È probabile che abbiate sentito nominare la parola Labubu negli ultimi mesi, o addirittura Lafufu. Ma insieme alla straordinaria popolarità di questo giochino cinese è aumentata parallelamente anche la «con-fu-fu-sione» a riguardo. Che cos’è? A cosa serve? E perché mai dovrei comprarlo?
I Labubu (o le Labubu, a seconda della vostra persuasione personale) sono dei pupazzetti prodotti dalla catena di negozi cinesi Pop Mart. L’azienda viene creata nel 2010, da Wang Ning a Pechino, come grande produttrice di statuette in vinile, bambolotti e gadget, basati su personaggi diversi. Acquista nel 2019 i diritti per creare gadget basati sui tre libri The Monsters dell’illustratore Kasing Lung, Hongkonghese di nascita e belga di vita.
Labubu è un personaggio della trilogia nella quale appare, a fianco di altre creature immaginarie, come un mostriciattolo dalle orecchie a punta e i denti aguzzi.
Questa inquietante (ma per molti anche incantevole) bambolina nasce, con le stesse fattezze, come il gadget di un fumetto — concettualmente non lontana dalle action figures dei Supereroi della Marvel o DC.
Dall’inizio della partnership sono state create innumerevoli versioni che raffigurano la creaturina in svariati colori, setting, attività e formati — da portachiavi e charm per le borse ai modellini collezionabili.
Già popolari in Cina intorno alla fine del 2022, diventano fenomeno globale quando la cantante Lisa, ex- componente del gruppo K-pop BLACKPINK, posta una storia su Instagram in cui mostra la sua collezione di Labubu, di cui è appassionata.
Da allora sono stati avvistati come portachiavi e ciondoli, la loro forma più famosa e ambita, sulle borse griffate di altre celebrità, come Dua Lipa e Rihanna.

Sebbene l’aspetto ricordi le sorprese dell’uovo di Pasqua, piú che i grandi marchi della moda, questi accessori non sono per niente a buon mercato.
I costi partono da 15,00€ per le blind box, ma arrivano facilmente ai 100€ o 200€ in base alla rarità e alle Limited Editions.
In particolare, se molto ambiti, i rivenditori le provvedono a prezzi salatissimi sul «secondo mercato», dove si possono acquistare Labubu ricercate (senza affidarsi al caso come con le Blind Box).
Nel 2024 è stato anche creato il Mega Labubu, una statuetta di circa 80 centimetri venduta a 959,90$. Eppure, le code per riuscire a mettere mano su uno dei mostriciattoli sono chilometriche: i pop-up di vendita riempiono le strade di gente trepidante e i restock sul sito di Pop Mart svendono in pochi minuti.
I consumatori principali delle Labubu non sono bambini, ma hanno tra 15 e 40 anni. Adolescenti influenzati dai loro creators preferiti sui social e collezionisti disposti a tutto, che cercano nella bambola con orecchie e denti appuntiti e nella partecipazione all’élite comunitaria identità, compagnia e comfort.
Con una clientela dalle più svariate età e un modello di marketing alimentato dai social media, la domanda è così alta da aver generato anche una florida sotto-industria dei falsi-Labubu, noti anche come Lafufu.
Il termine identifica qualsiasi imitazione contraffatta del prodotto di Pop Mart, che non presenta lo stesso packaging e il QR code con cui verificare la sua autenticità — ma all’occhio del comune mortale sono esattamente identici.
Ciò però non riduce la salubrità dell’azienda produttrice Pop Mart, che ad oggi annovera più di 500 negozi sparsi in almeno 30 paesi e migliaia di ROBOSHOPs e canali e-commerce. Il suo valore di mercato è aumentato del 472% nell’ultimo anno.
Alcune analisi — come riporta Fortune il 17 Settembre in Labubu, la mania è finita? Pop Mart crolla in Borsa — si augurano la decadenza del fenomeno dopo il calo del 20% in Borsa, seguito al picco del 26 agosto, ma l’azienda in Ottobre ha già recuperato quasi la metà del valore perso tra Agosto e Settembre.
Una volta compreso che cosa sono e da dove vengono, una domanda rimane.
Ma quindi, a cosa servono? La risposta è semplice: a nulla.
Non servono a niente come, del resto, qualsiasi capo di abbigliamento che non abbia funzionalità unicamente pratica.
A cosa serve una cravatta? A nulla. Ma se inserita in un contesto sociale e culturale ha un significato. Come anche i Labubu, che hanno creato una vera e propria sottodimensione sociale, dove specifiche edizioni sono più ambite di altre e le migliori collezioni sono ammirate dal resto degli amanti del prodotto. L’invidia di questi, coltivata principalmente online, viene alimentata da video di «spacchettatori» di Blind Box e collezionisti, che tengono alta l’attenzione e il desiderio di far parte del gruppo di persone che compra e condivide Labubu. Ad oggi il numero di video su TikTok pubblicati sotto #Labubu si aggira intorno ai 3,1 milioni.
Anche se molti attribuiscono la colpa di questa folle crescita ad un incrocio fortuito di gusti, trend e casualità, che spesso caratterizza i fenomeni «internet generated», uno sguardo al modello di vendita del pupazzetto cinese mostra che questa reazione è molto meno casuale di quanto non sembri.
