Del: 26 Febbraio 2025 Di: Edoardo Fazzini Commenti: 0
Le risposte della Cina alle politiche aggressive di Trump

La seconda amministrazione Trump non ha aspettato a farsi sentire sul piano internazionale e già dai primi giorni ha dato vita a una fitta rete di politiche commerciali rivolte verso tutto il mondo. In questo modello, la Cina è al primo posto tra i Paesi da ostacolare. Trump percepisce la forza politica ed economica della Cina di Xi Jinping e, per questo, crede che instaurare un modello di dazi sia l’unico modo per ostacolare gli interessi cinesi e la loro espansione economica.

La risposta di Pechino è stata immediata: dazi alle merci statunitensi in arrivo in Cina e sviluppo di metodi di sostegno alle imprese cinesi. Xi Jinping risponde in modo deciso a Trump, in uno scenario stabile ma potenzialmente prossimo ad aumenti di tensione.

L’aggressività dell’amministrazione Trump verso la Cina

L’amministrazione Trump ha imposto dazi del 10% sulle merci cinesi

Ufficialmente motivati come legati alla diffusione del fentanyl negli USA e all’assenza di ostacoli concreti da parte della Cina – fatto assolutamente primario in termini di gravità, visti gli ingenti numeri di morti di overdose a causa di questa sostanza – i dazi sono però soprattutto uno strumento di politica estera ed economica volto a mostrare che gli Stati Uniti sono tornati e fanno sul serio.

Questa politica non ha nulla di nuovo: già durante la sua prima amministrazione (2017 – 2021) Trump aveva operato un’analoga politica che aveva portato a una vera e propria escalation, aumentando l’attrito nel settore del commercio tra i due Paesi, anche viste le sempre immediate risposte cinesi alle mosse statunitensi. 

Va osservato che per la Cina questa lotta commerciale fatta di tassazioni reciproche sulle merci è più svantaggiosa rispetto a quanto non lo sia per gli Stati Uniti, visto il suo maggior volume di export. Resta il fatto che le azioni in politica commerciale possono essere viste come un avvertimento, se non un primo passo verso azioni più grandi, nel tentativo di rafforzarsi riducendo la forza del nemico. 

Inoltre, gli Stati Uniti si mostrano come ufficialmente determinati a frenare «le pratiche economiche abusive, sleali e illegali della Cina» e a contrastare gli sforzi di Pechino nell’ottenere risorse tecnologiche di provenienza statunitense per progredire nel settore militare. Queste dichiarazioni ufficiali mostrano come Washington veda le proprie relazioni con la Cina in chiave nettamente competitiva.

Parallelamente, la 47esima amministrazione statunitense mantiene aperte le porte del dialogo, basandosi su una relazione personale dichiaratamente positiva e di stima di Trump nei confronti di Xi Jinping 

Le risposte della Cina di Xi

La risposta dell’amministrazione cinese al manifesto aumento dell’assertività statunitense è arrivata fin da subito. Xi Jinping conosce le conseguenze che hanno le politiche di dazi e “contro-dazi” sul piano del commercio e, soprattutto, della politica internazionale perché una situazione analoga si era già creata durante la prima amministrazione Trump, come già menzionato. 

A seguito dell’imposizione di dazi del 10% su tutte le merci cinesi importate negli Stati Uniti, la Cina ha risposto introducendo dazi del 15% su gas naturale e carbone e del 10% su petrolio, autovetture potenti e macchine agricole. 

È rilevante come durante la campagna elettorale, Trump affermò di voler innalzare i dazi sulle importazioni cinesi fino al 60% – scelta senz’altro di propaganda mediatica, ma che comunque colpisce e fa capire la portata retorica e politica della tensione tra i due Paesi.

La Cina ha spinto anche sul piano della tecnologia per difendere il proprio ruolo di unico reale competitor degli USA nel settore.

Su questo fatto, è rilevante la convocazione di Xi dei rappresentanti delle maggiori aziende tech cinesi, avvenuta lunedì 17 febbraio, in risposta all’accrescimento della collaborazione tra Trump e i vertici delle big tech statunitensi. 

