
L’arsenale nucleare americano sta attraversando l’aggiornamento più importante dalla fine della Guerra fredda: tra le diverse armi destinate ad entrare in servizio figura un nuovo missile balistico intercontinentale (ICBM), l’LGM-35A Sentinel. Questo articolo traccerà un quadro generale del programma Sentinel, esaminando il suo predecessore e i diversi fattori che hanno portato al suo stato attuale.
La Nuclear Posture Review (NPR, documento pubblicamente accessibile contenente le linee guida della dottrina nucleare statunitense) pubblicata dall’amministrazione Biden nel 2022 conferma la struttura triadica dell’arsenale nucleare americano, che dispone di tre categorie di sistemi per colpire bersagli con armi nucleari: bombardieri armati di missili e bombe (la componente “aerea”), missili balistici lanciati da sottomarini (la componente “marittima”), e missili balistici intercontinentali lanciati da terra (la componente “terrestre”). La prima e la terza sono competenza dell’aviazione, mentre la seconda della marina. Per quanto riguarda la componente “terrestre”, l’US Air Force (USAF) schiera circa 400 ICBM LGM-30G Minuteman III(MMIII) organizzati in tre stormi missilistici nelle basi di Warren (Wyoming), Malmstorm (Montana) e Minot (Dakota del Nord). Gli stormi comprendono tre squadroni, ognuno dotato di 50 MMIII, i quali sono posti all’interno di sili interrati dispersi sul territorio e collegati con cavi sotterranei a dei Launch Control Center (LCC), anch’essi interrati. 50 sili sono al momento vuoti ma vengono mantenuti pronti per poter accogliere tempestivamente missili aggiuntivi in caso di necessità.
Il Minuteman III ha una gittata di 13.000 chilometri e può trasportare fino a tre testate in grado di colpire bersagli differenti, ma quelli schierati ne montano una sola, con circa altre 400 in riserva.
Entrato in servizio nel 1970, con una vita operativa prevista di 10 anni, è stato invece sottoposto a numerosi programmi di aggiornamento e miglioramento, che ne hanno prolungato il servizio fino ad oggi; la sua affidabilità resta elevatissima, come dimostrato dai test annuali effettuati con successo, l’ultimo dei quali è stato svolto lo scorso febbraio. Una caratteristica fondamentale da esaminare della forza ICBM americana sono i vantaggi e costi per un avversario che tentasse di distruggerla con un attacco preventivo. Il successo di questa azione dipenderebbe dal numero di testate impiegate e dalla loro potenza, precisione e affidabilità; dato che commentare adeguatamente ognuno di questi aspetti aprirebbe una digressione interminabile, ci si limiterà a una breve spiegazione. Assumendo che le testate rispettino determinati requisiti di precisione e potenza, e che l’affidabilità sia prossima al 90% (con affidabilità si intende la capacità di giungere sul bersaglio ed esplodere senza guasti, incidenti o intercettazioni), sarebbero necessari almeno due ordigni per ogni silo (includendo anche quelli potenzialmente vuoti) e LCC. L’ammontare delle bombe necessarie sfiorerebbe il migliaio, e richiederebbe centinaia di vettori (missili e altre piattaforme aeree); in più, i Minuteman potrebbero evitare di essere distrutti venendo fatti decollare in anticipo. Ignorando gli effetti apocalittici di una salva di queste dimensioni, un azzardo tale potrebbe convenire solo a un nemico che dispone di un arsenale sufficientemente numeroso, cosa che gli permetterebbe di distruggere quello statunitense senza consumare significativamente il proprio.
Ad oggi, nessuno stato possiede simili capacità, esclusa la Russia, la quale può schierare poco più di 1.800 testate in grado di raggiungere gli stormi missilistici statunitensi affidabilmente; tuttavia, si tratterebbe di un’azione dal costo proibitivo anche per Mosca.
