Posted on: 5 Ottobre 2025 Posted by: Jessica Rodenghi Comments: 0

Il 5 di ogni mese, 5 libri per tutti i gusti: BookAdvisor è la rubrica dove vi consigliamo ciò che ci è piaciuto di recente, tra novità e qualche riscoperta.


I ragazzi della Nickel, di Colson Whitehead, Mondadori, Milano, 2019 – Recensione di Alice Villa

Colson Whitehead ci immerge pienamente nella Florida degli anni ‘60, quando le parole del Dr. Martin Luther King risuonano nell’aria, annunciando il cambiamento alle porte.

Ma non a Tallahassee, dove la segregazione regna sovrana e i giovani criminali, colpevoli di reati più o meno gravi – o solo di avere la pelle del colore sbagliato – vengono spediti alla Nickel: il riformatorio giovanile, inspirato a una struttura realmente esistita, è un ecosistema a sé stante nel quale gli sgarri si pagano con la vita, gli abusi sono all’ordine del giorno e affrontare i prepotenti a testa alta non ti rende eroico, ma solo sciocco.

Il romanzo segue la storia del brillante liceale Elwood Curtis e di come un colpo di sfortuna lo faccia incappare nel corrotto mondo dell’Accademia della Nickel. Questo capolavoro, vincitore del premio Pulitzer per la Narrativa nel 2020, rapisce e lascia senza fiato con i suoi commoventi colpi di scena, mentre decanta, rimbalzando tra i due estremi della vita del protagonista, il valore della dignità.


Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza, a cura di Antonio Bocchinfuso, Mario Soldaini e Leonardo Tosti, Fazi Editore, Roma, 2025 Recensione di Jessica Rodenghi

La raccolta di poesie Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza, curata da Antonio Bocchinfuso, Mario Soldaini e Leonardo Tosti, si apre con una prefazione di Ilan Pappé, storico israeliano antisionista, che ricordai traumi che da sempre vive il popolo palestinese e afferma che «in Palestina si sia continuato a produrre poesia nei momenti storici peggiori». È così che la poesia diventa una testimonianza necessaria.

La raccolta contiene 32 poesie di dieci voci palestinesi come Hend Joudah, Ni’ma Hassan, Yousef Elqedra, Heba Abu Nada e Refaat Alareer, due dei quali sono stati uccisi durante il conflitto. I testi sono stati scritti principalmente dopo il 7 ottobre 2023, quando il piano genocida di Israele si è fatto sempre più evidente. Le poesie sono presentate con i testi originali affiancati alle traduzioni, dall’arabo e dall’inglese, una scelta formale importante che permette la coesistenza della poesia così com’è stata pensata dagli autori, con i suoni e le cadenze della lingua araba.

La violenza e la perdita si alternano a momenti di speranza, resistenza, memoria. Le poesie «sono a volte dirette, altre volte metaforiche, estremamente concise o leggermente tortuose» scrive Ilan Pappé, ma cariche di una forza che non lascia alcun dubbio: la popolazione palestinese vive sotto l’occupazione israeliana da anni e ora è finita nell’incubo che chiamiamo genocidio. Questa non è soltanto una testimonianza lirica, è anche un gesto concreto. Per ogni copia venduta, Fazi Editore destina 5 euro a Emergency, che opera per l’assistenza sanitaria nella Striscia di Gaza. Questo rende il libro un tassello importante nella resistenza contro Israele.


Eroi senza gloria, di Ferdia Lennon, NN Editore, Milano, 2024 – Recensione di Carmine Catacchio

Per un brevissimo istante siracusani e ateniesi si sono fusi in un unico coro di dolore per questa finzione.

