
Mancano pochi mesi al centesimo anno dalla prima pubblicazione del “Corano della fede e della guerra”, così definito da Winston Churchill; eppure, il Mein Kampf rimane uno dei libri più famosi al mondo. Nonostante il comprensibile rigetto da parte dell’Occidente, la sua presenza nella sfera di estrema destra non è mai vacillata, ha preso addirittura sempre più piede in alcuni Paesi mediorientali, dove comunque rimane controversa la sua definizione di best seller. Il suo ritorno in auge è avvenuto nel 2016 quando, allo scadere dei diritti d’autore, il Mein Kampf è tornato ad essere distribuito in Germania, ad opera Istituto di Storia di Monaco, vendendo migliaia in un anno.
Hitler iniziò a scrivere il Mein Kampf nel carcere di Landsberg am Lech, dove, insieme ai suoi seguaci, fu rinchiuso in seguito al fallimentare attentato del 9 novembre 1924.
Infatti, il futuro dittatore tentò di rovesciare la Repubblica Tedesca con il “Putsch della birreria”, utilizzando l’attentato come mezzo di propaganda nazista. Prima di questo colpo di Stato, Hitler era praticamente sconosciuto; si guadagnò così la sua fama. Venne condannato a 5 anni di reclusione, scontandone però appena nove mesi. Con la pubblicazione del Mein Kampf, Hitler sperava non solo di guadagnarsi da vivere, ma anche di ottenere un mezzo utile a poter diffondere le sue idee radicali, prendendo di mira quelli da lui definiti i “traditori della Germania e dei tedeschi”.
Nei mesi trascorsi in carcere, Hitler dettò il contenuto del suo libro ai suoi compagni di cella Emil Maurice e Rudolf Hess, ispirandosi a un’opera in quattro volumi di Henry Ford del 1920, dal titolo L’Ebreo Internazionale, dai forti toni antisemiti. L’editore che pubblicò il libro fu Max Amann, che fondò quattro anni la Franz Eher Nachfolger Verlag, casa editrice chiave della propaganda nazista, che aveva già pubblicato il pamphlet e le brochure del partito. Nel 1925 e 1926 vennero pubblicati i due volumi del Mein Kampf. Il primo era un’autobiografia esponitiva delle idee politiche del Führher dal titolo “Eine Abrechnung”, ovvero “un bilancio”. Al suo interno erano contenuti ricordi della vita di Hitler, compresi l’infanzia a Branau, gli anni a Vienna e i traumi causati dalla Grande Guerra. Il secondo era, invece, un’orazione nazionalsocialista, dal titolo Die Nationalsozialistiche Bewegung, “il movimento nazionalsocialista”.
Il Mein Kampf fu uno dei libri più venduti del ‘900; tra il 1925 e il 1945 fu tradotto in diciassette lingue e distribuito in oltre venti paesi; nel 1945, la “Bibbia del nazismo” raggiunse oltre le 12 milioni di copie vendute. La sua prima edizione, del 1925, però, non fu un grande successo; vendette a malapena 10 mila copie. Le sue vendite crollarono subito dopo, prima di prendere una svolta nel 1930, quando i nazisti iniziarono ad ottenere consensi in parlamento.
Negli anni ‘30 la diffusione del Mein Kampf divenne capillare su tutto il territorio tedesco. Copie del libro venivano regalate a chi si sposava, a chi raggiungeva la pensione e persino a chi otteneva una promozione sul posto di lavoro. L’anno di picco di distribuzione del Mein Kampf fu proprio il 1933, anno in cui Hitler divenne cancelliere e in cui furono vendute oltre un milione di copie del libro. Tramite strategie di marketing aggressive, il Mein Kampf fece pressioni sul pubblico, sulle istituzioni e sulle organizzazioni per il suo acquisto; a spingere le vendite, inoltre, è stato la continua celebrazione alla vita di Hitler, che passò da comune soldato a divinità politica agli occhi dell’opinione pubblica. Grazie alla percentuale sulle vendite, Hitler si arricchì parecchio, diventando così più che benestante.
La primissima edizione italiana del Mein Kampf apparve nelle librerie il 15 marzo 1934, sotto la casa editrice Bompiani.
Ne era stata pubblicata una versione abbreviata, e più digeribile per un pubblico straniero; con il consenso di Hitler, si fece un riassunto della prima parte, pubblicandone integralmente la seconda, con una prefazione inedita di Hitler, per un totale di 430 pagine.