Al vertice erano presenti, tra gli altri, i dirigenti dell’azienda d’IA Deepseek, di Huawei e Xiaomi, della casa automobilistica Byd, della società di telecomunicazione Tencent e, soprattutto, il leader di Alibaba Jack Ma riabilitato dopo essere stato messo alle strette dalla leadership Partito Comunista Cinese a seguito di critiche a questo. La Cina sembra rimettere al centro dei propri progetti le società private tecnologiche, puntando ad aprire una nuova era per il Paese. 

Xi Jinping ha l’obiettivo di dare impulso all’economia cinese passando per l’intelligenza artificiale e la tecnologia, rilanciando le imprese private, sfruttando tutto il loro potenziale sia collaborando con esse sia mettendole in contatto tra di loro e contrastando le minacce all’economia cinese costituite dagli ostacoli alle esportazioni del Paese – importantissime se si considera che la Cina è, per distacco, il Paese che esporta di più al mondo 

Relativamente a ciò, va detto che un nuovo lancio del mondo privato potrebbe potenziare l’economia cinese creando un nuovo sistema di start-up e un nuovo mercato del lavoro capace di attrarre investimenti interni e stranieri. Così, Xi punta a mollare la presa sul privato rispetto al passato, intervenendo progressivamente sulle norme altamente restrittive e sulle misure di controllo che avevano rallentato la crescita del Paese.

I possibili esiti di un aumento della competizione

Seppur con una reazione significativa, il governo cinese ha mantenuto una relativa calma di fronte alle mosse di Trump. Questo si spiega col fatto che la Cina e gli Stati Uniti vorrebbero a raggiungere un accordo che blocchi ulteriori aumenti di dazi e che mantenga le relazioni reciproche intatte.

D’altro canto, seppur ciò sarebbe più complesso, la Cina potrebbe sfruttare l’aumento di attrito tra USA e Unione Europea per mostrarsi all’Europa come un partner ancora più attrattivo, vista la stabilità e la calma – quantomeno di facciata – manifestati sul piano internazionale. 

La Cina è già il primo partner commerciale della maggior parte dei Paesi del mondo, dominando i mercati di gran parte dell’Africa, del Sud America e, soprattutto, dell’Asia; con questa mossa, il Paese potrebbe sfruttare l’irrequietezza statunitense a proprio vantaggio, presentandosi al mondo come il vero grande punto di riferimento del commercio internazionale.

Ciò che è certo è che ora la Cina punta ad adattarsi agli Stati Uniti con nuove strategie volte a contenerli, sfruttando il settore privato. È la fine della politica «invest, align, and compete» usata durante l’amministrazione Biden per incentivare la competizione ma anche una maggiore collaborazione e l’investimento in suolo statunitense. 

Al suo posto, si fa strada un nuovo modello competitivo che fa leva sul privato, sulle nuove tecnologie e sulla diversificazione economica, potenzialmente vincente nel lungo termine.

La Cina si sta avvicinando anche ai Paesi dell’Indopacifico storicamente più legati agli USA, come Australia, Giappone e Corea del Sud, e anche con l’India i progressi nel miglioramento delle relazioni sono notevoli. 

Di fronte a un futuro incerto che sarà plasmato in base alle future scelte strategiche di Cina e Stati Uniti, a garanzia della stabilità delle relazioni internazionali, bisogna sperare che quello dei dazi reciproci non sia altro che un mezzo di rafforzamento dei propri interessi, e non un primo step di un vero e proprio aumento delle tensioni che possa portare a una trappola di Tucidide tra Cina e USA. La risposta a questo quesito arriverà nel futuro e sarà potenzialmente decisiva per l’intero sistema internazionale.

Edoardo Fazzini
Sono uno studente di Scienze Internazionali e Istituzioni Europee presso l’Università degli Studi di Milano, amante delle tematiche geopolitiche internazionali e dell’informazione scientifico-politica.
Penso che concretizzare la mia passione sia qualcosa di bello, perché di fronte a crescenti sfide l’informazione deve progredire, e solo conoscendo la realtà e diffondendo quanto si apprende si può immaginare un futuro migliore.

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