Del: 15 Aprile 2025 Di: Leonardo Donatiello Commenti: 0
Giradischi, gli album consigliati di marzo

Giradischi è la rubrica dove vi consigliamo i dischi usciti nell’ultimo mese che ci sono piaciuti


La bella vita – Artie 5ive – recensione di Leonardo Donatiello

Quando si può dire, con certezza, di fare una «bella vita»? Ognuno potrebbe dare una risposta diversa, chi darebbe più peso alla crescita interiore e personale, chi allo sfarzo e all’ottenimento di uno status, chi all’amore di una famiglia. Per Artie 5ive la bella vita è stata un po’ tutto questo, racchiusa e scalfita nella pietra con l’uscita del suo nuovo disco. Se l’ultimo album «aspettando la bella vita» era ancora all’interno di una bolla che guardava con sogni e speranze al futuro, “la bella vita” è invece il racconto del presente con uno sguardo al passato, dell’obiettivo raggiunto, ma anche del punto di partenza. «Vengo da quella strada non bene illuminata/Una via di lampioni spenti, ti mostrano la galassia” oppure “Io vengo da dove ti spaventano con un cognome», raccontano perfettamente la griglia di partenza da cui sarebbe iniziata la gara di Artie. Nessuna pole position, retrovie e ultime file ai nastri, ma sorpassi e accelerazioni durante il tragitto per arrivare al primo posto. Ormai Arturo non è più un emergente, si è conquistato uno status e può godersi i pregi del successo. In questo cammino però, due sono le figure che lo hanno accompagnato fino alla vittoria finale: la sua città, Milano, e la sua famiglia, sua mamma. In particolare, la madre di Artie, citata con affetto più volte in tutto il disco, ha assunto quel ruolo di conforto e di protezione, senza il quale la sua carriera si sarebbe potuta perdere fra le trappole di una selva urbana come Milano. «Parlo della vita con mamma mentre fa del pollo/Dice che non devo dare retta a loro/Io le dico: « Quest’anno ho preso il decollo/Ma ultimamente mi sento un po’ solo», e mi dice: «Figlio mio, è tutto a posto, il piano di Dio è maestoso/Perché ripara tutto ciò che è rotto/Se sei caduto, riprova di nuovo/Tu sei la prova del nove, del sette e dell’otto».

 La bella vita» infatti, non è solo quella che sta vivendo Artie, ma anche quella di cui finalmente può godere sua madre, dopo anni di fatiche e solitudine.

Bisogna sottolineare però che il raggiungimento di questo status non è un alibi per l’ozio, ma solo un trofeo da mettere in bacheca. Un vero campione non si accontenta di vincere una volta, ma di riconfermarsi nel tempo. Per questo Artie 5ive conclude il disco insistendo molto sul lavoro, «la bella vita» non è un’amaca sui cui addormentarsi e prendere il sole, ma le fondamenta di un palazzo bello solido, sui cui poi costruirsi un futuro, certamente già tranquillo, ma non compiuto.


Furèsta – La Niña- recensione di Gabriele Benizio Scotti

La Niña torna con un album sorprendente e decisamente ambizioso. Se Vanitas si muoveva tra le pieghe di un R&B alternativo con suggestioni mediterranee, Furèsta compie un salto concettuale e sonoro, inserendosi in quel filone di rilettura del folk regionale che ha visto protagonisti artisti come Iosonouncane e Daniela Pes. Ma se lì la matrice era sarda, qui la bussola punta dritta verso Napoli. Il folk partenopeo viene smontato e riassemblato attraverso un’elettronica contemporanea che flirta con il deconstructed e accenni glitch, mantenendo però salda la vocazione pop dell’artista.

La voce di La Niña resta il cuore pulsante del disco, ma ad avvolgerla troviamo strutture più complesse, stratificate e frutto di un lavoro di ricerca e decostruzione sonora davvero notevole.

Un progetto affascinante, che segna una maturazione artistica importante e apre scenari nuovi per una delle voci più interessanti della scena italiana contemporanea.


Jay Marie, Confort Me – Mess Esque- recensione di Gabriele Benizio Scotti

Lo storico chitarrista dei Dirty Three, Mick Turner, e la cantautrice australiana Helen Franzmann tornano insieme a distanza di quattro anni con un nuovo progetto targato Mess Esque. Un ritorno che si muove lungo i sentieri di un post-rock solenne, con echi dei Talk Talk, sfumature oniriche di slowcore psichedelico alla Mazzy Star e incursioni folk intime che richiamano Cat Power. Il disco ruota attorno al tema della perdita: il titolo è un omaggio alla sorella scomparsa di Franzmann, e l’intero lavoro è attraversato da una sottile malinconia che si traduce in paesaggi sonori eterei, crepuscolari, sospesi tra sogno e dolore. A impreziosire le trame sonore, anche la partecipazione di Jim White, storico batterista dei Dirty Three, insieme ad altri collaboratori che ne amplificano le sfumature emotive.

Leonardo Donatiello
Laureato in storia, attualmente frequento la facoltà di scienze storiche. Mi reputo una persona pacata e tranquilla, ma stranamente mi attrae il disordine. Non è dunque un caso che io sia un grande fan della Prima repubblica. Nel tempo libero mi occupo di politica e sport principalmente, ma ho anche un debole per la musica hip hop.

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