Molte sono le idee di Hitler esposte nel suo libro. È, ovviamente, presente la falsa questione del “pericolo ebraico”, secondo la quale circola nella comunità ebrea l’intenzione di ottenere dominio sul mondo. Inoltre, l’autore sostiene come la storia dell’umanità sia un susseguirsi di lotte per la supremazia tra “razze”, che si concludono costantemente in guerre, e perciò la supremazia dei più forti. La razza “ariana”, per Hitler, è l’unica ad essere legittimata a dominare sulle altre.
Viene anche descritta la pericolosità delle idee marxiste, designate come uno dei “veleni più letali”. Inoltre, sostiene che la Germania, dopo la privazione di territori essenziali alla sua prosperità a causa del Trattato di Versailles, debba estendersi sempre di più ad est. Infine, esprime la necessità di una crescita demografica da parte del popolo tedesco. Il Mein Kampf, perciò, contiene tutti i pilastri sui quali si basava il nazismo della Germania degli anni ‘30: antisemitismo, razzismo, e conquista dell’Europa dell’est.
Con amara ironia, è stato proprio un traduttore di origine ebrea a prendere parte alla pubblicazione in italiano del libro di Hitler. Angelo Treves, infatti, tradusse oltre sessanta opere nella sua carriera, tra le quali proprio il Mein Kampf. A causa della sua discendenza, il suo nome non venne esposto sulla copertina dell’edizione da lui tradotta; a rendere noto il suo coinvolgimento fu Valentino Bompiani, che parlò di lui nella sua autobiografia. Non si ebbe più traccia di Angelo Treves e di sua moglie dopo il 1942.
Dopo il suicidio di Hitler, una nuova era politica prese piede in un’Europa stremata da una sanguinosa guerra pluriennale; perciò, gli europei si allontanarono chilometricamente dall’ideologia nazista e fascista degli anni precedenti. La pubblicazione del Mein Kampf venne dichiarata fuorilegge; la Baviera cercò il più possibile di vietarne la circolazione, ma nonostante questo continuò a essere ripubblicato in molti paesi. In Italia, il Mein Kampf tornò a circolare durante l’insurrezione dei gruppi extraparlamentari degli anni ‘60.
Il 31 dicembre 2015 i diritti sul Mein Kampf sono definitivamente scaduti, ed il libro è diventato di dominio pubblico, 70 anni dopo la morte del dittatore tedesco.
Infatti, Monaco di Baviera ne ha detenuto i diritti per 70 anni, in quanto ultimo posto in cui ha risieduto Hitler. La Baviera ne ha negato la ripubblicazione per tutti i 70 anni, nonostante, formalmente, non fosse illegale, al contrario della svastica e del saluto nazista. La scelta categorica di non ripubblicare il libro, però, non ne ha fermato la diffusione, in quanto facilmente rintracciabile online.
Per affrontare la prima ripubblicazione in Germania del Mein Kampf dal 1945, l’Institut für Zeitgeschichte di Monaco decise di pubblicare una versione critica del libro tramite la collaborazione con storici ed esperti. La speranza era di, tramite la pubblicazione di un’edizione critica, contestualizzare e smentire le inesattezze contenute nel testo originale del libro di Hitler. Infatti, Hartmann dichiarò di aver sottolineato tutte le bugie e le mezze verità scritte da Hitler, così da smantellarne definitivamente il suo potere simbolico.
Nel 2012 il progetto di ripubblicazione fu approvato, e furono incaricati a dirigere i lavori proprio Christian Hartmann, Thomas Vordermayer, Othmar Plöckinger e Roman Töppel. Nel 2013 la stampa del libro è stata bloccata in attesa della scadenza effettiva dei diritti del libro. La prima tiratura di 4 mila copie andò esaurita il primo giorno; in un anno, furono vendute 85 mila copie del libro, nonostante le 1948 pagine, le 3500 note, e i 59 euro di prezzo.
A pari passo con la Germania, anche in Italia ci si è posti la questione della modalità più adatta alla ripubblicazione del Mein Kampf. Nel 2016 sono comparse due nuove edizioni del libro: una edita dalla casa editrice di estrema destra Thule, l’altra da parte del quotidiano Il Giornale, che ha distribuito il Mein Kampf in edicola, scatenando l’ira l’opinione pubblica.