incontro – per risolvere la questione su un piano economico, geopolitico e umanitario. A tal proposito, ha anche esortato un aiuto della Cina come ulteriore mediatore del processo di pace in Ucraina.
Sempre sulla Cina, Trump è dell’intenzione i di difendere le buone relazioni con il Paese e col Presidente Xi Jinping, dimenticando le tensioni commerciali e favorendo la denuclearizzazione – quest’ultimo punto è stato detto anche dei rapporti con la Russia –, riequilibrando i rapporti tra le due maggiori economie al mondo.
Il progresso tecnologico è un fatto che interessa molto l’amministrazione Trump. Al riguardo, a Davos sono stati annunciati ingenti investimenti nel settore dell’Intelligenza Artificiale e delle nuove tecnologie, che renderanno gli USA capitale delle criptovalute e dell’Intelligenza Artificiale nel mondo.
Su un piano prettamente economico-finanziario, spiccano le ambizioni di abbassare i tassi di interesse e i prezzi del petrolio – come richiesto all’OPEC già nel discorso del 20 gennaio. Inoltre, non sono mancate critiche alle politiche economiche dell’amministrazione Biden.
Cosa aspettarsi dai prossimi quattro anni
Da questi due recenti discorsi di Trump, si capisce la direzione che il Presidente intende perseguire. Innanzitutto, emerge tutta la retorica dell’“America First”, per la quale gli interessi politici, economici e sociali degli Stati Uniti vanno messi al primo posto. Questo si traduce in dazi aumentati per i partner stranieri, incentivi per produrre negli USA e una politica che, in generale, mira al perseguimento di vantaggi tangibili per lo Stato, in modo senz’altro pragmatico ma anche destabilizzante.
Resta da capire se si concretizzeranno alcuni punti specificamente critici, in primis per quanto riguarda le stringenti politiche rivolte agli immigrati (che sembrano essere già attuate) e le minacce all’Europa. Gli Stati europei, infatti, dipendono fortemente dagli USA in termini economici e politici, e qualora entrasse effettivamente in esecuzione il meccanismo di tassazione agevolata per le aziende che producono in America, ciò potrebbe causare un aumento di aziende europee che trasferiscono le produzioni negli USA, con conseguenze fortemente negative per l’Europa.
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