Del: 21 Febbraio 2025 Di: Michele Cacciapuoti Commenti: 0

Dopo le gravi boutade espansionistiche di Trump, pronunciate a gennaio su Panama, Golfo del Messico, Canada e Groenlandia, Marzio Taccetti ha scritto che «potrebbe scoppiare una nuova Guerra del Whisky».

Di che cosa si tratta?

Proprio fra due dei bersagli del presidente americano, Canada e Groenlandia, scorre il Canale di Kennedy: nel 1973, all’interno dell’ONU venne stabilito con un trattato il confine marittimo e fra le piattaforme continentali che separano i due territori, passando in mezzo a questo canale.

In quel momento, il Canada (ex-dominion britannico) era de facto sovrano da circa quarant’anni, anche se per ancora un decennio il Regno Unito avrebbe detenuto il potere di emendarne la costituzione; per la Groenlandia, la storia è un po’ più complicata e richiama il meccanismo della matrioska.

Alla fine del Medioevo, con l’Unione di Kalmar la regina danese Margherita I riunì le corone di Danimarca, Svezia (che includeva la Finlandia) e Norvegia (che da qualche secolo includeva Groenlandia, Islanda e le isole Fær Øer, oltre che per breve tempo le isole Orcadi e Shetland). Nel Cinquecento, la Svezia si separò (e a sua volta se ne sarebbe separata la Finlandia, passando attraverso la Russia), lasciando soltanto un’unione personale fra Norvegia e Danimarca.

Dopo gli scontri settecenteschi della Grande Guerra del Nord, nel primo Ottocento le Guerre Napoleoniche portarono al Trattato di Kiel, che fece traslare la Norvegia dall’unione con la Danimarca a quella con la Svezia (da cui si sarebbe separata solo nel 1905).
Tuttavia, la Danimarca mantenne gli ex-possedimenti norvegesi di Islanda, Groenlandia e Fær Øer: la prima avrebbe ottenuto l’indipendenza con la Seconda Guerra Mondiale, mentre le altre due fanno tutt’oggi parte del reame danese.

Nel 1973, dunque, a concordare il confine con il Canada fu la Danimarca, la quale avrebbe concesso qualche forma di autonomia alla Groenlandia di lì a poco.

Il trattato, tuttavia, non chiariva l’appartenenza di un’isola sita in mezzo al Canale di Kennedy, l’Isola Hans: così chiamata in onore dell’esploratore groenlandese Hans Hendrik, ha una superficie di poco più di un chilometro quadro (circa quanto Palmarola in Lazio) e – seppur storicamente patria di alcune comunità inuit – oggi è disabitata.

Dieci anni dopo, nel 1983, Canada e Danimarca si accordarono per una generale cooperazione ambientale nell’area; l’azienda canadese Dome Petroleum, tuttavia, stava già svolgendo alcune esplorazioni scientifiche sull’Isola Hans, come avrebbe rivelato poco dopo il giornalista canadese Kenn Harper (sostenendo la causa groenlandese).

Non solo: nel 1984, l’esercito canadese issò la propria bandiera sull’isola, lasciando una bottiglia di whisky (Canadian Club). Poco dopo, dunque, il governo conservatore danese issò sull’isola la bandiera della Danimarca, lasciando a sua volta una bottiglia di Schnapps, un’acquavite locale (o, secondo la CBC, una bottiglia di brandy). Da queste azioni prese piede il nome di Guerra del Whisky.

La TV2 danese riporta che questo secondo atto avvenne a luglio 1984, datazione che non permette di collocare l’atto canadese prima o dopo le dimissioni del premier liberale Trudeau Sr., a giugno dello stesso anno (cui comunque seguì un altro governo liberale); tuttavia, la CBC, l’Enciclopedia Canadese e l’Arctic Yearbook parlano della spedizione danese come primo atto.

Lo scambio di bandiere e bottiglie proseguì negli anni successivi; la Danimarca avrebbe inviato alcune navi della Corona fra gli anni Novanta e Duemila, come la Agpa (menzionata solamente su forum e social senza fonti), la Vædderen e forse la Triton. Nel 2005, con i Liberali nuovamente al governo in Canada, il ministro della difesa Graham visitò personalmente l’isola.

Una soluzione apparve all’orizzonte quello stesso anno, quando il ministro degli esteri dello stesso governo canadese (Pettigrew) e il suo omologo conservatore danese (Møller) si incontrarono all’ONU, aprendo a delle trattative ed eventualmente al deferimento alla Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU. Pettigrew, comunque, sosteneva i diritti canadesi sull’Isola Hans.

Poco dopo, nel 2009, la Danimarca concesse maggiore autonomia e autogoverno alla Groenlandia, senza che quest’ultima cessasse di far parte del reame danese, che dunque continuò la trattativa con il Canada. Nel frattempo, le due nazioni iniziarono una collaborazione meteorologica sull’isola e alcuni negoziatori proposero di dividerla in due (invano).

