Del: 27 Aprile 2025 Di: Nina Fresia Commenti: 0
The Sofa Chronicles, le serie TV del momento

Ogni due mesi, il giorno 27, 5 serie TV per tutti i gusti: The Sofa Chronicles è la rubrica dove recensiamo le novità più popolari del momento, consigliandovi quali valga la pena guardare comodamente sul divano e quali no.


Il Gattopardo, Miniserie, Netflix (Richard Warlow, Benji Walters) – recensione di Matilde Elisa Sala

Tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, preceduto dal film diretto da Luchino Visconti, Il Gattopardo arriva anche su Netflix come una miniserie in sei puntate. La Sicilia è teatro di numerose battaglie, in cui scontrano i filoborbonici e i garibaldini. Pare che il destino dell’isola sia di essere integrata nel futuro Regno d’Italia. Le vicende storico-politiche sembrano toccare la maggior parte degli abitanti delle varie città, in particolar modo le famiglie nobili. Di sicuro è poco felice Don Fabrizio, principe di Salina, il Gattopardo (Kim Rossi Stuart), che vive questo cambiamento con timore e come un pericolo per tutte le sue ricchezze. La famiglia del Gattopardo è però molto sfaccettata: tra le mura di casa sembra ci sia anche chi è convinto che Garibaldi possa essere una nuova opportunità, come suo nipote Tancredi (Saul Nanni), verso il quale però Don Fabrizio nutre un sincero affetto, accortosi anche del legame tra lui e la figlia Concetta (Benedetta Porcaroli). Un prodotto dinamico, con ambientazioni suggestive e prove attoriali degne di nota: Porcaroli mette in scena un’ottima Concetta, protagonista delle vicende tanto quanto lo stesso Gattopardo. La miniserie è un’occasione per recuperare una storia magari non a tutti familiare, ma pur sempre uno dei romanzi cardine della letteratura italiana del Novecento. Puntate scorrevoli e piacevoli che lasciano passare in secondo piano il non perfetto accento siciliano del cast. Poco utile un confronto con il film di Visconti, l’approccio della serie è diverso e rimane bello esplorare la storia anche in questo modo.


Adolescence, Miniserie, Netflix, (Jack Thorne e Stephen Graham) – Recensione di Nina Fresia

I quattro episodi più visti nella storia di Netflix Italia: è “Adolescence” la serie tv più guardata sulla piattaforma streaming dagli spettatori della penisola. La miniserie britannica ha raggiunto più di 66 milioni di visualizzazioni a sole due settimane dalla sua uscita a marzo. C’è chi addirittura ha proposto di proiettarla nelle scuole. Perché l’idea di Jack Thorne e Stephen Graham ha avuto successo proprio per il suo risvolto sociale: attraverso la storia del tredicenne Jamie Miller, accusato dell’omicidio della compagna di scuola Katie Leonard, vengono accesi i riflettori sul fenomeno “incel”. Questa subcultura online, spesso dalle derive estremiste e fortemente misogine, è popolata da uomini perlopiù eterosessuali che cercano una relazione sentimentale e/o sessuale senza mai riuscire a instaurarla. Nella serie insulti e frustrazioni del web si riflettono con prepotenza nella vita reale, mostrando come bullismo online e pressione sociale tra adolescenti possano avere conseguenze drammatiche. Ambientata nello Yorkshire, la storia segue le indagini della polizia guidata dall’ispettore Luke Bascombe e la lotta della famiglia Miller, in particolare del padre Eddie, per affrontare l’accusa. E, alla fine, anche la realtà dei fatti.


Come vendere droga online (in fretta), Stagione 4, Netflix (Philipp Käßbohrer e Matthias Murmann) – Recensione di Michele Cacciapuoti

Netflix non è nota per lasciar terminare le serie di successo quando è più opportuno: in alcuni casi il susseguirsi di stagioni inutili rasenta l’accanimento. Anche la quarta stagione di questo prodotto tedesco, nonostante il finale aperto della terza (2021), non sembrava necessaria: i cicli dei personaggi erano bene o male conclusi, specialmente con il sacrificio del protagonista Moritz.
Per essere un sequel innecessario, è comunque una stagione costruita molto bene: il passaggio del tempo e l’evoluzione dei personaggi si fa sentire, con un apparente cambiamento nel taglio narrativo (non più un caper criminale, quanto piuttosto quasi un poliziesco); fra elementi metacinematografici e ritmo, la serie torna a dare assuefazione e a prestarsi al binge watching. È vero, però, che l’azione tarda a entrare nel vivo fino agli ultimi episodi, in cui tutto sembra svolgersi troppo velocemente; in fin dei conti, poi, il personaggio di Moritz evolve sono in parte e il finale – nuovamente aperto – sembra aprire a sequel ben più inopportuni.


