Giulia Ciarapica, pioniera del book blogging italiano, racconta l’evoluzione del settore verso i social e i rischi di superficialità.
Di Booktok si parla praticamente ogni giorno e vediamo sempre più come oggi sui social, praticamente chiunque possa lanciarsi nella peripezia intellettuale di recensire libri, dai più adulti fino a ragazzi delle scuole medie. Esistono però persone, anch’esse mosse da passione per la letteratura, che hanno contribuito a creare quella che oramai è diventata una vera e propria professione da molti anni, attraverso un lavoro di grande competenza.
Giulia Ciarapica, classe 1989, è una delle prime book blogger in Italia. Laureata con lode in filologia moderna all’università degli studi di Macerata, da ben 11 anni carica regolarmente sul suo blog non solo recensioni di qualità, ma anche interessanti articoli di letteratura e critica. Insegna critica letteraria alla Scuola Passaggi e insegna letteratura italiana del Novecento per l’agenzia letteraria Chi ti credi di essere. È anche collaboratrice esterna per Il Foglio e della trasmissione in onda su Rai Uno Mille e un libro.
Giulia è inoltre autrice di alcuni romanzi: il primo, uscito nel 2019 si intitola Una volta è abbastanza, edito Rizzoli, mentre il suo libro più recente, Chi dà luce rischia il buio (Rizzoli), è uscito nel 2022. Tra le sue rubriche più affascinanti troviamo #Sconsigli, dove autori del panorama letterario italiano “sconsigliano” mostri sacri della letteratura attraverso righe sì comiche, ma dense di verità spesso taciute dalla maggioranza dei lettori. Inoltre, Giulia possiede un canale YouTube dove pubblica letture di classici, ma anche approfondimenti letterari su autori delle sue letture.
Come ha avuto l’idea di condividere su internet le sue letture e in che modo questo le ha permesso di metterla in contatto con persone che condividevano il suo stesso interesse?
Io ho cominciato tanti anni fa ormai, perché sono quasi undici anni, e nel frattempo è cambiato tutto.
Stavo per dire tanto, ma direi tutto praticamente, perché oltre al fatto che ci siamo praticamente spostati tutti sui social, mentre all’inizio per lo più era una questione di blog, c’era inizialmente più condivisione di passione in senso puro. Io avevo voglia di trovare altre persone che condividessero la mia passione, io mi trovo in un paese di profonda provincia, in una regione un po’ dislocata da tutto: le Marche.
Al momento della laurea ho capito di voler lavorare con le parole senza avere idea di come fare. E da qui ho cominciato con il blog, con l’intento primario di condividere una passione che con altri coetanei, del mio luogo, non riuscivo ovviamente a condividere. Inoltre, ci troviamo in Italia, paese in cui già si legge poco. Ora i ragazzi hanno cominciato a leggere di più, perché hanno trovato nel genere young adult, nelle sue varie sfumature, nei vari sottogeneri, una loro arma di identificazione. Quindi ho cominciato così, e poi da lì invece ho capito che poteva diventare qualcosa di più. Anche se non avrei mai pensato che potesse trasformarsi in un lavoro perché comunque veramente mi bastava poco: un pc, una connessione e avevo tutto a portata di mano.
Il blog era il centro del mondo in quel momento per me e infatti più che sui social mi concentravo su di esso.
In più a fare questo tipo di attività senza qualifica non eravamo tantissimi perché chiaramente i book bloggererano molto meno dei blogger delle altre categorie che avevano già avuto un grande sviluppo. Io avevo studiato fino a quel momento critica letteraria e ho compreso immediatamente che il blog poteva diventare uno strumento di allenamento, le prime recensioni che ho scritto infatti andavano un po’ a seguire lo stile giornalistico ed è stato anche quello, secondo me, il motivo per il quale sono riuscita, in un arco di tempo anche breve, a oltrepassare un po’ la soglia del pregiudizio da parte delle case editrici, che era fortissimo nei confronti di chi scriveva dei libri in rete.
Come si è modificata, secondo lei, la figura del blogger di libri?
Innanzitutto si è modificata la modalità di trasmissione dei contenuti: si è capito che anziché scrivere dovevamo parlare, e quindi abbiamo cominciato a fare dei video con dei contenuti.
C’è stato un momento però negli ultimi anni in cui effettivamente non si parlava e non si scriveva più, si facevano solo vedere delle cose, e, a causa di questo, si è perso il gusto anche di parlare diffusamente di un libro e di spendere parole per un singolo libro: l’attenzione del lettore è sempre più risicata e quindi non ha soltanto necessità di sentir parlare di un libro, ma più d’uno.
Questo ha fatto la differenza, perché chi si occupa di questo lavoro non riesce a soffermarsi con il dovuto tempo e attenzione su un titolo che magari merita maggior spazio.
