Del: 13 Marzo 2025 Di: Samuele Braguti Commenti: 0

Dopo più di tre anni dall’invasione russa dell’Ucraina, la maggior parte dei partiti politici italiani mostra ancora insicurezza sulla posizione da mantenere a riguardo. Tra alleanze incerte, opinioni poco chiare ed un sostegno a fasi alterne, i vari schieramenti mancano di una visione europeista o, quantomeno, sembrano sottovalutare l’importanza di difendere una Nazione europea aggredita.

Negli Stati più rilevanti d’Europa i leader politici hanno le idee chiare rispetto alla questione ucraina. In Germania il partito di centrodestra vincitore delle elezioni sta valutando un’alleanza con i Socialdemocratici pur di evitare una coalizione con l’AfD, partito di estrema destra che ha mostrato più volte il suo lato filorusso. Dalla Francia di Emmanuel Macron e dal Regno Unito di Keir Starmer non manca un sostegno convinto all’Ucraina, mentre in Italia la situazione risulta più confusa.

In primis va citata la posizione complicata del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

La premier italiana, se inizialmente era considerata come una possibile mediatrice tra l’Unione Europea e l’America governata da Donald Trump, ora sembra essere non totalmente allineata alla politica europea di reazione alla guerra e, in ogni caso, la governance a stelle e strisce pare averla messa da parte, preferendo rapporti diretti con Putin. Ad ogni modo la sua volontà di fornire aiuti all’Ucraina appare ancora solida.

All’interno della coalizione di maggioranza, Forza Italia rema verso un ideale di moderato europeismo e supporto a Kyiv. Tajani spiega: «Noi di Fi crediamo in un’Europa forte ed unita». Più confusa è la posizione della Lega, il cui leader Matteo Salvini, che in passato non si era tirato indietro dal fare apprezzamenti filoputiniani, al momento preferisce affidarsi alle decisioni provenienti da oltreoceano. Il ministro dei trasporti, infatti, si mostra critico nei confronti delle proposizioni interne all’Europa, arrivando a dichiarare che «un esercito europeo con mandato da quel matto di Macron che parla di guerra nucleare, no, mai».

Le discordanze non sono esclusive della maggioranza e anche nel campo-largo di Schlein e Conte non mancano le frizioni.

Se è vero che i due partiti a cui sono a capo erano molto vicini nell’ultimo periodo, a metterne in luce le sostanziali differenze ci hanno pensato le dichiarazioni di Trump, a cui Conte ha strizzato l’occhio. Il leader del Movimento Cinque Stelle sembra, infatti, appoggiare la linea di Washington: «Trump con ruvidezza smaschera tutta la propaganda bellicista dell’occidente sull’Ucraina e dice una verità che noi del M5S stiamo dicendo da tre anni assieme a tutti gli esperti militari: battere militarmente la Russia era irrealistico».

La leader del Partito Democratico Elly Schlein ha criticato tale commento, ribadendo la contrarietà del suo partito al Presidente statunitense.

Nonostante la sicurezza con cui si oppone a Trump, Schlein non sembra voler tracciare una linea di partito precisa e ben definita sulla difesa dell’Ucraina. In una riunione del PD, ha dichiarato: «Noi non siamo con Trump e il suo falso pacifismo e non siamo con l’Europa per continuare la guerra».

Tuttavia, in seguito all’insoddisfacente incontro tra Zelensky e il Presidente americano, Schlein ha affermato che «Giorgia Meloni non può più procrastinare la scelta: o con Trump, i suoi miliardi e i suoi interessi economici o con la democrazia e l’Europa». Le due dichiarazioni, alquanto in antitesi tra di loro, sono frutto anche delle importanti spaccature interne al partito che, al momento, non riesce a presentarsi compatto su svariati temi, uno tra i quali è proprio il sostegno militare allo Stato invaso.

Tra le forze minori, Alleanza Verdi-Sinistra si è storicamente pronunciata contraria all’invio di armi, spingendo per la ricerca di una pace mai definita chiaramente.

Diverso è il giudizio proveniente da Azione, il cui leader Carlo Calenda si è sempre mostrato favorevole a sostenere militarmente l’esercito ucraino, criticando la scelta del governo di non dare la possibilità a Kyiv di usare le armi fornite per colpire obiettivi strategici su suolo russo.

Nel caos di coalizioni inconsistenti e dichiarazioni volatili, contrastanti e forse non abbastanza ragionate, i partiti del Bel Paese più rilevanti in termini numerici appaiono vittime della loro stessa mancanza di visione a lungo termine. Non avendo posizioni abbastanza convinte riguardo al caso ucraino, la classe politica italiana reagisce agli sviluppi del conflitto cercando di aggrapparsi ad agenti esterni, privandosi di un possibile ruolo propositivo nello scenario internazionale.

Samuele Braguti

Commenta