Yellowjackets, Stagioni 1 – 3, Showtime, Paramount+ (Ashley Lyle, Bart Nickerson) – recensione di Viviana Genovese

Quando l’istinto di conservazione prende il sopravvento, per un gruppo di adolescenti non si tratta solo di sfuggire alla morte, ma di una lotta brutale e viscerale, che va ben oltre il ritorno alla “normalità”.Da questa premessa, Yellowjackets si distingue per la sua capacità di raccontare i recessi più oscuri dell’animo umano, dove il trauma non si limita a segnare il corpo, ma travolge l’identità stessa delle protagoniste. La serie, acclamata negli Stati Uniti e ancora piuttosto sconosciuta in Italia, unisce thriller psicologico, mistero e trauma generazionale, ed esplora questi temi con una maestria rara, avvolgendo ogni episodio in un’atmosfera di tensione che cresce senza mai fermarsi. La trama segue la storia di un gruppo di ex giocatrici di una squadra di calcio liceale sopravvissute a un incidente aereo, costrette a vivere per mesi in una remota foresta canadese, dove il confine tra la vita e la morte si fa sempre più sottile. Le ragazze si muovono tra superstizioni, lotte di potere e fame, ma è nel presente che le conseguenze di quegli eventi si rivelano più inquietanti. Infatti, la storia si sviluppa su due linee temporali, una che si affaccia nel passato, dove le ragazze sono ancora intrappolate in un incubo, e una che ci conduce a eventi ambientati venticinque anni dopo, dove i loro alter-ego adulti (interpretati da Melanie Lynskey, Christina Ricci, Juliette Lewis e Tawny Cypress) sono costretti a fare i conti con le cicatrici lasciate da quegli eventi, combattendo contro demoni interiori e segreti che non sono mai stati davvero sepolti. La narrazione, invece, profondamente coinvolgente e tenendo lo spettatore ancorato a ogni episodio, è una di quelle che conduce in un viaggio silenzioso ma inesorabile tra le pieghe più complesse dell’interiorità e le conseguenze di ciò che accade quando si è costretti a superare ogni limite. Con tre stagioni già disponibili e una quarta ancora lontana, questa serie offre un’esperienza che non si dimentica facilmente, confermandosi come uno dei racconti più ambiziosi e disturbanti della tv contemporanea. Per chi cerca qualcosa di più profondo del classico teen drama o del solito true crime, è il momento giusto per recuperarla.


Dandadan, Stagione 1, Netflix, Crunchyroll (Yukinobu Tatsu) – Recensione di Jessica Rodenghi


Momo Ayase è convinta che esistano gli spiriti — in fondo sua nonna è una medium — mentre Ken Takakura (soprannominato Okarun), appassionato di occultismo, crede negli alieni. I due frequentano la stessa scuola finché un giorno Okarun viene preso di mira da un gruppo di bulli per i suoi interessi esoterici. Momo interviene in sua difesa e da lì nasce un’amicizia profonda.
Da qui parte una scommessa: nessuno dei due crede alle ossessioni dell’altro quindi si sfidano ad andare in un ospedale abbandonato in cui dovrebbero apparire gli alieni e in un vecchio tunnel infestato da spiriti. Alla fine esistono sia gli alieni che gli spiriti e i due si uniscono in una squadra per combatterli. La storia è tratta dal manga di Yukinobu Tatsu adattato dallo studio Science Saru. Il genere è difficile da inquadrare perché si tratta di un mix di avventure soprannaturali, azione, momenti drammatici, romanticismo adolescenziale e soprattutto elementi demenziali. DanDaDan è un titolo perfetto per una serie caotica in cui l’altissima qualità dell’animazione ipnotizza lo spettatore mentre si susseguono scene che puntano all’accumulazione visiva. Anche la scelta cromatica va in questa direzione con tinte fredde nei momenti di tensione e colori esplosivi durante i combattimenti. Il fulcro dell’anime è il caos più totale: troviamo personaggi folli come i Creepy Nuts, alieni che non possono riprodursi se non tramite clonazione e per questo cercano la “banana” degli umani oppure un’umana con cui riprodursi e trame assurde come quella della ricercadei testicoli di Ken rubati da entità maligne. Non mancano cambi di registro improvvisi che però non appesantiscono mai il tono irriverente e fuori controllo della serie.

Un altro aspetto che cattura subito l’attenzione è l’opening, una canzone che fonde ritmi urban con sonorità elettroniche, creando un mix che riflette perfettamente il tono energico e la natura imprevedibile della serie.
La prima stagione dell’anime è stata trasmessa in Giappone dal 3 ottobre al 19 dicembre 2024 e una seconda stagione è già annunciata per luglio 2025.

Nina Fresia
Studentessa di scienze politiche, curiosa per natura, aspirante giramondo e avida lettrice con un debole per la storia e la filosofia. Scrivo per realizzare il sogno della me bambina e raccontare attraverso i miei occhi quello che scopro.
Matilde Elisa Sala
Studio Lettere, mentre aspetto ancora la mia lettera per Hogwarts. Osservo il mondo con occhi curiosi e un pizzico di ironia, perdendomi spesso tra le pagine di un buon libro o le scene di un film. Scrivo, perché credo che le parole siano lo strumento più potente che abbiamo.

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