
L’onda lunga del Qatargate investe ancora il Parlamento europeo. Infatti, martedì 4 marzo, la procura federale del Belgio ha chiesto la revoca dell’immunità parlamentare ad Alessandra Moretti e Alessandra Gualmini, le due eurodeputate del PD, appartenenti al gruppo Socialisti e democratici, in quanto sembra possano essere coinvolte nello scandalo Qatargate. Secondo quanto trapela dal dossier che la presidente Metsola ha inviato alla Commissione Affari Giuridici, le accuse sarebbero di corruzione. Le dirette interessate hanno sottolineato la totale estraneità ai fatti, ma allo stesso tempo la piena disponibilità a collaborare con l’autorità giudiziaria.
Per Qatargate, di cui abbiamo già parlato su Vulcano , si intende il vasto scandalo di corruzione esploso nel dicembre 2022, riguardante presunti pagamenti illeciti effettuati da Qatar e Marocco per influenzare le decisioni del Parlamento Europeo. Le indagini, condotte dalla Procura federale belga, avevano portato all’arresto di figure di spicco, tra cui l’eurodeputata greca Eva Kaili, vicepresidente del Parlamento Europeo al momento dell’arresto, il suo compagno Francesco Giorgi, assistente parlamentare e l’ex eurodeputato Antonio Panzeri, ritenuto uno degli organizzatori principali del sistema corruttivo.
Le accuse principali comprendevano corruzione, riciclaggio di denaro e associazione a delinquere.
Gli inquirenti hanno sequestrato ingenti somme di denaro contante durante le perquisizioni nelle abitazioni degli indagati. L’inchiesta si è ulteriormente allargata nel 2023, coinvolgendo altri parlamentari ed ex funzionari, e rivelando un sistema di pressioni economiche volto a orientare decisioni politiche e risoluzioni parlamentari favorevoli agli interessi di Qatar e Marocco.
Il tentativo di far passare come più umani e garanti dei diritti regimi che di fatto non lo sono, non solo però viene fatto in maniera illegale attraverso la corruzione, ma anche attraverso un meccanismo legale ma più subdolo. Lo sportwashing è un fenomeno per lo più appannaggio dei governi autocrati per acquistare credibilità agli occhi dei governi democratici. Attraverso investimenti nello sport, grandi manifestazioni sportive e ingaggi di sportivi di caratura internazionale, questi governi cercano di “ripulirsi” l’immagine attraverso lo sport, dove sulla carta prediligono i valori del rispetto e della lealtà.
Putin è stato tra i primi ad accorgersi delle potenzialità. Sia attraverso oligarchi vicini al regime come Abramovich, che acquistò il Chelsea nel 2003 per poi venderlo a causa delle sanzioni a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, sia attraverso le sponsorizzazioni alla FIFA e alla UEFA di Gazprom, la compagnia del gas a controllo statale. Ma negli ultimi anni l’epicentro di questa pratica si è spostato in Medio Oriente. Nel caso dell’Arabia Saudita però, non si parla di un ricco magnate con interessi privati ma ci si riferisce al PIF. Secondo un report della Ong «Grant Liberty» il PIF, il fondo d’investimento pubblico del Paese, ha investito negli ultimi tre anni 50,7 miliardi di dollari in sportwashing, di cui una cifra consistente nel calcio.
Investimenti che prevedono sia l’acquisto di club sportivi oltre ai confini nazionali, sia l’organizzazione e di eventi sportivi in Arabia Saudita sia l’ingaggio di giocatori di livello internazionale. Tra queste operazioni rientra ad esempio, l’acquisto del Newcastle, club della massima serie di calcio inglese, per 415 milioni di dollari. Ma soprattutto, per rilevanza mediatica e per le cifre in gioco, l’approdo di Cristiano Ronaldo all’Al-Nassr nel 2022, con un contratto faraonico da 213 milioni di euro a stagione più benefit, ha segnato uno spartiacque a livello simbolico e culturale per molti calciatori.
L’approdo di uno dei calciatori più influenti e iconici della storia del calcio ha sdoganato un processo già avviato nel panorama calcistico, ossia la rinuncia per molti giocatori a giocare in club storici e prestigiosi, per giocare in club senza storia calcistica e appeal sportivo, ma che possono offrire compensi astronomici. Al di là di Ronaldo, già da tempo nella fase calante della sua carriera, altri calciatori nei loro anni di massima espressione sportiva come Benzema, Kantè e Milinkovic-Savic hanno seguito l’esempio del portoghese, andando a giocare in Arabia Saudita.
Inoltre, diverse manifestazioni calcistiche radicate storicamente in Europa, si son spostate in Arabia.
Per esempio, la Coppa italiana sarà ospitata fino al 2029 in Arabia Saudita, la Coppa del Rey è stata ospitata per il biennio 2022-2024, mentre il Mondiale per Club ha avuto luogo a Riyadh nel 2023. A coronamento di questo percorso vi sarà il Mondiale di Calcio nel 2034, che per molti aspetti potrebbe ricorrere le stesse dinamiche del mondiale in Qatar. Un evento spostato durante il periodo invernale, investimenti faraonici, ma soprattutto il rischio che possano essere calpestati i diritti delle minoranze, sia durante la costruzione degli stadi e delle infrastrutture necessarie sia durante gli eventi.
Infatti, diverse ONG umanitarie, organizzazioni sindacali, gruppi di tifosi, e lavoratori migranti, hanno condannato con una dichiarazione congiunta questa decisione, sostenendo con fermezza che con ogni probabilità si assisterà a gravi abusi sui diritti umani. Tra le parole più critiche, ci sono quelle di Steve Cockburn, responsabile Diritti del lavoro e sport di Amnesty International, che ha ricordato quanto sia stata una “farsa” l’impegno della Fifa per il rispetto dei diritti umani nel processo di selezione dei paesi ospitanti, alla luce di quanto successo in Qatar.
Che sia la corruzione, l’organizzazione di un grande evento sportivo, o la rinuncia di una carriera più soddisfacente dal lato sportivo, il filo conduttore rimane la capacità economica infinita che questi governi mettono in gioco quando si tratta di strizzare l’occhio alla cultura occidentale e ai governi liberali. Ma allo stesso modo porre il denaro come unico parametro di una ipotetica scala valoriale ha i suoi costi. I morti per la costruzione degli stadi in Qatar, le raccomandazioni rivolte ai supporters del Barcellona, in particolare ai membri della comunità LGBTQIA+, per non incorrere a sanzioni durante la finale di Coppa del Re. Un copione purtroppo che sembra già scritto per gli anni futuri e per i mondiali del 2034.