
MARRACASH – È FINITA LA PACE

Articolo di Leonardo Donatiello
Quando eravamo piccoli, almeno una volta, tutti abbiamo giocato con le bolle di sapone. Correvamo spensierati nel parco vicino casa a cercare di scoppiarle, tanto fatiscenti, quanto fragili, sperando in fondo che qualcuna si potesse salvare e lasciare il nostro segno su un altro pianeta. Le bolle però non sono solo un tenero ricordo d’infanzia; metaforicamente possono coincidere con tanti aspetti, anche negativi, della nostra società, che in comune con la prima immagine, hanno solo la certezza di scoppiare. “È finita la pace”, il nuovo album di Marracash, è esattamente il racconto di tante bolle pronte a esplodere, di una pace instabile sempre sull’orlo di diventare guerra. Il primo crash è personale, la serenità acquisita da Fabio durante la scrittura del disco, è finita. Il ritorno sulla scena musicale, porterà con sé tutti gli effetti collaterali della vita d’artista, da cui Marracash si era disintossicato. D’altra parte la pace è finita anche per i suoi colleghi rapper, fino a quell’ora chiusi in una bolla di piattume e omologazione fatta di “stesse marche, stessi designer/Stessi orologi, stesse vacanze/Stessi producer e stesse guest/Stessi argomenti, le stesse reference”. Marracash vuole svegliare la scena musicale prendendola a sberle. Schiaffoni che combinano denuncia e sdegno verso il mondo dell’industria musicale, sempre troppo attento ai trend e alle strategie di marketing, più che alla musica. Non è un caso infatti che il disco sia uscito senza nessun preavviso e senza alcuna campagna pubblicitaria, in barba alle regole del mercato. Anche l’orario di uscita, le 7 del mattino, è stato abbastanza inusuale, così come il mese, dicembre, certamente non il periodo migliore per chi vuole entrare nelle classifiche di fine anno o nei wrapped degli ascoltatori. L’anticonformismo di Marracash è evidente anche nel racconto di una terza bolla, quella sociale. Mentre l’immaginario comune tenta di propinarci un modello di uomo perfetto, ricco, di successo e senza vulnerabilità, Marracash decide di dedicare il suo disco a uomini soli, a uomini umili, a uomini schiavi delle proprie insicurezze e delle proprie paure “Quanta gente con vite sbilenche/Come cicche spente dentro un posa’ zeppo”. “È finita la pace” però non è solo un disco nichilista, non è un libro che narra solo vicende instabili o in equilibrio precario. La fine della pace nasconde dietro l’angolo una seconda pace: “la consapevolezza”. Nel caso di Marracash questa è arrivata solo dopo anni di sguardi dentro e di dischi terapeutici come “Persona” e “Noi, loro, gli altri”. Tale cognizione di sé viene donata agli ascoltatori forse nella traccia più simbolica e introspettiva dell’album “Vittima”, brano in cui Fabio ci sprona a prenderci le nostre responsabilità davanti alla vita, senza scuse o giustificazioni che spostino l’attenzione su agenti esterni, sempre pronti a renderci vittime di qualcosa “Nessuno credeva in te, allora ci hai creduto troppo tu/Fino a identificarti in ciò che ti hanno tolto, senza più/Cercare né confronto né conforto/Sostituendo amore col controllo e con lo scontro”. Con quasi una carezza Marracash ci dice di lasciare andare l’odio, la sofferenza e il risentimento, facendo pace con gli altri e con noi stessi. “È finita la pace” è una chiacchierata intensa con una persona che si è presa cura del proprio io, ma anche una mappatura ben riuscita della nostra società, tanto spettacolare quanto labile, pronta a scoppiare come una bolla di sapone soffiata da un bambino.
TONY BOY – GOING HARD 3

Articolo di Leonardo Donatiello
“Delle volte la sera ho visioni sul futuro/Chi è intelligente non è mai sicuro” canta Tony Boy in “Stanza” uno dei brani simbolo del suo nuovo disco “Going Hard 3”. Ha ragione Antonio, chi è stupido non si fa domande, fa le cose perché deve farle. Sembra impossibile una vita senza “perché” ma probabilmente è il vero segreto per arrivare a 80 anni senza patemi e rughe. Del resto la sicurezza è sempre andata a braccetto con la spensieratezza, con la capacità di non farsi influenzare dagli eventi e da tutti i pensieri intrusivi che quotidianamente ci bombardano. “Going Hard 3” è un lungo percorso fra gli emisferi cerebrali di Tony Boy, attraverso una valle di ansia, riservatezza e insicurezza. Il futuro e il tempo in particolare sembrano ricoprire un ruolo importante in tutto il disco “Chissà chi cazzo l’ha inventato il tempo? Che vorrei parlarci/Dovrei chiedergli il perché mi fa andare sempre in ritardo”. La sensazione di rincorrere le lancette dell’orologio è un sentimento tipico della nostra generazione. Ci rende inadeguati, sempre in ritardo rispetto agli altri, sempre messi a paragone con standard di perfezione irraggiungibili. La capacità di Tony sta proprio nel porsi allo stesso livello degli ascoltatori, parlando dei suoi problemi e delle sue paure, riuscendo ad annullare qualsiasi tipo di differenza o gerarchia, che spesso viene rivendicata indirettamente da molti musicisti. Questo scambio di immedesimazione rende la musica di Antonio un sincero tentativo di esprimersi con un mondo che sente le sue stesse cose, e che può dargli forza.
DELICATONI – DELICATRONIC