È cambiato notevolmente anche il rapporto con le case editrici: oggi vengono pubblicati molti più libri in libreria e se dapprima che le case editrici guardavano con sospetto chi aveva blog, ora inviano direttamente come #gifted [regalo sponsorizzato gratuito, ndr] moltissimi titoli a queste figure. L’importante è che i titoli vengano mostrati e pubblicizzati: che si mostri che ti è arrivato. Proprio da qui comincia la conversione da book bloggera book influencer: abbiamo imparato un nuovo sistema, quello di parlare di libri.
Quali possono essere le insidie di questo nuovo metodo?
È che non tutti siamo capaci di stare davanti a una videocamera con la stessa disinvoltura che abbiamo quando ci troviamo di fronte a una tastiera.
Viceversa, c’è chi invece è più abile a parlare e meno magari a scrivere, quindi in un certo senso ci si compensa. In più si è attuato un vero e proprio ricambio generazionale: ci siamo trovati di fronte a una schiera di ragazzi molto più giovani, anche di 12, 13, 14 anni, che giustamente condividono quella passione attraverso gli strumenti che hanno a disposizione. Questo cambia anche la modalità di esposizione: adesso si prediligono contenuti più brevi, che catturino immediatamente l’attenzione a scapito di una profondità di riflessione che potrebbe essere raggiunta con contenuti più lunghi. Io, per esempio, continuo a fare dei video di lunghezza maggiore rispetto ai tradizionali, di circa sono 8-9 minuti, in cui però cerco di focalizzarmi su un argomento.
Negli ultimi tempi si vedono numeri di bilanci mensili di lettura sempre più elevati, anche più di 10 libri al mese. Lei ha mai sentito pressioni sul numero di letture che portava sul suo spazio online?
è qualcosa che vedo accadere soprattutto su social network come TikTok o Instagram, ma cerco attivamente di non farlo rientrare nel mio modo di lavorare: è facile far passare come letto un libro che invece non è stato pienamente approfondito, semplicemente presentando i contenuti della quarta di copertina.
Non mi sognerei di parlare di qualcosa che non ho letto.
Prima di tutto perché la quarta di copertina è a disposizione di chiunque, ma soprattutto mi sembra di truffare chi guarda i miei contenuti. Cerco di mostrare eventualmente nelle stories tutti i libri che mi vengono inviati, con molta trasparenza. Libri che, se poi verranno letti successivamente, saranno presentati nelle storie attraverso indizi o commenti. In generale, esiste una certa foga nel mostrare di aver letto, senza darsi il tempo di approfondire le letture nel modo in cui meritano. Oltre al fatto che attraverso questo meccanismo si generano delle aspettative altamente irrealistiche, aspetto sul quale i social non hanno aiutato. Danno uno sfalsamento della realtà, perché infatti a volte dobbiamo, secondo me, ricalibrarci su questo: quello che viene condiviso sui social spesso corrisponde ad aspetti positivi della nostra quotidianità, senza rappresentarne la totalità.
La sua rubrica Bookfluencer a chi? tratta di figure del settore che risaltano proprio per il loro talento. Come si distingue, secondo lei, un bookfluencer di qualità?
Intanto che non ci sia una bulimia di libri.
Un conto è mostrare, appunto, segnalare che sono uscite queste novità editoriali e che le ho ricevute, ringraziando ovviamente la casa editrice che me le ha inviate. Un conto è vantarsi di averle lette tutte. Si cerca di postare solo quello che si è letto, alternando, come ti dicevo anche prima, i contenuti alla carrellata di consigli.
Spesso tra i consigliati ci sono titoli classici e quindi al 90% si può trovare qualcuno che potrebbe già averlo letto e quindi parlarne magari nei commenti. Quindi alternare questo tipo di contenuto, come un carosello con delle citazioni e foto dal libro, ma con una caption che sia corposa e che mi dica perché ne vale la pena, a un contenuto di approfondimento, come un video più lungo su YouTube. Perché c’è anche quel tipo di canale per approfondimenti più lunghi, che qualcuno usa ancora anche se non tantissimi. Ma anche di foto che sono il dietro le quinte, che spiegano la vita di chi ha a che fare con i libri, che può essere una vita variegata, fatta di altri lavori, di viaggi, di viaggi che magari facciamo anche per ritrovare i luoghi dei libri.
Quindi, secondo me, deve esserci sempre un po’ questo equilibrio tra le cose rapide ed esteticamente belle per il social, qualcosa che sia però anche di contenuto.
Bisogna dare modo a un pubblico ampio di seguirmi: inteso come chi va veloce e chi invece ha tempo per un approfondimento.