412 a.C., Siracusa ha appena trionfato su Atene, che durante la Guerra del Peloponneso ha compiuto una violenta e fallimentare spedizione in Sicilia. Come punizione, 7.000 ateniesi vengono imprigionati nelle latomie, delle cave a cielo aperto senza riparo dal sole e dal caldo siciliano. Ma, mentre la polis sguazza nella superbia, Lampo e Gelone, due vasai disoccupati – di cui il secondo appassionato di tragedia – girano tra le fosse chiedendo ai prigionieri di recitare versi di Euripide in cambio di pane e olive. Gelone ha, infatti, un sogno irrealizzabile: allestire una tragedia proprio là dove stanno avvenendo le più aspre crudeltà della guerra, con una compagnia composta esclusivamente da prigionieri in catene.

Lampo, narratore interno che aiuterà l’amico, è però mosso più da un desiderio di riscatto che da un’autentica passione letteraria: la riscossa sociale di un reietto, povero, zoppo e incapace persino di partecipare attivamente alla guerra, che cerca di trovare il suo posto nel mondo grazie al teatro.

Parlava di un teatro in una cava, gestito da vasai e bambini, e di come lui e molti altri prigionieri avessero avuto cibo in cambio delle parole del maestro. Quelle battute erano vita per loro, ed era per questo che era lì.

Lo scopo dell’arte, tuttavia, non è quello di essere sfruttata da un singolo per elevarsi socialmente ed economicamente, ma di trovare un terreno comune con i propri nemici, salvando la loro umanità.


Io che non ho conosciuto gli uomini, di Jacqueline Harpman, Blackie Editore, Milano, 2024 – Recensione di Camilla Gommaraschi

Per parecchio tempo le giornate si sono svolte in modo simile. Poi ho cominciato a pensare, e tutto è cambiato

39 donne con nulla in comune si ritrovano improvvisamente all’interno di una gabbia in un sotterraneo, con quasi nessun ricordo della vita passata e ignare di come siano finite lì. Insieme a loro vi è una ragazzina, la quarantesima prigioniera, chiamata semplicemente «la piccola», che nella sua vita non ha conosciuto altro se non le pareti della sua cella, per questo non capisce i riferimenti alla possibilità di una vita migliore e non ha mai conosciuto i sentimenti, ma soprattutto, gli uomini.

La vita prosegue in una quotidianità senza tempo, in cui tutto è sempre uguale tranne l’alternarsi dei carcerieri, che non proferiscono mai parola.  Un giorno, suona una sirena. Per una coincidenza quasi astrale le donne riescono a ottenere le chiavi della cella e a raggiungere un mondo esterno che non ha nulla in comune con quello che avevano perso, iniziando a peregrinare, smarrite, in una pianura dove regna il nulla più assoluto.

Io che non ho conosciuto gli uomini è un romanzo distopico, scritto dalla psicanalista francese Jacqueline Harpman nel 1995 ma pubblicato in Italia solo nel 2024. Le vicende sono narrate sotto forma di memoire scritto dalla piccola, in cui il racconto dei fatti passa in secondo piano rispetto alle domande esistenziali. Gli interrogativi si susseguono uno dopo l’altro: perché siamo sulla terra? Cosa sono i sentimenti? Cosa ci rende umani in un mondo in cui tutto ciò che ci fa sentire tali ci viene tolto? L’io della protagonista è l’elemento cardine del romanzo, narrato da una donna che non sa nulla del mondo né di sé stessa, una donna la cui unica compagna è la solitudine totale, attenuata solo dal rumore dei suoi pensieri.

Harpman ci guida in un viaggio introspettivo che, di fatto, non porta a nulla, se non a domande senza risposta; allo stesso tempo, ci obbliga a mettere in dubbio le nostre idee preconcette, dal senso della vita al ruolo della donna.


I ritrattisti, di Lorena Gallo, Il Convivio Editore, Roma, 2023 – Recensione di Viviana Genovese

Rea ha vent’anni ed è una ragazza inquieta. Sogna di diventare scrittrice e ha la sensazione costante che la vita che conosce non basti a placare il fuoco che la spinge a partire. Così lascia la casa dei genitori per scontrarsi con la realtà della Città.