Articolo di Lorenzo Bogo
Secondo album del quartetto vicentino, dimostra come musicisti capaci e talentuosi siano in grado di reinventarsi quasi completamente, spaziando tra generi molto diversi tra loro, e comunque produrre un disco assolutamente valido che sappia esplorare nuovi suoni e al contempo trasmettere all’ascoltatore l’anima del gruppo.
Delicatronic infatti si scosta notevolmente dalle sonorità che avevano caratterizzato i primi EP e il primo album self titled della band, che andavano sostanzialmente a ricadere nel grande cumulo della musica indie italiana, anche se con importanti influenze jazz. Viene infatti proposta una scaletta che, come potrebbe essere intuibile dal titolo, verte molto più su un sound elettronico, abbandonando piano e sax e abbracciando sampler e sintetizzatori. L’anima indie del gruppo non è persa, e la si ritrova soprattutto nello stile canoro e nei testi, ma essa è accompagnata in larga parte da basi che spaziano nell’ampio genere dell’EDM. Si passa infatti da brani disco-house come Exercizio e Il Sogno, ad altri con sonorità LoFi, quasi ambient, come Jam. Passo dopo Passo invece, con la sua melodia, sembra quasi voler citare da un punto di vista sonoro i Pop X, altro gruppo italiano che ha saputo coniugare la musica indie con l’EDM.
A volte le scommesse ripagano, e sicuramente questo cambio di rotta ha permesso a Delicatoni di farsi riconoscere come band creativa, che non si tira indietro dallo sperimentare e anzi usa diverse sonorità per rendersi identificabile all’interno della scena italiana emergente.
PAVEL MILYAKOV & LUCAS DUPUY – HEAL

Articolo di Gabriele Benizio Scotti
Pavel Milyakov è un artista eclettico che negli anni ha svariato dall’ambient, alla techno, alla trance fino al post-industrial, cercando di rappresentare le atmosfere nei sobborghi di Mosca. Di Lucas dupuy invece si trovano notizie sparse per il web principalmente della sua carriera da pittore e questo sembrerebbe essere il primo disco ufficiale che rilascia. Il disco si presenta come un insieme di brani che spaziano dall’ambient al post-industrial ben amalgamati tra loro, dove le atmosfere letargiche ed eteree ti avvolgeranno delicatamente per tutti i 55 minuti del disco. Il brano più interessante è deep gtr, dove dei suoni ripetitivi ed enigmatici ti accompagnano per 6 minuti dando quella sensazione di straniamento che ogni buon brano ambient dovrebbe darti. Il disco non è un capolavoro e come ogni disco di Milyakov sembra sembra sempre manchi qualcosina, tuttavia questa collaborazione con Dupuy ha dato vita a un progetto interessante, conciso e che inaugura in maniera degna questo nuovo anno musicale
THASUP E MARA SATTEI – CASA GOSPEL

Articolo di Francesco Sossi
Casa Gospel è un album nato dalla collaborazione dei due fratelli Davide Mattei (in arte, Tha Supreme o alternativamente come Yungest Moonstar) e Sara Mattei (nota al pubblico come Mara Sattei). Pubblicato il 13 dicembre 2024, il progetto, molto ambizioso, si propone di raccontare attraverso gli otto brani che compongono l’album, un tema molto caro ai due artisti: la passione per la musica, in particolare la musica Gospel (come suggerisce il titolo). Tha Sup, che in passato ha già dimostrato di essere un grande producer, è riuscito a mescolare sapientemente diversi stili musicali spaziando dal gospel all’hip hop, dall’R&B al jazz, e molto altro. Allo stesso tempo, Mara Sattei mette in luce le sue straordinarie doti vocali, rendendo l’intero album un’esperienza musicale unica. L’aspetto più lodevole è il perfetto connubio tra gli stili dei due artisti, che insieme, hanno dato vita ad un’opera diversa dalle loro precedenti produzioni, ma non per questo meno significativa.
Ulteriormente, il titolo del disco offre una chiave di lettura per comprendere meglio le storie e le emozioni che vengono raccontate nei brani. Sono racconti di famiglia, di crescita personale che, alcune volte, toccano la dimensione religiosa da un punto di vista spirituale. I due cantanti trattano di molti temi quali: la fede; l’incertezza del futuro; le difficoltà della vita; la musica vista come un elemento di sicurezza per i due fratelli. Il disco è ricco dei richiami alla religione protestante, praticata dai due fratelli. Sin dalla prima traccia, Egli è il re, possiamo ascoltare il coro ecclesiastico di Awesome God all’inizio del testo (brando di Rich Mullins). In One King, So che ci sei, si fa esplicito riferimento a Dio, come figura onnipotente, eterna e onnisciente. Mentre, un’altra parte del disco ricopre temi più universali, che permettono all’ascoltatore di immedesimarsi.
In conclusione, per essendo carico di riferimenti religiosi, Casa Gospel non va considerato come un mero “disco cristiano”, in quanto non vengono trattati temi strettamente religiosi. Dio e la fede sono discussi in una chiave filosofica. Certamente, una parte dei fan di Tha Supreme e Mara Sattei potrebbe essere rimasta stupita dall’intonazione religiosa dell’album. Tuttavia, i due cantanti hanno sapientemente integrato la questione religiosa con la dimensione della scena rap. Per esempio, in One King, possiamo leggere un’ironia verso la tendenza dei vari rapper, più o meno famosi, a proclamarsi “re della scena rap”, ma Tha Sup ricorda come “tutti vogliono esserlo, ma guarda che Uno ce n’è”. Per tanto, che siate atei, cristiani, protestanti o di qualsiasi altra religione, rimarrete soddisfatti dal “verbo” di Davide e Sara Mattei.