
Il mondo è grande e i conflitti sono numerosi, ma se alcune guerre ricevono un’attenzione mediatica costante, altre vengono quasi ignorate. Il conflitto del Sahara Occidentale ha generato una crisi umanitaria drammatica, costringendo migliaia di persone a vivere in condizioni precarie nei campi profughi.
Le vittime principali del conflitto sono i sahrawi, una popolazione indigena che ha abitato per secoli il Sahara Occidentale, una regione dell’Africa nord-occidentale affacciata sull’oceano Atlantico.
La guerra ha radici nella colonizzazione del territorio da parte della Spagna, e rappresenta ancora oggi un caso di decolonizzazione incompiuta.
La presenza spagnola nel territorio iniziò quando, nel 1884, gli Spagnoli colonizzarono il sud, Río de Oro, fino a espandersi verso il nord, Saguia el-Hamra. Durante il dominio coloniale, i sahrawi, pur non essendo pienamente favorevoli alla presenza straniera, preferirono la dominazione spagnola a quella francese delle aree limitrofe. Negli anni della decolonizzazione, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, iniziarono le prime azioni di resistenza armata.
Nel 1973 nacque il Fronte Polisario (Frente Popular para la Liberación de Saguia el-Hamra y Río de Oro), un movimento di liberazione identificato dall’ONU come rappresentante del popolo sahrawi.
Due anni dopo, la Spagna si ritirò dal Sahara Occidentale, che fu spartito tra il Marocco e la Mauritania, causando un conflitto armato e costringendo migliaia di sahrawi a fuggire in Algeria, dove, ancora oggi, molti vivono in campi profughi. Nel 1976, il Fronte Polisario proclamò in esilio la Repubblica Araba Sahrawi Democratica (RASD). Nonostante il ritiro della Mauritania, il Marocco continuò la sua occupazione sfruttando le risorse naturali del territorio e separando quest’ultimo con un muro.
La guerra tra il Marocco e il Fronte Polisario non si è ancora conclusa.
Dopo 16 anni dal suo inizio, nel 1991 venne firmato un cessate il fuoco, con l’obiettivo fissato dalle Nazioni Unite di organizzare un referendum di autodeterminazione, mai avvenuto. Il conflitto si è riacceso nel 2020 e, ad oggi, circa 65.000 sahrawi vivono in territori occupati dal Marocco, mentre 10.000 persone vivono in diaspora.
Sono circa 173.600 i rifugiati nei campi profughi algerini che vivono in condizioni estremamente difficili.
I campi, infatti, si trovano nel deserto, vicino a Tindouf, dove le temperature e la scarsità di risorse rendono difficile la vita quotidiana e lo sviluppo di un’economia autosufficiente. Inoltre, un’altra conseguenza del conflitto è la graduale perdita dell’identità culturale sahrawi.
Nonostante gli sforzi internazionali per risolvere la questione del Sahara Occidentale, il conflitto rimane perto e, come spesso accade, sono i civili a subirne le conseguenze.