Il romanzo segue i suoi passi incerti, tra incontri che accendono e delusioni che feriscono, tra slanci improvvisi e momenti di stallo. La narrazione alterna la voce della protagonista a uno sguardo esterno, che ne coglie i gesti, gli eccessi e i silenzi.

Ogni pagina vede Rea muoversi tra amicizie fragili, entusiasmi improvvisi e cadute brusche, attraversata dal desiderio di libertà e dal timore della solitudine, dal bisogno di sentirsi normale e dall’urgenza di distinguersi. Non è facile seguirla tra gli alti e bassi della sua esistenza, ma proprio in questo sta il fascino della sua storia: nell’instabilità di una giovane donna che cerca la propria direzione.

Lorena Gallo non risparmia nulla al lettore: ci si trova immersi nei pensieri e nelle inquietudini di Rea, nel suo oscillare continuo tra crolli e speranze.

I ritrattisti è un romanzo intenso e delicato, capace di restituire il ritratto autentico di una generazione in bilico. Una scrittura che trattiene e spinge, come un respiro irregolare, e che non lascia scampo: Rea resta impressa, con la sua ostinazione e la sua fragilità. Un libro vivo, che sembra scriversi sotto gli occhi di chi legge.


Lars Von Trier. La luce oscura, di Elisa Battistini, Bietti, Milano, 2025 – Recensione di Giuseppe Ciliberti

Quando si parla di Lars von Trier si tende a descriverlo come un regista estremo, creatore di film cervellotici e noto per essere stato allontanato dal Festival di Cannes per un’infelice battuta su Hitler. Per quanto tutto ciò sia vero, è riduttivo nei confronti di un autore della cui poetica si è cercato in più occasioni di restituire la complessità. Eppure, solo l’uscita di La luce oscura ha dato il la a una sua completa rivalutazione.

Elisa Battistini redige una trattazione a trecentosessanta gradi sul cineasta danese, cercando motivi e temi ricorrenti a partire dai cortometraggi del von Trier preadolescente, con lo scopo di restituire dignità a un artista che la critica ha spesso sottovalutato. In questa monografia emergono soprattutto i modelli della sua educazione culturale da autodidatta, che spazia da Tarkovskij e De Sade fino ai meno riconoscibili Dreyer e Bergman (che pure il regista ha sempre dichiarato di ammirare), e viene preso seriamente in considerazione il suo carattere di sperimentatore in tutti gli aspetti filmici.

Smontando i falsi miti del von Trier misogino e nazista, l’analisi si rivela necessariamente parziale, visto il poco spazio in cui l’autrice liquida le recensioni critiche sui film, eppure non assume mai i toni di un’apologia. Nonostante le oltre 600 pagine possano spaventare, i saggi riescono a dare nuova luce ai film di un cineasta ancora troppo bistrattato dai contemporanei. Questo scrupolosissimo lavoro di documentazione critica si impone come la più autorevole opera monografica sul regista degli Idioti, imperdibile per i più accaniti appassionati di cinema.

Jessica Rodenghi
Jessica, attiva nel mondo e nelle società, per fare buona informazione dedicata a tutti e tutte.
Alice Villa
Studentessa di Scienze Internazionali, amante delle storie, vere o inventate che siano, e di tutti i modi in cui si possono raccontare.
Carmine Catacchio
Studia lettere e vorrebbe commentare il mondo.
Camilla Gommaraschi
Studentessa di storia curiosa per natura e con la testa sempre tra le pagine: adoro leggere, raccontare storie e perdermi in nuovi mondi.
Viviana Genovese
Studentessa di Lettere Moderne e chiacchierona per natura. La curiosità mi guida verso ciò che mi circonda, e la parola scritta è lo strumento di espressione che preferisco.
Nutro uno smisurato amore per i viaggi, il mare e l'arte in tutte le sue forme; ma amo anche esplorare nuovi mondi attraverso letture e film di ogni tipo, immergendomi in diverse realtà e vivendo più vite.
Giuseppe Ciliberti
Studente di Lettere appassionato di cinema, filosofia e musica.

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