
Entrare al Museo Poldi Pezzoli è come varcare la soglia di un tempo sospeso, dove arte e intimità si intrecciano in un dialogo silenzioso e coinvolgente. Incastonato nel cuore di Milano, questo luogo raro conserva intatto, nonostante i danni della Seconda Guerra Mondiale, il fascino originario di un luogo nato per condividere la bellezza, non solo custodirla.
Passeggiando tra le stanze che un tempo furono dimora del raffinato collezionista Gian Giacomo Poldi Pezzoli, si compie un viaggio nella bellezza più autentica che si manifesta attraverso la varietà degli stili, l’armonia dei dettagli e l’emozione che solo l’arte sa suscitare.
Il museo apre al pubblico nel 1881, due anni dopo la morte del suo fondatore, ma la sua vocazione era chiara già in vita: creare un luogo “ad uso e beneficio pubblico”, capace di educare, ispirare e rendere l’arte accessibile a tutti.
Una visione che riflette appieno lo spirito illuminato del suo tempo e l’identità culturale e politica del collezionista. Giangiacomo fu un profondo sostenitore dell’indipendenza milanese: il suo lascito culturale non fu solo un gesto filantropico, ma anche un atto profondamente civile, un invito a costruire una nazione attraverso la condivisione del sapere e della bellezza.
Ed è proprio questa missione, insieme culturale e sociale, che ha animato il museo, rendendolo uno dei luoghi più amati dai milanesi. Lo dimostrano le oltre mille donazioni ricevute nel corso dei decenni: testimonianze concrete di un legame profondo e partecipato tra la città e questa istituzione.

Tra le opere più significative della vasta collezione del Poldi Pezzoli, spiccano ben otto dipinti di Andrea Solario, pittore tra i più originali del Rinascimento lombardo e ancora poco conosciuto. È a lui che il museo dedica la mostra attuale, La seduzione del colore, una delle esposizioni più ambiziose e affascinanti della stagione culturale milanese.
Questa mostra nasce da una collaborazione scientifica straordinaria con il Musée du Louvre, che ha concesso eccezionalmente il prestito di dipinti che non avevano mai lasciato il territorio francese, e rappresenta un evento irripetibile: per la prima volta, circa 36 opere di Solario, provenienti da collezioni pubbliche e private, sono riunite sotto lo stesso tetto.
Il percorso espositivo si articola in tre sezioni, che corrispondono alle principali tappe della vita e dell’opera di Solario: Venezia, il periodo francese ed infine il ritorno a Milano. Una narrazione artistica e biografica che, passando anche attraverso la firma dell’artista, offre al visitatore la possibilità di seguirne l’evoluzione, cogliendone le influenze, i viaggi, le trasformazioni.
La prima sezione, Venezia, racconta il periodo in cui Solario si forma sotto l’influsso della scuola veneziana: qui, ancora poco conosciuto, si firma “Andreas Mediolanensis” (Andrea milanese), per essere riconosciuto al di fuori del ducato natale. I suoi dipinti di questo periodo colpiscono per la luminosità dei colori, la resa dei dettagli e la delicatezza delle figure.
La seconda sezione è dedicata al soggiorno in Francia, coincidente con la dominazione francese su Milano. Ormai noto come Andrea de Solario, l’artista porta oltre le Alpi il linguaggio del Rinascimento lombardo prima di Leonardo. Sebbene il suo capolavoro francese, l’affresco nella cappella del castello di Gaillon, sia andato distrutto durante le devastazioni giacobine, la produzione di quegli anni si rivela tutt’altro che marginale. Opere come la Testa di San Giovanni Battista e la celebre Madonna del cuscino verde (prestiti eccezionali dal Louvre) testimoniano la maturazione di Solario e la sua capacità di raggiungere un raffinato equilibrio formale. Qui, la luce non è più semplice strumento di descrizione, ma diventa mezzo espressivo, capace di modellare i volumi con naturalezza e profondità, esaltando la grazia e l’intensità emotiva delle figure.

Infine, il percorso si chiude con la sezione “Milano”, che documenta gli anni della maturità, quando Solario fa ritorno nel suo ducato natale. In questo periodo la sua pittura si fa più raccolta, intensa, essenziale: emerge in modo chiaro l’influenza di Leonardo da Vinci, rielaborata però in una chiave personale.
Il Riposo durante la fuga in Egitto rappresenta un apice di questa fase: un’opera intima e meditativa, in cui la dolcezza dei volti si fonde con la monumentalità della composizione, raggiungendo una sintesi rara tra sentimento e rigore formale.

Ma forse i veri protagonisti dell’esposizione sono i disegni preparatori, esposti accanto ai dipinti. Questi fogli, a volte più eloquenti delle opere finite, rivelano l’abilità straordinaria di Solario nel padroneggiare il chiaroscuro, nel tratteggiare dettagli minuti, nello studiare pose e composizioni. In alcuni casi, è proprio nei disegni che si conserva quella freschezza e immediatezza che talvolta si perde nella pittura compiuta.

In questo senso, la mostra è più di un’esposizione: è un viaggio nella trasformazione di uno sguardo, nell’evoluzione di un artista che seppe attraversare le culture pittoriche europee lasciando un’impronta delicata. E a rendere ancor più prezioso questo progetto è l’impegno del museo a rendersi accessibile, inclusivo, contemporaneo. Infatti, convinto che la bellezza debba essere un diritto di tutti, da anni il museo Poldi Pezzoli promuove progetti innovativi volti a rendere l’esperienza culturale fruibile da un pubblico sempre più ampio e diversificato.
Tra questi spicca Oltre lo sguardo: un percorso pensato per persone cieche o ipovedenti, realizzato in collaborazione con giovani guide ed esperti del settore. Il progetto prevede visite guidate altamente descrittive, l’utilizzo di un linguaggio semplice e inclusivo, e la possibilità di interagire con tavole in rilievo, studiate per la lettura tattile.
Non si tratta solo di abbattere barriere, ma di creare nuovi linguaggi per raccontare l’arte, facendo sì che ogni visitatore possa sentirsi parte attiva di un’esperienza culturale.
Insomma, in un tempo in cui la cultura rischia di diventare silenziosa e abbandonata, il museo Poldi Pezzoli e la mostra su Solario parlano di cura, di bellezza condivisa, di un patrimonio che vive solo se guardato, compreso, sentito, fornendoci un invito non solo a contemplare, ma anche a rallentare, ad ascoltare ciò che i colori, le luci e i gesti ci raccontano.
Così, usciti dal museo, qualcosa rimane con noi. Non solo le immagini, ma una nuova consapevolezza: quella di essere parte di una storia più grande, fatta di bellezza, di impegno e di sogni condivisi. E forse, proprio in questo, sta il segreto del Poldi Pezzoli: nell’aver saputo trasformare una collezione privata in un dono per tutti.