Solo nel 2018 il governo liberale di Trudeau Jr. (oggi dimissionario) e quello conservatore di L. L. Rasmussen hanno annunciato una task force congiunta per risolvere la questione, sospendendo in seguito i permessi minerari. A far accelerare il processo è stata l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, che ha rinsaldato i rapporti fra i due Paesi: per il Washington Post, «La guerra in Ucraina porta la pace – fra Canada e Danimarca», con una «salomonica» divisione dell’isola fra il 60% danese e il 40% canadese.

L’accordo è stato ratificato nel 2023 dal parlamento danese (dalla maggioranza socialdemocratica della premier Frederiksen ma anche dall’opposizione).

Che cosa rimane oggi di questa storia?

La Guerra del Whisky è stata a lungo considerata quasi una barzelletta, una mera curiosità da Facebook o Instagram, una non-guerra su cui scherzare (alla stregua delle guerre dimenticate “aperte” per secoli, o della storia poco attendibile sull’esercito del Liechtenstein che torna con un uomo in più).

Per certi versi, può essere vista così: una competizione ironicamente sciovinista fra chi ha il distillato migliore (whisky acquavitehanno un etimo analogo, fra l’altro), un bonario campanilismo. L’effetto potrebbe persino essere positivo: esorcizzerebbe e sfogherebbe le pulsioni nazionaliste, incanalandole in qualcosa di innocuo un po’ come farebbe il calcio; una partita di Risiko su un isolotto disabitato, a dimostrazione lennoniana dell’artificiosità dei confini e dunque di quanto sia ridicolo l’irredentismo.

Eppure, come il tifo sportivo talvolta sa essere molto poco bonario, così questo tipo di competizione può invece essere vista negativamente: può edulcorare, normalizzare, far familiarizzare con il pensiero imperialista ed espansionista, magari rivelando sì l’artificiosità dei confini fatti a tavolino, ma in un’ottica che ne accetta strategicamente l’arbitrarietà.

Un po’ come i meme sulla necessità di riconquistare Fiume (senza giungere a demonizzare quelli sull’Impero Romano), questo tipo di concorrenza – nel momento in cui sulla politica si affacciano volti come quello di Trump, con la sua infantile gara al bottone più grande con Kim Jong-un – avrebbe davvero un effetto depotenziante, o piuttosto legittimante?

Inoltre, anche su obiettivi innocui e poco strategici si può riversare violenza, come la Prima Guerra Mondiale ha dimostrato.

La nostra generazione e i social hanno conosciuto la Guerra del Whisky nello scorso decennio, quando era ormai avviata la risoluzione a sforzi congiunti, ma prima è stata vissuta in modo molto più serio.

L’Isola Hans (non distante dalle rotte del Passaggio a Nordovest e da zone strategiche a livello nucleare nella Guerra Fredda) è stata contesa soprattutto per il possibile sfruttamento di risorse naturali, con spedizioni scientifiche contrapposte fra Canada e Danimarca – anche se il National Post nega la sua strategicità.

Quando nel 2005 il ministro canadese Graham visitò l’isola, il governo locale (e separatista) della Groenlandia la definì un’occupazione. Lo stesso anno, ebbe ragione il premier danese A. H. Rasmussen a parlare di una guerra per cui «Non c’è spazio in un mondo moderno e internazionale» e altrettanta ragione ebbe il suo governo a definire «infantile» il vicendevole abbattimento delle bandiere fra due alleati NATO – mentre oggi si discutono le implicazioni dell’uso dell’esercito sulla Danimarca ventilato da Trump, in sprezzo del Patto Atlantico.

Inoltre, nonostante il maggior ruolo concesso al governo locale groenlandese nelle trattative (in ragione della sua accresciuta autonomia), che a dibattere dei confini tracciati a tavolino a fini estrattivi siano due governi lontani entrambi circa 4000 km aggiunge un tocco colonialista alla competizione espansionista. La copia originale dell’accordo del 2022 è stata collocata in Groenlandia, ma il riconoscimento agli Inuit implicato dal trattato è considerabile «più simbolico che pragmatico».

In ogni caso, il fatto che questa non-guerra si sia svolta tramite esplorazioni concorrenti e abbattimenti di bandiere al posto delle armi non la qualifica come pacifica: una quasi-guerre si trova sì nello spazio intermedio fra pace e conflitto, ma verso quale dei due si muove?

In altre parole, se f(g(x)) non equivale a g(f(x)), allora non si può far passare una bellicosa diplomazia per un conflitto svolto molto diplomaticamente.

Michele Cacciapuoti
Laureato in Lettere, sono passato a Storia. Quando non sto guardando film e serie od osservando eventi politici, scrivo di film, serie ed eventi politici.

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