
Un capitano vestito di nero, affiancato dal suo bianco luogotenente; dietro di loro, uno stuolo di archibugieri e una bambina a mo’ di mascotte; dietro ancora, sullo sfondo, il buio più pesto.
È la Ronda di notte, celebre tela dipinta nel Seicento dall’olandese Rembrandt, su commissione del capitano di questa stessa compagnia, il futuro borgomastro di Amsterdam. Lo spirito che sembra racchiudere (fra la necessità della giustizia fai-da-te e la logica di squadra) ha attraversato i secoli, arrivando intatto fino a oggi.
Due anni fa, Vulcano Statale ha affrontato il fenomeno di alcune piattaforme social (specialmente la pagina Instagram Milano Bella da Dio) dedite anche alla pubblica denuncia delle problematiche percepite come rappresentative del “degrado” e della “insicurezza” della città di Milano: già allora il topos ricorrente era quello degli scippi e in particolare di uno specifico gruppo di “borseggiatrici” attivo soprattutto su alcune linee della metropolitana.
Senza alcuna simpatia per queste ultime (dato che i diritti prescindono da quanto odiose riteniamo, ovviamente, le azioni del reo), avevamo sottolineato un brulicante sottobosco di commenti discriminatori (in senso sessista e razzista) e soprattutto di natura violenta, talora auguri di morte e talora meno velate minacce.
Questi commenti, soprattutto quelli più vicini all’organizzazione di vere e proprie ronde punitive, erano in realtà già comparsi negli anni precedenti in riferimento a un altro problema percepito come ormai endemico a Milano: le cosiddette baby gang, anch’esse spesso apparentemente composte da persone di origine straniera.
«Quando organizziamo una simpatica crociata contro i maranzelli?» e «Organizziamo un raid punitivo?» erano alcuni dei commenti che avevamo raccolto.
Da allora sono passati due anni: Milano Bella da Dio è cresciuta ulteriormente, radicandosi nei circuiti mainstream e portando avanti un’operazione – già allora in atto – di moderazione, nel duplice senso di maggior controllo della sezione commenti e di miglior resa dell’effettiva varietà di posizioni e interessi dei gestori della pagina (non appiattite sulla crociata contro le “borseggiatrici”). Va dunque ribadito, a maggior ragione, che la responsabilità ultima di quei commenti stava e sta nei loro autori, da non identificare nei gestori della pagina.
Tanto più che, più della singola piattaforma, interessa il fenomeno sociale evidenziato: il rondismo, se si passa la decontestualizzazione di questo termine letterario. L’idea che questi casi (anche sistematici) di criminalità stiano realmente seguendo una progressione esponenziale ed emergenziale, fatto che giustificherebbe misure repressive draconiane da parte dello Stato e – in assenza di queste – l’auto-organizzazione di ronde di privati cittadini.
Ma non solo vigilantismo e giustizia fai-da-te: c’è anche l’idea che queste ronde debbano essere punitive, personali, vendicative, delle Strafexpedition. Sul mutuo sostegno prevalgono le logiche territoriali, di quartiere e, infine, di branco.
Neanche tre settimane fa, la piattaforma d’informazione giovanile VD News ha pubblicato un reportage su un’altra pagina Instagram, Articolo 52, che con l’annesso canale Telegram ha iniziato a organizzare spedizioni punitive molto più reali.
Nel «video-manifesto», si vedrebbe un’aggressione ai danni di un giovane apparentemente di origine straniera («Maranza viene catturato», sarebbe il titolo).
Secondo VD News, il canale Telegram avrebbe raggiunto in un paio di giorni quasi 2.000 membri, mentre dopo altri due giorni il Corriere della Sera parlava di persino 14.000 persone. Il sindaco Sala (nei giorni in cui sussumeva la delega alla sicurezza) ha condannato l’accaduto, sottolineando la competenza delle forze dell’ordine nell’ambito della giustizia. In effetti, anche i commenti di cui parlavamo nel 2023 esplicitavano spesso la necessità di agire al di fuori della legge, come del resto – sempre secondo VD News – avrebbero fatto gli organizzatori di Articolo 52 in una riunione online.
