Posted on: 12 Ottobre 2025 Posted by: Giulia Camuffo Comments: 0
Da rileggere per la prima volta. Il commesso

Nel 1957 Bernard Malamud racconta l’America dei poveri e degli ultimi. Quando la storia di un negoziante diventa una riflessione identitaria. 

Un uomo ebreo staziona dietro il bancone di un piccolo negozio di alimentari, uno di quelli dove non entra mai nessuno. Vive con la moglie e la figlia ed è disperato. Un giorno, però, entra nel locale il venticinquenne Frank. 

Il commesso - Bernard Malamud - Libro - Minimum Fax - Minimum classics | IBS

Pubblicato negli Stati Uniti nel 1957, Il commesso è il secondo romanzo di Bernard Malamud, uno dei maestri della letteratura ebraico-americana. Questa generazione di scrittori ha ritratto una serie di personaggi maschili accomunati da un’esistenza vissuta quasi come una condanna e, non da ultimo, dal fatto di essere ebrei. Tuttavia, nell’opera di Malamud la sofferenza è spesso accompagnata dalla redenzione. 

Il sogno infranto di Morris Bober

Morris Bober, ebreo russo fuggito dalle persecuzioni, arriva negli Stati Uniti pieno di speranze, ma giorno dopo giorno assiste all’erosione del sogno americano. Trascinato in una vita di stenti e miseria in uno dei quartieri più dimenticati di Brooklyn, rimane comunque visceralmente legato al proprio negozio di alimentari, simbolo della sua ultima ragione di vita: una condanna e una speranza allo stesso tempo.  Gli affari sono al loro punto più basso e la moglie, Ida, sogna «scaffali vuoti come le ossa spolpate di uccelli morti». È allora che avviene larapina. Colpito alla testa dai ladri e costretto a letto, Morris non è più in grado di lavorare. Lo aiuterà un misterioso senzatetto italiano, Frank Alpine, offertosi di diventare commesso senza nulla in cambio se non il vitto e l’alloggio. Ma Frank non è un benefattore: è proprio lui, insieme al violento Ward Minogue, l’autore della rapina che ha quasi ucciso Morris. Il lavoro nel negozio diventa quindi un atto di espiazione; nella fatica quotidiana cerca il proprio riscatto, ma finirà per assorbire tutta la miseria e la sofferenza del droghiere. 

L’antieroe e la fede nella sofferenza 

Questa dicotomia tra colpa-redenzione è stata analizzata da un altro maestro della narrativa ebraico-americana: Philip Roth. Nel suo saggio Imagining Jews, lo scrittore osserva che nella narrativa americana l’ebreo è spesso rappresentato come una figura morale, «assumendosi, per una sorta di simpatia umana che sfiora la paranoia, la responsabilità per il dolore e la sfortuna altrui». Da questa impostazione nasce l’antitesi tra «il gentile» e «l’aggredito dal gentile».  È ciò che succede anche ne Il commesso, dove Morris, secondo Roth, trasformerà l’italiano Frank Alpine in un altro droghiere ebreo, povero e sofferente come lui. 

L’analisi di Roth può essere letta anche alla luce del suo significato politico. All’immagine sionista dell’ebreo come figura di forza, conquista e difesa della nazione, si oppone quella dell’antieroe, umano e afflitto. Ad esempio, nel romanzo Operazione Shylock, il ritorno verso Israele non è mai visto come una rinascita, ma come una trappola dell’identità. Un modo per trasformare l’ideologia in potere. 

In questa prospettiva, anche il Morris di Malamud si discosta dalla rappresentazione sionista dell’ebreo conquistatore. Il suo negozioante è un uomo che resiste attraverso la fede nella sofferenza, in un identità ebraica segnata dal trauma, dalla dislocazione e dalla colpa, ma anche dalla speranza. Per quanto la vita lo colpisca, Morris continuerà a credere in un futuro diverso.

«Forse non diventeremo migliori, ma cercheremo sempre il miglioramento», con queste parole Malamud riassume l’essenza di tutta la sua opera. 

Giulia Camuffo
Studentessa di Scienze Internazionali, appassionata di storia, in relazione al presente. La scrittura semplifica ciò che semplice non è.

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