Pop Mart ha masterizzato l’IP del prodotto, cioè la sua proprietà intellettuale, a differenza di altre aziende di giochi che si basano su linee stagionali. Questa, possedendo una licenza esclusiva con l’ideatore di Labubu, può creare qualsiasi design, prezzo, merchandising e collaborazione con altri brand, come ad esempio Coca Cola.
Inoltre, i prodotti vengono venduti in serie limitate e con disponibilità geografiche non ben distribuite: creano così una sfida tra i consumatori per chi riuscirà ad ottenerli.
Tenendo la produzione deliberatamente limitata evitano la saturazione del mercato e aumentano l’urgenza nell’acquisto. La Pop Mart sfrutta ancora di più questo effetto con la creazione di numerose edizioni limitate, che alimentano la sensazione di una comunità esclusiva intorno al brand.
Emily Brough, capo della sezione Pop Mart Nord America, ha sostenuto non essere una strategia intenzionale, parlando con il Los Angeles Times, ma ha attribuito la colpa alle tempistiche della catena produttiva a Pechino.
Indipendentemente dalla veridicità della dichiarazione, è però innegabile che nel mondo del consumismo super rapido, sfruttare la FOMO (cioè la paura di essere lasciati indietro e in disparte) del consumatore sia estremamente efficace dal lato della vendita.
Tuttavia, ad aumentare la longevità e misura delle vendite è anche un forte cambiamento nelle abitudini dei consumatori.
Una survey della McKinsey and Company mostra che comportamenti di consumo interpretati come adattamenti alla pandemia di COVID, più elevata disponibilità a pagare per gratificazione immediata e comodità e minore sopportazione dei possibili inconvenienti, si sono cementati a lungo termine. Il consumatore medio passa sempre più tempo da solo e online e fa uso (anche se inconscio) del cross category trade downs — ovvero il fenomeno per cui i consumatori scelgono di risparmiare in una categoria per potersi permettere di spendere di più in un’altra.
Piccole concessioni iniziate nel periodo della quarantena si sono solidificate come abitudini fisse al punto che il 19% dei consumatori a livello globale prevede di tagliare le spese in una categoria di prima necessità per concedersi uno «sfizio» in una categoria non essenziale ma gratificante o aspirazionale.
Quello che delinea l’analisi della società di consulenza è il consumatore ideale del modello di vendita di Pop Mart.
Non a caso, la formula perfetta per la gratificazione istantanea è il modello Blind Box, forza trainante dell’acquisto ripetuto.
L’acquisto è semplice e impulsivo e genera subito un’emozione forte che il consumatore si aspetta essere positiva. Il cliente acquista a scatola chiusa, letteralmente: non sa quale modello di Labubu otterrà e parte dell’esperienza è proprio lo spacchettamento e la sua condivisione sui social.
Chi non ottiene la variante desiderata compra altre Blind Box, e il circolo si ripete.
Meccanismo molto vicino al gioco d’azzardo: la scarica di dopamina rilasciata dal rituale dell’acquisto, la suspence e la sorpresa dell’apertura della confezione sono molto simili a quella generata nella pratica ricorrente del gioco d’azzardo e dona la falsa impressione di non star comprando un prodotto ma un’esperienza.
La progressione di prodotti diventati famosi sui social, come TikTok, decantati dagli influencer come indispensabili, che vedono una crescita di vendite rapidissima fino alla nascita dell’ennesimo trend virale, è ciclica — e apparentemente implacabile.
Vittime (e beneficiari) precedenti di questo sistema sono state le Stanley Cups, borracce enormi dotate di cannuccia e manico, tapis roulant da porre sotto le scrivanie per fare attività fisica mentre si lavora e un’infinità di trucchi, prodotti per i capelli e skincare.
La gamma è vasta e oscilla fra i più e meno costosi, ma soprattutto i più o meno utili. I predecessori dei Labubu, che hanno fatto aggrottare parecchie sopracciglia, sono stati i Sonny Angels, degli angioletti decorativi con le chiappe all’aria da attaccare ai telefoni, computer o borse.
Nel 2003, quando aveva iniziato a studiare questi trend — spiega Margo Bergman dell’Università di Houston a El Pais — potevano durare anni, oggi invece, con l’influenza dei social, possono ingigantirsi in giorni e morire in meno di sei mesi.
Con un ricambio sempre più rapido dei trend e una crescente devozione alle indicazioni dei media su cosa comprare, cosa consumare, cosa guardare e cosa essere, non siamo lontani dal prossimo gadget «rivoluzionario» che ci farà alzare gli occhi al cielo.
Mentre Labubu ancora rimbalza sulle borse firmate tra una fashion week e l’altra, si teorizza già quale sarà la prossima manifestazione di consumismo a divorare i portafogli — Forbes ipotizza possano essere le bambole Hirono.
Oggi, il consumatore è disposto a sborsare un’ampia fetta del suo sudato stipendio per assicurarsi l’acquisto di una versione autentica della sua collezione preferita. È difficile dire se per passione per il collezionismo o per cercare sicurezza di fronte ad un futuro che, fra inflazione, guerre e disoccupazione, ne offre sempre meno.
È certo che fra un paio d’anni, quando il risultato di questo consumismo sfrenato si troverà nelle discariche Labubu e Lafufu, scartate in favore del nuovo trend «essenziale» e circondate di spazzatura, non sembreranno poi tanto diverse.