Le due testate parlano anche di una raccolta fondi attivata per l’acquisto di attrezzature varie e spray al peperoncino, mentre il Corriere riporta che Instagram ha oscurato la pagina il 12 marzo: questa (così come il canale Telegram) risulta scomparsa, ma non è difficile rintracciarne alcune versioni più recenti dedicate a Milano, Genova (dove è già stata indetta una spedizione per il 29 marzo), Como e Bergamo (ma qualcosa di in parte analogo era già nato anche a Monza).
Nel frattempo le indagini delle forze dell’ordine proseguono, con l’avvenuta individuazione di alcuni degli organizzatori.
Questi fenomeni hanno un colore politico?
Come nel 2023, registriamo che spesso i commenti di chi appoggia queste azioni si riferiscono all’immaginario storico della destra; la sezione bergamasca di Articolo 52 (a dire il vero forse autonoma: è nata già a febbraio) ha pubblicato per il momento un’ambigua saetta, uno striscione per la “remigrazione” e un manifesto della Prima Guerra Mondiale contro l’invasore straniero. Lo stesso nome Articolo 52 richiama la difesa costituzionale della patria.
Del resto, teorico esplicito delle ronde cittadine è stato sin dai primi anni Duemila il politico leghista Mario Borghezio, ottenendone nel 2009 un riconoscimento istituzionale con un decreto-legge del governo Berlusconi IV, pur con alterne fortune e contestazioni; nel 2018, il giornalista Paolo Berizzi annoverava questo rondismo fra le radici del «fascioleghismo».
Per tornare al tema delle “borseggiatrici”, la scorsa estate Salvini ha promosso la controversa rimozione (tramite il ddl Sicurezza) di alcune tutele per madri e donne incinte (apparentemente sfruttate come cavillo dalle scippatrici milanesi per sottrarsi al carcere); negli ultimi anni una battaglia “anti-borseggiatrici” è stata portata avanti a Venezia dalla consigliera leghista Poli, creando audio internazionalmente virali («Attenzione pickpocket») nonostante il contrasto con le linee guida di TikTok.
Ancora, l’ex-pugile romano Simone “Cicalone” Ruzzi con alcuni colleghi pattuglia (nel solco di Milano Bella da Dio) le metropolitane della capitale: le sue discusse attività in gruppo, che gli avrebbero anche causato qualche (breve) contrattempo con le forze dell’ordine, avrebbero talvolta permesso l’identificazione degli scippatori, secondo il Corriere (che giunge a descrivere i suoi video «giornalismo»).
Ecco, Ruzzi la scorsa estate ha ventilato al Fatto Quotidiano la possibilità di scendere in politica, poi è stato ospite di Atreju (l’evento organizzato da Fratelli d’Italia, che pure invita esponenti di varie parti politiche) e infine ha pattugliato le metro con Marianna Ricciardi (deputata M5S) e Roberto Vannacci (europarlamentare eletto con la Lega).
Eppure sarebbe un errore ricondurre tutto questo mondo all’alveo della destra (come la stessa presenza di Ricciardi suggerisce): non solo perché le implicazioni politiche di tali atteggiamenti oscillano e spaziano dalla “legge e ordine” all’anomia Far West, come dicevamo nel 2023, ma soprattutto perché rappresentano qualcosa di prepolitico.
Certo, non di apolitico, e movimenti organizzati e partitici possono agilmente strumentalizzare questo tipo di iniziative, ma il punto di fondo è il fenomeno sociale sottostante: la costruzione dell’immagine del nemico (secondo la sociologa e docente di Unimi Valeria Verdolini), le sopracitate dinamiche di branco, il vigilantismo, fino al linciaggio.
