Del: 25 Gennaio 2025 Di: Chiara Cardella Commenti: 0

Small Things Like These, diretto da Tim Mielants, è la storia di oltre 56.000 giovani donne, nubili o rimaste incinte, che dal 1922 vennero incarcerate a vita nelle cosiddette “Magdalene House” in Irlanda, e che rimasero aperte sino al 1998 per scopi di “penitenza e riabilitazione”.

Basato sul romanzo Piccole cose da nulla di Claire Keegan, è una storia su come le persone creano e mantengono il controllo: la rete di potere qui è intessuta dalle suore, che attraverso la propria autorità soggiogano tutti alla loro volontà. In queste case le donne venivano sfruttate e vivevano come in uno stato di vera e propria schiavitù: erano soggette a lavoro forzato, punizioni corporali, malnutrizione, lasciate in isolamento; quando un bambino nasceva veniva loro sottratto e venduto ad altre famiglie. Le condizioni erano tanto miserevoli che portarono alla malattia, morte o suicidio di queste.

Il film ci racconta questa storia attraverso il punto di vista di Bill Furlong, carbonaio, interpretato da Cillian Murphy. L’attore, che già si era contraddistinto per la capacità di trasmettere il tormento psicologico del protagonista attraverso le mimiche facciali, ancora una volta ci sorprende trasmettendo con autenticità il conflitto interiore di un uomo che cerca di fare la cosa giusta, nonostante l’ostilità e l’omertà di chi lo circonda. 

Molti lo mettono in guardia dal voler indagare su quello che avviene all’interno del convento, tanto che la moglie stessa gli dice che se vuole andare avanti in questa vita, ci sono cose che deve ignorare. La corruzione è così radicata che anche Suor Mary (interpretata da Emily Watson), responsabile del convento, arriva a minacciarlo dell’istruzione delle figlie – un sistema controllato dalle stesse suore – e tenta persino di corromperlo con una cospicua ricompensa in denaro. Ma è davvero giusto ignorare quello che stava succedendo? Bill non si dà pace. Il film è incentrato sul suo personaggio, i suoi ricordi, la sua lotta interiore. Attraverso continui sbalzi temporali tra il presente e il passato capiamo che Bill non può più rimanere indifferente. Non riesce a spiegarsi come sua madre avesse ricevuto sostegno da una donna protestante che l’aveva accolta e come invece ora queste ragazze siano trattate in maniera così disumana dalle suore. Rimane così sempre più turbato: a partire dalla prima scena in cui vede dall’interno del deposito una ragazza di nome Sara costretta dalla madre a entrare nel convento, poi al momento in cui lui stesso entra nel convento per farsi pagare e una ragazza di nascosto gli chiede aiuto e lo supplica di essere portata al di là del fiume. È così che un giorno decide di recarsi prima rispetto al solito al convento, per consegnare del carbone. Ma aprendo la porta del deposito ritrova Sara, che era stata legata e lasciata lì in isolamento. Da qui le vicende seguono Bill nella crescente difficoltà di scegliere se agire o restare inerme al dominio delle suore.

La storia è costellata da molte immagini simboliche. Il carbone ha un’importanza cruciale nella narrazione, forte immagine del peso della situazione che la città sta vivendo: Bill trasporta il carbone sulla schiena, le mani sono annerite dalla polvere del carbone, che strofina ogni sera prima di ricongiungersi con la famiglia per pulirsi dallo “sporco” della città, anche la giovane donna che trova al convento è cosparsa di polvere, a rappresentare il senso di prigionia e di forte corruzione del luogo.

La regia adotta spesso inquadrature che sembrano spiare i personaggi dall’esterno: da finestre, porte socchiuse o corridoi, evocando la sensazione opprimente di essere sempre sotto l’occhio vigile di un sistema depravato.

È altrettanto significativo il gioco tra luce e ombra: la casa è sempre buia, con una sola stanza illuminata alla fine di un corridoio oscuro, ad eccezione delle stanze in cui sono presenti le ragazze, unica parte rimasta pura e fuori dagli “sporchi” meccanismi di potere e omertà.

Small Things Like These è un film che ci costringe a riflettere su quanto sia facile ignorare l’ingiustizia quando si è protetti dalla propria comodità e lascia lo spettatore a interrogarsi sulla propria responsabilità di fronte alle ingiustizie del mondo, ricordandoci che, a volte, anche un piccolo gesto può essere un passo avanti verso il cambiamento.

Chiara Cardella
Studentessa di Lettere, appassionata di lettura e scrittura. Amante dei viaggi e della scoperta di cose sempre nuove, sogno di trasformare la mia curiosità in una carriera giornalistica. Credo che ogni storia meriti di essere ascoltata e condivisa.

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