Pertanto, considerando gli arsenali nucleari esistenti, si può ritenere che la forza ICBM americana non inviti a compiere azioni preventive e quindi non causi instabilità; ciò ne giustificherebbe la sua esistenza, nonostante rimanga un obiettivo a rischio. Un altro fattore da considerare sono le traiettorie dei missili: quando le basi furono costruite durante la Guerra fredda, i potenziali bersagli si trovavano in territorio sovietico, e gli ICBM, volando sopra l’emisfero boreale, avrebbero dovuto sorvolare solo il Canada per raggiungerli. Per colpire obiettivi situati in Cina, Corea del Nord o Iran, gli altri tre avversari contro i quali Washington prevede l’eventuale uso del nucleare, i Minuteman dovrebbero volare sopra il territorio russo, comportando un rischio di escalation elevatissimo, poiché Mosca potrebbe concludere di essere il destinatario dell’attacco e rispondere di conseguenza; questo è un limite significativo, non condiviso dalle altre componenti della triade. Per quanto riguarda la prontezza all’uso e il tempo impiegato per raggiungere i bersagli, gli ICBM possono in pochi minuti e giungere a destinazione in circa mezz’ora; in questo sono superiori rispetto a bombardieri e missili lanciati da sottomarini.
Tra il 2012 e il 2014, l’USAF ha effettuato l’analisi delle alternative all’estensione della vita operativa del MMIII; i risultati precisi rimangono classificati, ma dalle dichiarazioni pubbliche emerge che l’aviazione abbia concluso che ulteriori programmi di aggiornamento oltre il 2030 verrebbero a costare di più di rispetto allo sviluppo di un nuovo ICBM. A ciò si aggiunge la necessità di colmare determinate lacune, le quali però non sono identificabili nelle informazioni disponibili al pubblico; in un report del 2016, contenente le caratteristiche fondamentali del nuovo missile, non emerge nessuna sostanziale differenza rispetto alle capacità del Minuteman.
Basandosi su queste conclusioni, il Dipartimento della Difesa ha autorizzato l’avvio del programma di sviluppo per un nuovo ICBM, battezzato Ground-Based Strategic Deterrent (GBSD), poi ribattezzato LGM-35A Sentinel nell’aprile 2022.
Anche la Nuclear Posture Review del 2018 afferma la necessità di sostituire il MMIII, sostenendo che andrà incontro a crescenti difficolta nel penetrare future difese nemiche; tuttavia, al momento l’unico paese che afferma di voler realizzare uno scudo antimissile sono proprio gli Stati Uniti. Un problema che invece affliggerà sicuramente la flotta di missili è la sua progressiva riduzione: considerando che nel 2017 il numero di MMIII (schierati e non) ammontava a circa 500 unità, e la necessità di effettuare un numero minimo di test annuali, la forza ICBM americana passerebbe sotto la soglia dei 400 o nel 2040, supponendo 4,5 test per anno, o nel 2050 se ne venissero effettuati 3. Fabbricarne di nuovi è impossibile, perché le linee di produzione sono state dismesse decenni fa; pertanto, escludendo la possibilità di ridurre il numero di ICBM schierati, il programma Sentinel pare l’unica soluzione. Questo prevede la produzione di circa 650 missili di cui 400 da schierare nelle strutture che al momento ospitano il Minuteman, le quali dovranno essere aggiornate per rispondere ai requisiti del nuovo ICBM; l’USAF programma di completare il dispiegamento del Sentinel nel 2036, e di mantenerlo in servizio fino al 2075. Il contratto per la progettazione e produzione è stato vinto nel settembre 2020 da Northrop Grumman, colosso della difesa americana. Tuttavia, il programma ha incontrato diverse difficoltà: nel 2023 Northrop ha avuto problemi legati alla manodopera e alla catena di approvvigionamento, a cui si sono aggiunte le spese maggiorate per l’aggiornamento di sili, cavi e LCC.