Ma non solo, ci sono anche dei problemi relativi all’informazione. A proposito di Ruzzi, il giornalista Francesco Marino parla sulla sua piattaforma dei classici meccanismi social di «personalizzazione» e «semplificazione», di ricerca populista della «reazione» e insomma di contentizzazione (banalizzazione di una realtà complessa in mero contenuto da postare). La dinamica, peraltro, è esacerbata dai social ma li precede: Marino menziona la «stigmatizzazione» esotizzante delle condizioni di disagio nei servizi di Vittorio Brumotti per Striscia la notizia; una considerazione analoga, sul piano politico, è stata svolta dal giornalista Emilio Mola a proposito del carcere per le “borseggiatrici” incinte.
Del resto, il giornalista Stefano Piri traccia una «finestra di Overton» (un processo di normalizzazione) che parte da queste pagine, passa in radio da La Zanzara e approda in TV a Fuori dal coro o Diritto e rovescio.
Ciò conduce a considerazioni circa l’attendibilità delle notizie diffuse in origine da tali piattaforme: per quanto il raw content (“contenuto grezzo”) sia tutt’oggi consigliato dagli strateghi digitali in ragione della sua «naturalezza» e «autenticità», finendo per essere presentato come fonte d’informazione più credibile da canali come Il Fritto Misto (ancora, anche con post “anti-maranza”), la garanzia di autenticità è illusoria.
La possibilità che il contenuto mostrato sia poco rappresentativo della realtà (tramite un selettivo cherry-picking, o una qualche manipolazione a monte, o la mera soggettività insita nella ripresa) è paragonabile a quella di canali più tradizionali e “infiocchettati”. Specialmente se ci si limita a ripubblicare qualsiasi racconto inviato da anonimi utenti in chat privata.
Talvolta, questa parzialità soggettiva può anche essere connotata politicamente: una pagina che oggi posta contenuti simili a Milano Bella da Dio, ma nata nel 2013 e anch’essa definita di «giornalismo partecipativo», è Welcome to Favelas. Negli anni, Salvini ha più volte rilanciato i suoi post sul “degrado” (risse, droga, vandalismo, atti osceni), non senza gaffe disinformanti.
Lo scorso gennaio, subito dopo l’insediamento di Trump, gli amministratori di Welcome to Favelas hanno annunciato di aver avuto un incontro «necessario e molto stimolante» con i rappresentanti europei di Elon Musk, insieme ad altre «realtà social legate al mondo dell’informazione indipendente». Anche in questo caso, Marino ha parlato di «illusione della scomparsa della mediazione», sfruttata da Musk per esercitare influenza in Europa. Il progetto è rimasto fumoso, con un ambiguo commento di Milano Bella da Dio, ma il post si concludeva negli hashtag con la frase You are the media now.
Al tempo, la frase sembrava condurre solo a una criptovaluta con il logo di X e a favore dei media democratici e indipendenti (l’URL risulta registrato a fine 2024); a febbraio è però comparsa un’omonima pagina Instagram che si presenta come movimento e pubblica contenuti di destra primariamente americana.
Welcome to Favelas era stata criticata dal giornalista Simone Alliva, dalla podcaster Giulia Berillo e dall’attivista Giorgia Soleri, che hanno ricevuto critiche da Massimiliano Zossolo, amministratore della pagina; quest’ultimo è stato difeso invece da Giovanni Brajato (che altrove critica il metodo Ruzzi-Brumotti) e da Daniele Schiappa (fondatore della pagina We Are).
Questa parzialità può essere legittima, ma si auspica che non passi in secondo piano, dietro la supposta autenticità a priori dei contenuti diffusi da queste piattaforme. Come sostenevamo nel 2023, non è necessario negare la problematicità degli episodi microcriminali di Milano e liquidarli a mera “percezione” (e Vulcano ha affrontato il tema più volte, fra 2023 e 2025) – ma in questo modo, temi che richiedono una certa attenzione alla complessità vengono appiattiti, diventando stereotipi ricorrenti su cui i Club Dogo e Sala possono fare un video insieme, o per cui Rovazzi può inscenare uno scippo prima di pubblicizzare il singolo Maranza.