In che modo, secondo lei, la promozione editoriale di determinate figure che operano in questo campo, che oltretutto oggi spesso e volentieri partecipano anche a eventi nazionali importanti come il Salone del Libro di Torino, ha un legame con l’incremento delle vendite di alcuni libri e di alcuni generi, come per esempio Young Adult o i Romance?
Sì, tantissimo. Per quest’ultima categoria influiscono molto.
Va fatta infatti una distinzione tra lettori forti e fan: un lettore forte tendenzialmente legge tanto, ma sperimenta. Il fan sperimenta molto meno perché si dedica davvero a un solo genere o un autore ed è spesso una persona che si attiva tramite qualsiasi canale di trasmissione, anche Twitch ad esempio. Questa categoria di lettore è quella che di fatto sposta le vendite e gli editori negli ultimi anni si sono adeguati all’esigenza, tant’è che al Salone del libro di quest’anno era presente uno stand dedicato.
Un altro fattore che fa la differenza nei numeri è la capacità del fan di attivare il passaparola. Un esempio: tu questo mese non puoi permetterti questo libro, io ce l’ho, te lo presto io ecco, allora da lì comincia a circolare poi ogni libro. Il genere young adult è centrale, oltretutto in editoria: è un genere nel quale si investe tantissimo e si vede soprattutto dal design estremamente riconoscibile delle copertine.
La quantità di libri di questo genere che vengono pubblicati ormai da un paio d’anni a questa parte, è un numero esorbitante.
Solamente il genere Romance, infatti, si colloca in uno studio AIE del 2024, al secondo posto dei generi più letti appartenenti alla narrativa
Un secondo studio presentato al festival Più libri più liberi del 2022, analizza i fattori che più influenzano gli acquisti dei libri: il 10% degli intervistati trova particolarmente influenti le recensioni online e sui social. In particolare, il 22% degli appartenenti alla fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni dichiara di seguire i consigli di lettura di vari creator, di cui il 54% a partire dal social più gettonato, ossia Instagram.
Oggi esistono dei classici che sono diventati di moda e che vengono esposti strategicamente nelle librerie per essere acquistati. In che modo questa tendenza, che è spesso presente sui social, di sdrammatizzare l’autore portandone magari alla luce i lati buffi o le curiosità può modificare l’approccio dei lettori a quel tipo di autore? Spesso anche su Pinterest si crea l’estetica del lettore di Dostoevskij o Tolstoij.
Si questa cosa a me piace molto.
Avevo fatto un video su Truman Capote che ricalcava questo concetto, ossia il cercare di portare a galla quelli che sono nel caso di Truman Capote, per esempio, i lati un po’ oscuri del suo carattere, senza focalizzarmi sulla questione letteraria ma per far emergere al di là del personaggio la persona che c’è dietro. Perché credo che, nel bene o nel male, conoscere chi c’è dall’altra parte aiuti a rendere il lettore più curioso. Rende l’autore più umano, lo rende più vicino a te, lo rende meno austero in qualche caso ma te lo rende anche più antipatico. Sono convinta, ad esempio, che se tutti conoscessimo la storia personale di Dickens guarderemmo a Oliver Twist con un altro sguardo; così come penso che ci risulterebbe molto meno austero Dostoevskij se sapessimo le condizioni in cui scriveva.
Che cos’è per lei la lettura? Che esperienza può dare la lettura oggi dal momento che si contrappone a quella che sembra essere la lettura sui social?
La lettura io l’ho sempre vissuta così, anche ai ragazzi a cui poi nel tempo ho fatto lezione privatamente o in scuole pubbliche ho cercato sempre di trasmettere questa cosa: innanzitutto è una cosa che a me diverte molto, come quando guardo un film oppure disegno qualcosa che mi viene in mente.
Ogni forma d’arte deve essere anzitutto un divertimento perché permette qualcosa che prima non conoscevi e lo metti a confronto con te stesso e questa è la cosa più divertente. Soprattutto la lettura è però un modo per conoscere e capire che cosa c’è dietro alla storia che stiamo leggendo, e quanto alcune dinamiche delle storie che ci vengono raccontate che noi leggiamo ci somiglino.
Scoprire quello che noi non siamo e quello che non vorremmo neanche essere.
Ad esempio, io, leggendo alcuni libri in età adulta, ho scoperto cose di me che 15, 20 anni fa ignoravo totalmente e questo mi ha portato a cambiare totalmente le mie preferenze di lettura proprio perché ho trovato dei libri che mi rispecchiavano molto di più. In generale per me la lettura è conoscersi, conoscere il mondo ed è un’attività che aiuta ad imparare andare un po’ più lentamente ma valutare bene quello che si ha di fronte.
Foto: @giulia_ciarapix via Instagram
